giovedì 14 maggio 2015

Repubblica 14.5.15
“Putin deve guardare verso Est per fermare il dominio Usa”
di Nicola Lombardozzi


MOSCA ORIGINALE a tutti i costi, provocatorio senza limiti, Eduard Limonov entra con il suo stile da scrittore maledetto nel dibattito di questi giorni sul “nuovo alleato cinese” e sulla svolta verso Est della Russia di Putin: «Era ora che ci accorgessimo dell’immenso potenziale di Pechino. Questa è un’alleanza naturale che andava realizzata già vent’anni fa. Io l’avevo già messa nel programma del mio Partito nazional bolscevico. Bisogna guardare decisamente verso Est pur con tutte le cautele del caso». L’autore del Diario di un fallito, reso celebre due anni fa dalla biografia Limonov del francese Emmanuel Carrère, si dimostra entusiasta della nuova svolta verso Oriente imposta alla Russia anche dalla crisi economica e dalle difficoltà di rapporti con Europa e Stati Uniti seguiti alla crisi ucraina.
Le immagini del Presidente Xi Jinping a fianco di Putin nella tribuna d’onore della Festa della Vittoria, disertata dai leader occidentali, sono dunque l’inizio di una nuova era?
«Sono la conferma di un dato di fatto: l’Europa e l’America sono un nostro concorrente e avversario naturale. Cina, India, e anche lo stesso Brasile, possono essere invece un ottimo contrappeso contro il dominio anglosassone ».
Cavalca dunque anche lei l’ondata di anti-americanismo che continua a crescere nel Paese da qualche mese a questa parte. È un rancore che nasce dalle sanzioni economiche e dalle loro conseguenze?
«Le sanzioni sono solo un dettaglio. Tutto quello che è successo, il modo di interpretare la questione ucraina, il dare ogni colpa sempre e comunque alla Russia... Ha dimostrato quanto l’Occidente ci sia dichiaratamente ostile. Non ci resta che adeguarci e prendere le inevitabili contromisure. Il mondo non si ferma a Europa e Stati Uniti».
Eppure l’opinione pubblica resta diffidente. A gran parte dei russi, secondo i sondaggi, la Cina appare come un amico misterioso e sfuggente.
Non proprio affidabile.
«Infatti io non farei alleanze a lungo termine con i cinesi. Scambi commerciali sì, ma senza esagerare. Con una popolazione di un miliardo e mezzo di persone avranno prima o poi problemi con cibo e acqua potabile e sappiamo che guardano già avidamente ai nostri territori siberiani, in particolare all’acqua potabile del lago Bajkal. Insomma, teniamoceli buoni, ma senza esagerare. Usiamo la rinnovata amicizia per quello che serve: la Cina è un produttore mondiale di tutto, di tutto quello che noi siamo costretti a importare non avendo ancora sviluppato un’industria manifatturiera nazionale degna di questo nome. Finché dipenderemo dall’importazione, ci conviene avere più mercati possibili sui quali operare».
Oggi cominciano le prime manovre congiunte della Marina russa e di quella cinese. Pensa che prima o poi si arriverà anche a un’alleanza militare?
«Per loro è soprattutto una questione di prestigio. Per noi invece è un’occasione utile per far vedere agli occidentali che non siamo più inerti e mansueti come siamo stati per 23 anni. L’Occidente è fatto così, se vede che un grande Paese come il nostro è troppo arrendevole, cerca di divorarselo. Per cui dobbiamo trovarci alleati e partner ovunque. E se i cinesi, con uno dei più grandi eserciti del mondo, sono disposti a farsi vedere in azione con noi, va benissimo così».