domenica 17 maggio 2015

La Stampa 17.5.15
Fassina: “Nel Pd un virus trasformista
Se fossi ligure voterei Pastorino”
Il deputato: sulla riforma scolastica la vera battaglia in Senato
intervista di Francesca Schianchi


Allora, onorevole Fassina, se non cambia la riforma della scuola lascia il Pd?
«Proprio da qui dobbiamo cominciare? Mi faccia prima dire cosa non va in quella legge».
Dica.
«C’è una concentrazione di potere eccessiva nei presidi, in particolare la chiamata diretta degli insegnanti. Il meccanismo del 5 per mille non funziona, perché favorisce le scuole di chi sta meglio economicamente. E poi le assunzioni: non si può dire a migliaia di precari abilitati che saranno sbattuti fuori. Per questo abbiamo proposto un piano pluriennale di assunzioni».
La sua collega Puglisi dice che nel 2013 - lei era responsabile economico del Pd - vi chiese di mettere nel programma 60 mila assunzioni, ma non lo avete fatto. Cosa risponde?
«Se lei ci avesse proposto allora un piano pluriennale, come noi oggi, l’avremmo sicuramente incluso. Faccio notare che la nostra proposta, in quanto connessa ai pensionamenti, è senza oneri aggiuntivi, in coerenza col programma elettorale».
Quella di Renzi è una riforma di destra?
«La collega di Forza Italia Centemero ha ricordato che l’impianto riguardo ai poteri dei presidi richiama quello del ddl Aprea (di Fi, ndr)».
Si sente parte della sinistra masochista?
«È masochista chi si rassegna a perdere pezzi significativi del popolo democratico».
Lei ha attaccato anche Orfini, per una questione legata al Pd di Roma. Avevate fondato una corrente insieme, cosa è successo?
«Le strade sono diventate radicalmente divergenti. Saranno gli elettori a valutare la coerenza delle posizioni».
Considera Renzi un usurpatore?
«E’ il contrario! Renzi interpreta in modo estremo e brillante una subalternità culturale all’impianto neoliberista che, come sinistra, ci portiamo dietro da vent’anni. Le dirò di più».
Cosa?
«Prima che fare una critica a Renzi, dobbiamo fare una radicale autocritica, prima di tutto sulla relazione tra interesse nazionale e Unione europea. E ora dobbiamo lavorare alla ricostruzione di una sinistra di governo con un’agenda alternativa. Una ricostruzione, innanzitutto di cultura politica, che riguarda tutta la famiglia socialista europea».
Dentro o fuori dal Pd?
«Le correzioni sulla scuola sono un passaggio decisivo per scegliere se restare. Senza, non voto quella legge».
Ed esce dal Pd già mercoledì o aspetta il passaggio al Senato?
«Voglio provare tutte le strade possibili, aspettando anche il passaggio al Senato, dove diversi senatori condividono le posizioni di alcuni di noi».
Ma se alle Regionali il Pd renziano subisse una battuta d’arresto, potrebbe ripensarci e condurre la battaglia da dentro?
«Non credo che le Regionali siano in grado di aprire una discussione vera nel Pd».
Nemmeno se il Pd perdesse la Liguria?
«Il modo in cui Renzi interpreta la leadership non mi pare contempli la possibilità di correzioni di rotta».
Chi voterebbe in Liguria?
«Pastorino».
Nelle liste che sostengono De Luca dice Renzi che ci sono candidati «imbarazzanti».
«Non è normale, anche perché le liste di appoggio non arrivano per caso. Oltre alle vicende giudiziarie di alcuni candidati, mi preoccupa il virus del trasformismo riattivato da questo presunto partito della Nazione».
Da come parla sembra già con un piede fuori dal Pd.
«Se il Pd di Renzi di fronte allo sciopero di 618 mila persone non riesce a fermarsi, temo che il riposizionamento in termini culturali, politici e di difesa degli interessi sia irreversibile».
Fuori dove? Con Civati? Con Sel?
«Avremo modo di parlarne. Non voglio addentrarmi in un dopo che ancora non esiste».