mercoledì 13 maggio 2015

Repubblica 13.5.15
Senato e lotte sociali la minoranza pd prepara la sfida dopo le elezioni
Bersani: Renzi mistifica
L’ex segretario: il centrosinistra ha vinto altre volte
Referendum di Civati contro i nominati dell’Italicum
di Goffredo De Marchis


ROMA .Dopo le regionali «costruiremo un punto di vista alternativo a Renzi». Roberto Speranza dice che lo strappo sulla fiducia all’Italicum è stato già molto forte, che non è questo il momento per dividersi e poi la vecchia scuola della sinistra impedisce colpi di testa alla vigilia delle elezioni. «Io faccio campagna elettorale a tappeto. Vado dappertutto per far vincere il Pd e i suoi candidati», racconta l’ex capogruppo. Ma «un attimo dopo» gli oppositori di Renzi cercheranno una linea comune contro la narrazione renziana. E sembrano pronti a farlo attraverso la «mobilitazione » che significa piazze, appoggio a piattaforme sindacali e di categoria — dalla scuola al lavoro — opposizione dura alla legge costituzionale con i numeri del Senato sempre in bilico e attraverso le feste dell’Unità che scattano all’inizio dell’estate. Un banco di prova fondamentale per misurare la forza di un progetto di sinistra. Dentro il Pd, per ora.
L’ex Pippo Civati parte subito oggi presentando un quesito pilota per affossare la nuova legge elettorale con un referendum. «È un contributo aperto a tutti, anche alla minoranza del Pd. Punta a cancellare i capolista bloccati, chi ha fatto quella battaglia spero sia dei nostri», dice il fuoriuscito. Il messaggio è rivolto a Bersani e ai suoi fedelissimi, che sulle preferenze avevano preparato le barricate. Alfredo D’Attorre non esclude un sostegno: «Vediamo i quesiti anche se i temi sociali ed economici mi sembrano più urgenti e mobilitanti». Lo stesso ex segretario, al Tg1, indica un altro bersaglio del futuro immediato: la riforma costituzionale. «La norma non va bene. Crea un Senato dei consiglieri regionali e già li immagino seduti a un tavolino che si spartiscono i posti di assessore o di senatore. Bisogna cambiare». In più, dice Bersani, l’Italicum resta una cattiva legge che «aiuterà la demagogia e il trasformismo». Andrà capito allora come farà a non appoggiare o ad accarezzare i quesiti referendari di Civati, tanto più quando la campagna di raccolta firme sarà scattata. Adesso Bersani vuole soprattutto smontare la «mistificazione» del premier sulla sinistra masochista che sa solo perdere: «Il centrosinistra ha vinto molte volte. Con i suoi ideali e con le sue idee. Non con quelle degli altri ».
Comunque la strada principale della minoranza appare quella di cavalcare la mobilitazione dei sindacati e delle categorie partendo dalla scuola. Un modo per connettersi al proprio mondo di riferimento. «Quello è sempre stato un nostro bacino elettorale, non va trattato così », dice Nico Stumpo. Che è anche preoccupato per le uscite dal Pd già avvenute e per quelle possibili. «Il segretario di un partito si occupa di tutto il partito. A volte si ha il dubbio che Renzi continui a comportarsi come il leader di una parte, i renziani». L’addio probabile di Stefano Fassina viene vissuto con maggiore partecipazione da quella che un tempo si chiamava la Ditta. Al di là della differenza di toni e di scelte, Fassina rimane vicinissimo a Bersani. «È una persona con l’anima », dice di lui l’ex segretario. «Rappresenta sensibilità che non possono mancare nel Pd. Così come Civati incarna ben 400 mila voti delle primarie. Se escono non è un problema loro, ma di tutto il Pd», aggiunge Speranza. «Quando Civati, Cofferati e forse Fassina, persone valide, lasciano un progetto — dice Gianni Cuperlo — il problema è del segretario, è nostro ». Fassina non nasconde il suo malessere e prepara l’uscita dal Pd proprio sul ddl “la buona scuola” quando verrà votato da Montecitorio.
Ma le regionali segneranno davvero i possibili rapporti di forza a sinistra nel Pd e fuori da esso. Bersani per primo, i dissidenti sono impegnati nella campagna elettorale lì dove sono chiamati a dare una mano. Eppure la minoranza monitora alcune situazioni particolari. La tenuta delle regioni rosse Umbria, Toscana e Marche. Il dato della Puglia governata da 10 anni dal centrosinistra. E non sarà solo la percentuale del Pd a fare da spartiacque per preparare una lotta per la segreteria o per un’eventuale scissione. Conterà molto anche l’astensionismo, campanello d’allarme già suonato in Emilia Romagna. Si capirà qual è lo spazio per un’alternativa di sinistra nell’era del renzismo. Anche Renzi misurerà quanto può tirare la corda.