sabato 20 giugno 2015

Corriere 20.6.15
La storia raccontata con un sorriso negli studi economici di Carlo Cipolla
risponde Sergio Romano


La minoranza Pd, forse senza rendersene conto, sta rappresentando nella pratica la quarta categoria dei gruppi umani così simpaticamente schematizzati dal grande studioso di storia economica C. M. Cipolla nel suo divertissement «Allegro ma non troppo». Le sarei grato se ci ricordasse il grande studioso e il suo piccolo capolavoro «Le leggi fondamentali della stupidità umana».
Piercarlo Signorelli

Caro Signorelli ,
Carlo Cipolla (la M. fu un vezzo anglosassone a cui ricorse per evitare di essere confuso con un omonimo) fu uno dei più brillanti storici economici del secolo scorso. Quando lo conobbi al Seminario di studi americani di Salisburgo nel 1952, era appena trentenne ed era già «in cattedra» da tre anni. Quando parlava della sua formazione all’Università di Pavia diceva di avere un debito di riconoscenza con Franco Borlandi, futuro rettore dell’Università di Genova; ma era grato anche a Fernand Braudel di cui aveva seguito i seminari a Parigi, nella Scuola pratica di alti studi in scienze sociali.
Da Borlandi e Braudel, Cipolla aveva appreso che la storia economica è tanto più utile e importante quanto più allarga lo sguardo a campi che sembrano appartenere ad altre discipline: le nuove tecnologie e il loro impatto sulle trasformazioni sociali, l’evoluzione delle mentalità, le grandi epidemie, le politiche sanitarie. Lo spiegò sulle Annales (la rivista di Braudel e Lucien Febvre) con un articolo intitolato L’économie politique en secours de l’histoire (l’economia politica dà una mano alla storia). Mantenne la promessa con libri in cui le tecniche della navigazione a vela, l’evoluzione dei cannoni nelle guerre rinascimentali, la diffusione degli orologi sui campanili delle chiese e nelle piazze europee, il ricorso a nuove fonti di energia diventavano la pista da percorrere per fare ulteriori osservazioni e scoperte. Le università inglesi e americane non tardarono ad accorgersi della sua esistenza. Quando rinnovammo la nostra amicizia a Chicago qualche mese dopo, Cipolla insegnava nell’Università del Wisconsin. Più tardi, nel 1959 fu chiamato a Berkeley dove l’Università della California lo volle titolare della cattedra di storia economica e sociale, ma non perdette mai i contatti con l’Italia. Lo richiamavano in patria l’amore per Pavia, la straordinaria ricchezza degli archivi italiani, l’atmosfera accogliente dell’Istituto europeo di studi universitari a San Domenico di Fiesole e della Scuola normale superiore a Pisa. Qui studiò i tassi di cambio fra le maggiori monete italiane, le «avventure della lira», la politica sanitaria del Granducato di Toscana, il declino dell’Italia nel Seicento. Pochi, prima di leggere I pidocchi e il Granduca , sapevano quante notizie sulla società del Seicento potessero ricavarsi da uno studio sul modo in cui il governo di Firenze affrontava le epidemie.
Quando fu colpito dal morbo di Parkinson negli anni Novanta, Cipolla non smise di scavare gli archivi e di scrivere. Uno degli ultimi temi a cui dedicò i suoi studi fu quello delle grandi esposizioni universali, con una particolare attenzione a quella di Chicago del 1893. L’Expo gli sembrava essere un grande contenitore in cui era possibile osservare contemporaneamente i numerosi ingredienti di una economia che si stava progressivamente globalizzando.
Tutti possono consultare la ricca bibliografia di Carlo Cipolla, instancabile autore di libri, saggi e articoli. È meno facile descrivere la sua ironia, il suo senso dell’umorismo, il fascino di una conversazione che passava continuamente con acume e levità dal passato al presente. Per fortuna ci ha lasciato il delizioso piccolo libro citato nella sua lettera. Ricorderò soltanto che in questo semiserio studio sulla stupidità umana, Cipolla individuò quattro categorie di persone: gli intelligenti, gli sprovveduti, gli stupidi e i banditi. Gli intelligenti fanno il proprio vantaggio e quello degli altri; gli sprovveduti danneggiano se stessi e avvantaggiano gli altri, gli stupidi danneggiano gli altri e se stessi, i banditi danneggiano gli altri per trarne vantaggio. Secondo Cipolla, lo stupido è persino più pericoloso, socialmente, del bandito.