giovedì 11 giugno 2015

Corriere 11.6.15
Quel condannato in Galles per «matrimonio forzato»
di Marco Ventura


«Hai il diritto di sposare chi vuoi, quando vuoi, e di non sposarti affatto». Sui matrimoni forzati, il sito del governo inglese non potrebbe essere più chiaro. Un anno fa il Parlamento ha introdotto il reato specifico di cui si rende colpevole chi costringe alle nozze esercitando una violenza fisica o psicologica. Per la prima volta, ieri, un tribunale gallese ha applicato la nuova legge.
Il giudice Daniel Williams si è rivolto all’imputato, un 34enne di Cardiff, e ha descritto il delitto. Eri ossessionato da lei. L’hai attratta con l’inganno nel tuo appartamento, hai chiuso a chiave, hai gettato il suo cellulare, le hai legato i polsi con i foulard di tua moglie e l’hai stuprata. Sapevi che era vergine. L’hai lasciata andare minacciando di disonorarla e di far del male ai suoi familiari. Dopo un mese l’hai trascinata in moschea per prenderla come seconda moglie. Il giudice Williams ha poi elencato le pene: oltre ai 4 anni per le nozze forzate, un anno per bigamia e 16 per la violenza sessuale.
Il caso gallese non è isolato. Solo l’anno scorso l’agenzia britannica anti forced marriage costituita dai ministeri dell’Interno e degli Esteri si è occupata di più di mille casi. Il fenomeno ha solide radici nei serbatoi mondiali di vittime, come il subcontinente indiano, nella legittimazione culturale e religiosa della violenza coniugale, e del suo perpetuarsi anche in Europa, complici famiglie e comunità.
La legge può offrire strumenti. La battaglia, tuttavia, è nelle mani della società civile e degli individui. Il soprintendente di polizia Lian Penhale, incaricata del caso gallese, ha elogiato il «coraggio e la forza» con cui la giovane vittima ha cercato giustizia. Dimentichiamoci pure in fretta del suo aguzzino. Ma ricordiamoci di lei.