mercoledì 27 maggio 2015

Repubblica 27.5.15
Se il premier aiuta il Cavaliere a frenare l’Opa di Salvini
Lo smottamento in Europa dimostra il rischio di non avere una controparte affidabile nel centrodestra
di Stefano Folli


IN ATTESA di capire se la lista dei cosiddetti «impresentabili» è una bomba alla vigilia delle elezioni o un modesto diversivo, gli ultimi giorni di campagna offrono alcune indicazioni. La più politica riguarda la strategia di Renzi. Si è già detto che il premier- segretario punta ovviamente a vincere in sei regioni su sette. I discorsi sul possibile 4-3 (Toscana, Puglia, Umbria e Marche al centrosinistra, Veneto, Campania e Liguria al centrodestra) hanno il sapore della scaramanzia, o se si vuole rappresentano un «mettere le mani avanti» per attenuare l’effetto di sorprese negative — sempre possibili — e al contrario enfatizzare come un trionfo un risultato migliore.
In realtà i sondaggi sembrano sorridere al premier, se fosse vero che anche in Campania e Liguria i due candidati governatori del Pd, De Luca e Raffaella Paita, risultano in testa. Tutto risolto, allora? Non proprio. Gli effetti del voto clamoroso della Spagna, domenica scorsa, non sono stati ancora rilevati dai sondaggi. Può darsi che siano trascurabili, come può essere che arrivino a influenzare l’elettorato italiano, considerando che i Cinque Stelle di Grillo continuano a godere di un’alta percentuale di consensi. È il segno che sotto la cenere la turbolenza è forte in Spagna come in Italia. E come in Polonia. Tuttavia il voto a Grillo, e in parte alla Lega di Salvini, potrebbe non cambiare il colore delle bandierine: ossia i vincitori nelle singole regioni. Se l’opzione anti-sistema, unita all’astensione, dovesse danneggiare soprattutto il centrodestra, Renzi potrebbe cantar vittoria. Almeno per quanto riguarda la contabilità delle regioni acquisite.
Ma l’ambizione del presidente del Consiglio, a quanto è dato capire, è più alta. Riguarda il futuro dei rapporti politici a livello nazionale. Renzi teme da tempo la disgregazione di Forza Italia e il collasso di Berlusconi. Uno scenario destinato a incoraggiare il voto di protesta e a favorire Salvini, oltre a Grillo. E qui l’orizzonte va ben oltre le regionali: si proietta verso le prossime elezioni politiche. Ufficialmente si voterà nel 2018, e tuttavia chissà. Di sicuro la speranza renziana è di avere di fronte quel giorno, come interlocutore e avversario elettorale, un Berlusconi in grado di recuperare un po’ di consensi e di conquistarsi così il secondo posto in vista del ballottaggio. Magari non Berlusconi in prima persona, per motivi anagrafici, ma un personaggio da lui indicato, di impronta centrista. Un personaggio capace di ottenere un 20-22 per cento o anche più al primo turno, costringendo i vari Grillo e Salvini sotto quella soglia. Un simile risultato, è verosimile, aprirebbe la strada a un successo renziano nel ballottaggio. Al contrario, un braccio di ferro con i movimenti anti-sistema, sullo sfondo delle fragilità dell’Europa di oggi, offrirebbe imprevedibili margini di incertezza.
Sarà un caso, ma Renzi nelle scorse settimane ha elogiato il progetto berlusconiano dei «repubblicani», nel frattempo lasciato cadere dal diretto interessato. E non perde occasione di attaccare Salvini, in perfetta sintonia con Berlusconi. In effetti Salvini non è solo il nemico di entrambi, è anche il personaggio in grado di condizionare i prossimi passi del centrodestra. Se il capo leghista ottenesse un successo nelle regionali e al tempo stesso Forza Italia crollasse, il destino sarebbe forse segnato: conquista dello spazio berlusconiano da parte della Lega.
Sarebbe una svolta dagli esiti a lungo termine. Per una volta Berlusconi, Alfano e altri nel mondo moderato sono uniti dallo stesso obiettivo: impedire l’«opa» di Salvini e salvaguardare un’area centrista che fa comodo anche a Renzi in vista delle elezioni. Si vedrà dunque quale percentuale otterrà il vecchio leader di Forza Italia che si è rimboccato le maniche, un po’ stancamente, e ha ripreso a farsi notare in televisione. Si vedrà anche se i centristi di Alfano sono in grado di giocare un ruolo. Proprio lo smottamento in Europa dimostra quale rischio sia per l’Italia avere un partito in salute, il Pd, ma nessuna controparte affidabile sul versante di centrodestra.