sabato 30 maggio 2015

Repubblica 30.5.15
La Biblioteca di Babele? Borges sbagliava i calcoli
Più orribile di un carcere e quasi del tutto impossibile da realizzare in architettura. Ecco come sarebbe il paradiso dei libri immaginato dal grande autore argentino
di Michele Mari


«L’UNIVERSO (che altri chiama la Biblioteca) si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo...». Incomincia così La biblioteca di Babele , sicuramente uno dei racconti cui più Borges ha legato il proprio mito.
Pubblicato nel 1941, e dal 1944 nella raccolta Finzioni, il racconto ha imposto al mondo (secondo la logica demiurgica dell’autore, per cui nominare è creare) l’idea di una interminabile biblioteca modulare, che sviluppandosi attorno a se stessa come un mostruoso alveare contenga un numero di libri talmente alto da esaurire tutte, ma proprio tutte, le possibili combinazioni linguistiche dell’alfabeto. Libri, dunque, che con una risibile quota di eccezioni conterranno testi totalmente o parzialmente insensati (o sensabili secondo lingue dimenticate o ancora da inventare), a gloria del caso. E naturalmente, grazie alla suggestione di altri racconti memorabili, questa biblioteca è anche un labirinto e un carcere, se non direttamente l’inferno.
Sempre Borges ha affermato che ogni artista crea i propri precursori, retroattivamente orientandoli e consentendo di cogliervi il presagio del futuro: in questo senso La biblioteca di Babele non è che il punto di arrivo di una tradizione che comprende la Bibbia, Dante, Pascal, Athanasius Kircher, Swedenborg, Beckford, Piranesi, Lovecraft, Kafka; nessuno, però, aveva fatto della biblioteca una così potente metafora dell’universo, e in effetti chi dopo Borges è tornato sul tema, come Calvino o Eco, si è potuto permettere solo lievi variazioni formali. Borges, non c’è dubbio, questa biblioteca la ha “vista”, esattamente come Dante vide l’inferno. Ma vedere (o intuire) una realtà non significa sapere come essa è costruita; tantomeno significa progettarla. Su questa strada l’immenso argentino ha avuto il buon senso di non mettersi nemmeno, limitandosi a fornire pochi e vaghi cenni sulla modularità esagonale della struttura; e se una variante nella seconda edizione dimostra che la questione non gli era indifferente, è anche vero che la rettifica (due lati liberi per esagono anziché uno solo) non fa uscire il testo dalla sua imprecisione: nel primo caso se ne deduce uno sviluppo architettonico tutto in verticale (la biblioteca come torre di Babele, appunto), nel secondo uno sviluppo lineare (la biblioteca come muraglia cinese: a meno che chiudendosi in un immenso cerchio la muraglia non definisca se non le fondamenta, di nuovo, di una torre di ben altro diametro...).
Immaginiamo ora che un ristretto manipolo di uomini, angosciati dall’imprecisione (o quantomeno dalla reticenza) del racconto di Borges, decidano di verificarlo, per stabilire se, partendo dal testo, la costruzione di quella biblioteca sia effettivamente possibile. Scrupolosi e pazienti come i cartografi di un altro celeberrimo racconto di Borges, dove si narra della mappa di un impero in scala 1: 1, e animati da un sacro fuoco gnoseologico, questi uomini soppeseranno ogni parola del testo, la rapporteranno ai sistemi di Euclide, di Newton, di Einstein, esamineranno ogni passo dal punto di vista matematico, geometrico, algoritmico e, finalmente, architettonico. I loro disegni saranno sempre più precisi e complessi, le loro simulazioni tridimensionali sempre più cogenti: e poiché oltre ad essere dei sognatori rimarranno degli uomini pratici, si sforzeranno di far tornare i conti non solo per le celle esagonali, ma anche per le scale di servizio, i pozzi di aerazione, i corridoi, e perfino i gabinetti. In quest’ottica totalizzante anche la collocazione di una plafoniera può compromettere l’insieme, dunque, come nel paradosso di Achille e della tartaruga, più ci si avvicinerà alla soluzione più i problemi tecnici aumenteranno. È evidente che siamo dentro un racconto o un sogno di Borges, e che questi uomini esistono solo nella sua pagina.
E invece ci capita fra le mani un libro, un libro che esiste e, soprattutto, che vede la luce quasi trent’anni dopo anni dopo la morte di Borges. Si intitola Come costruire la Biblioteca di Babele a dispetto degli errori di Borges ( Medusa edizioni, pagg. 118, euro 14); lo ha scritto Rego nato Giovannoli, e Stefano Bartezzaghi vi ha firmato una premessa. Con un piglio che ai più devoti potrà sembrare blasfemo, Giovannoli definisce “difettoso” il racconto di Borges, e per dimostrarlo convoca quanti prima di lui ne hanno denunciato le incongruenze e proposto (peraltro con esiti ogni volta diversi) rettifiche architettoniche: le sue citazioni sono puntuali e perentorie, ma ancora una volta il demone borgesiano ci sussurra che questi nomi di architetti e di matematici (Cristina Grau, Carlo Casolo, William Bloch, Mauro Boffardi, Alex Warren e altri) potrebbero stare a Giovannoli proprio come un teolo- gesuita o Franz Kafka stava a Borges: siano cioè funzioni del racconto, e dunque finzioni. Ma resistiamo alla tentazione, e seguiamo le argomentazioni di Giovannoli. Se l’assunto, come mi sembra di capire, è che la biblioteca borgesiana sia “impossibile”, perché cercare di renderla tecnicamente possibile? Cornelius Escher ha disegnato cascate che si autoalimentano e scale discendenti che risalgono sopra se stesse, ma se queste figure “funzionano” è solo per virtuosismo illusionistico. Non è questa l’operazione di Giovannoli, animato piuttosto da uno zelo veritativo.
Ma come gli scienziati faustiani di tanta letteratura fantastica, egli stesso arretra sgomento di fronte alla propria scoperta: subito dopo aver annunciato che l’annoso problema “è infine risolto” e aver fornito le necessarie coordinate architettoniche, conclude infatti: «c’è da augurarsi che la Biblioteca non venga mai costruita. Più orribile di un carcere, sia pure inciso da Piranesi, più angosciante di un incubo, sia pure con le forme distorte delle architetture di Lovecraft, la Biblioteca di Babele è un’immagine adeguata non dell’universo ma dell’Inferno».
IL LIBRO Come costruire la Biblioteca di Babele di Renato Giovannoli ( Medusa)