sabato 16 maggio 2015

Repubblica 16.5.15
Partiti e democrazia, la legge in cantiere
di Claudio Tito


C’È L’ARTICOLO 49 della Costituzione che richiama una legge per disciplinare la normativa interna dei partiti, cioè per la democrazia interna. Io sono pronto a discutere nel merito di una proposta di legge su questo». Le parole sono di Matteo Renzi. Che cita una norma mai attuata della Carta costituzionale.
LO fa rivolgendosi alla minoranza interna e in riferimento alle riforme appena approvate — l’Italicum — e quelle in discussione come la revisione del bicameralismo paritario.
Per il presidente del consiglio si tratta di un modo per arrivare il prossimo mese al confronto sull’abolizione del Senato con un’arma in più da utilizzare. Un argomento da spendere nel tentativo di ridurre il dissenso dentro i suoi gruppi parlamentari. Il punto è chiaro: c’è una componente del Pd che vive con disagio la sua leadership (e lui vive con fastidio le loro critiche). Ha contestato la nuova legge elettorale, non accetta l’impianto della riforma costituzionale in discussione a Palazzo Madama e in questa fase critica il testo sulla “buona scuola”. Utilizza dunque questi argomenti, al di là della loro effettiva problematicità, per avvertire che stanno diventando sempre più angusti i margini di una convivenza all’interno dello stesso soggetto politico. E che lo spazio per una fuga più o meno corposa si sta ampliando.
La risposta del leader democratico allora si basa appunto sull’articolo 49 della Costituzione. È come se dicesse: stabiliamo per legge le regole che ci consentano di stare insieme e che garantiscano la sopravvivenza di culture e sensibilità. E magari avviamo la discussione in Parlamento già a giugno, contestualmente all’esame della riforma del bicameralismo. Il presidente del consiglio vorrebbe infatti un testo comune già dopo le elezioni regionali del 31 maggio. Non un’iniziativa del governo, ma del Parlamento.
Certo, Renzi avanza la sua proposta sull’onda di una esigenza che ormai si è manifestata in maniera esplosiva in questi mesi dentro il Partito democratico. Anche perché si stanno modificando di fatto i canoni che informano la vita di un soggetto politico che passa dal 25% al 40% dei voti. Cambia la base elettorale, si amplia lo spettro dei potenziali elettori e con il tempo si trasforma anche la militanza.
Per di più è ormai evidente che ci sia bisogno di indicare quale sia il “metodo democratico” con cui i cittadini si associano in partiti. È il contesto nuovo in cui si muove il sistema politico che lo esige. La natura nuova delle formazioni e anche il nucleo su cui poggia l’Italicum. Un sistema elettorale che spinge verso liste uniche e grandi agglomerati reclama una disciplina capace di gestirne democraticamente la vita interna. Soprattutto se si considera che circa la metà degli eletti approderà alla Camera attraverso la candidatura “bloccata” e quindi decisa dai vertici del partito. Come si scelgono i “concorrenti”? Quali sono gli organi di garanzia? Sono necessarie le primarie almeno per i capilista? Come viene garantita la presenza delle minoranze interne?
Sono quesiti che necessitano una risposta in tempi brevi. Anche perché questa legge elettorale accompagna un sistema dei partiti che da tempo ha perduto qualsiasi collante ideologico. E a differenza della cosiddetta Prima Repubblica, le formazioni politiche svolgono la loro attività in un clima di incertezza. Anzi la loro debolezza è sostanzialmente manifesta ed è determinata proprio dalla disaffezione dei cittadini verso la politica. Una fragilità che scatena la nascita dei “partiti personali”. Legati ad un leader e non a un complesso di ideali, basti pensare a Forza Italia e al Movimento 5Stelle. «Il partito personale — avvertiva però Norberto Bobbio — è una contraddizione in termini. Ma sta diventando la regola ».
È vero che in parte alcune regole sono state già introdotte con la legge che ha abolito il finanziamento pubblico dei partiti e ha aperto la strada al finanziamento privato. Per accedere al 2x1000 nella dichiarazione dei redditi, ad esempio, i partiti sono obbligati a rispettare alcuni requisiti tra cui la dotazione di uno statuto. E a quello stesso provvedimento si richiama l’Italicum per indicare i soggetti in grado di presentare i candidati. Ossia solo i partiti che hanno uno statuto posso depositare le liste elettorali. Ma si tratta di condizioni insufficienti, incapaci di assicurare la convivenza democratica e la trasparenza delle scelte. Un testo unico e più organico potrebbe invece avere l’effetto persino di rilegittimare la politica agli occhi dei cittadini. Tenendo però presente una potenziale conseguenza: se si introducono delle norme per disciplinare i partiti, per prevedere i criteri con cui si seleziona la classe dirigente e i candidati, allora sarà più complicato contestare una forma ulteriore di sostegno economico alla politica. Soprattutto in un sistema in cui ritornano le preferenze.