La Stampa 22.5.15
Camusso e Fassina puntano sul “Partito del lavoro” per l’area a sinistra del Pd
di Fabio Martini
Nella sua quotidiana caccia al gufo, può capitare a Matteo Renzi di scandire concetti condivisibili anche da chi lo detesta e probabilmente è questo il caso della battuta pronunciata ieri a Vicenza dal premier: «C’è qualcuno al nostro interno che sogna che le elezioni Regionali vadano male...». È oggettivamente vero che nella vasta area politico-sindacale che va dal Pd fino alla Cgil, siano numerosi i tifosi di una battuta d’arresto del Partito democratico. Sono in tanti e fra qualche giorno si capirà anche quanti. Di sicuro tra i «gufi» ci sono elettori, leader sindacali e singoli parlamentari: per ora divisissimi tra loro. La più sincera, qualche giorno fa, è stata una donna seriosa come Susanna Camusso: «Alessandra Moretti in Veneto? Meglio scheda bianca...». Una dichiarazione di voto irrituale per un leader della Cgil, un auspicio che però si può interpretare alla luce dell’elaborazione teorica e del lavorio dietro le quinte dispiegato negli ultimi mesi dalla leader della Cgil, la più convinta fautrice della nascita di un «Partito del lavoro».
Espressione che Camusso è attenta a non usare in pubblico ma che è condivisa e scandita nei suoi colloqui privati da Stefano Fassina, il deputato Pd destinato ad uscire dal partito nellle prossime settimane. Nei tanti colloqui che stanno preparando il suo addio, Fassina ripete che il «Pd oramai è irrecuperabile» ad una politica di sinistra, che «non ci sono più spazi per una battaglia interna» per colpa soprattutto del leaderismo renziano e che la prospettiva più interessante è quella del «Partito del lavoro», con una forte intesa politica ed organizzativa con Susanna Camusso. Sono anni che Fassina si muove in sintonia con la Cgil, in un rapporto quasi organico, come quelli che un tempo legavano Pci e sindacato rosso, ma è stata proprio la fine di quel modello antico che ha indotto Susanna Camusso a provare a rivisitarlo.
Lo confidò lei stessa, in ottobre, in un lungo incontro a porte chiuse con L’Altra Europa di Marco Revelli: «Il vuoto di una rappresentanza politica è un problema per la Cgil ma anche per altri sindacati europei». E così, dopo aver stigmatizzato nel passato l’esistenza di partitini di sinistra, qualche settimana fa Camusso ha detto al «Foglio» due cose molto significative: «Per la prima volta non voterei nessun partito attualmente presente nella cartina politica» e quanto alla nascita di un soggetto alla sinistra del Pd, «lo spazio c’è e qualcosa di importante prima delle elezioni immagino succederà».
Camusso e Fassina sono (quasi) in campo per il «Partito del lavoro», ma nell’area alla sinistra del Pd convivono tanti potenziali leader e altrettante opzioni di soggetti politici. Pippo Civati e un moderno Ulivo, il movimentismo di Nichi Vendola, la coalizione sociale (per ora senza soggetti) di Maurizio Landini, Il futuro di quest’area dipenderà anche dai risultati delle Regionali del 31 maggio. Certo, molto dipenderà dalla percentuale che otterrà in Liguria la coalizione anti-Pd guidata dal «fuoriuscito» Luca Pastorino. Ma una variabile finora trascurata riguarda le altre tre regioni rosse nelle quali si voterà: Toscana, Umbria e Marche. A novembre in Emilia-Romagna la fuga dalle urne di centinaia di migliaia di elettori di sinistra fu attribuita principalmente allo scandalo dei rimborsi elettorali e ora sarà interessante misurare se una analoga la disaffezione interesserà l’elettorato progressista di queste regioni. Un termometro sia per Renzi che i suoi avversari a sinistra.