La Stampa 16.5.15
1967, così la sinistra si divise su Israele
di Maurizio Molinari
Lo strappo dell’Unità, le accuse di Rinascita e il cambiamento di posizione dell’Espresso ma anche le risposte dell’Avanti! e i dubbi di Mondo Operaio: Valentino Baldacci descrive Comunisti e socialisti davanti alla guerra dei Sei Giorni (Edizioni Aska) in uno studio di 638 pagine che ricostruisce la svolta della sinistra italiana che davanti al conflitto del 1967 si lacerò su Israele a causa dell’influenza dell’Urss sul Pci.
Il valore del libro sta nella mole di documenti raccolti, non solo sui giornali ma sui leader politici, da Giancarlo Pajetta a Enrico Berlinguer, che consentono di rivivere un terremoto di posizioni che cambiò l’identità della sinistra italiana.
Protagonista e erede della resistenza antifascista che si era battuta contro le persecuzioni degli ebrei e per la nascita di Israele, il Pci voltò le spalle allo Stato ebraico facendo proprie le posizioni dell’Urss che nel 1967 sposò il rifiuto totale dei Paesi arabi nei confronti di Israele. Lo strappo avvenne facendo debuttare in Italia, in maniera quasi istantanea, le tesi sovietiche su «razzismo», «espansionismo» e «imperialismo» del sionismo per delegittimare le fondamenta dell’esistenza di Israele, occidentale e dunque nemico. Il leader socialista Pietro Nenni e l’Avanti!, con gli articoli di Aldo Garosci, si opposero alla svolta filo-Urss in Medio Oriente del Pci, mostrando però incertezze e venature - a cominciare dalle pagine di Mondo Operaio - che vent’anni più tardi avrebbero portato Bettino Craxi a convergere con il Partito Comunista.