domenica 3 maggio 2015

Il Sole Domenica 3.5.15
Sabino Cassese
Il silenzioso lavorìo della Corte
Il costituzionalista racconta, sotto forma di diario, la natura e il funzionamento di una istituzione fondamentale che ogni buon cittadino dovrebbe conoscere
di Pasquale Pasquino


«Straniero sono venuto, straniero ritorno sui miei passi».
Con queste parole che aprono la Winterreise di Schubert si chiude l’ultimo libro si Sabino Cassese Dentro la Corte (il Mulino). Questo racconta il suo lungo viaggio di nove anni nella Corte Costituzionale. L’autore parla di estraneità per modestia. Lontano fino a nove anni fa dalla pratica attiva delle corti, egli è però ormai una delle figure più significative della cultura giuridica italiana e internazionale, come risulta dalle pagine di questo libro. Cassese racconta al lettore, sotto forma di diario, in uno stile piano, di godibile lettura, senza il linguaggio gergale o oscuro di molta produzione giuridica ed in una gradevole ma razionale struttura narrativa intessuta di frammenti, la natura e il funzionamento di una istituzione, la cui importanza è pari solo, paradossalmente, al silenzio che la circonda. Solo in rare eccezioni si parla (o si straparla) dell’importante lavoro dei quindici giudici che siedono nel palazzo della Consulta, di fronte al Quirinale, sul colle più alto dell’urbe; in particolare, quando la Corte deve decidere dell’ammissibilità dei referendum popolari, abrogativi delle leggi votate dal parlamento. Essa viene alla ribalta nelle infrequenti occasioni in cui la Corte a difesa dei principi essenziali della Costituzione, entro le forme e i limiti della quale si esercita il potere del corpo elettorale, interferisce con la decisione popolare. Di questa istituzione si sa in realtà pochissimo al di fuori del cerchio ristretto degli addetti ai lavori, quasi tutti giuristi. Inoltre, i numerosi testi degli specialisti che ne parlano sono rivolti ad un pubblico di colleghi e si occupano di discutere e di commentare le sentenze, ma non parlano ai cittadini del funzionamento di questo organo e del suo ruolo. Eppure si tratta di una istituzione fondamentale che in ogni democrazia liberale esercita, insieme al Parlamento, al governo che questo esprime ed al corpo elettorale, le funzioni più importanti in uno Stato costituzionale di diritto. Il segreto della deliberazione delle camere di consiglio, durante le quali i giudici si sforzano attraverso lo scambio di argomenti di trovare la migliore e più condivisa decisione – un segreto che Cassese non viola mai –, non può essere confuso con la cultura del silenzio. Questa cultura del silenzio e, in casi deplorevoli, del pettegolezzo che circondano la Corte non sono nell’interesse né della istituzione né dei cittadini. Questi hanno il diritto di conoscere come operi e funzioni un organo che, in una forma che le è propria, produce norme alle quali essi devono obbedire e che obbligano gli altri organi dello Stato. Il merito dell’autore è di condurre il lettore nel suo viaggio come chi descrive al visitatore/cittadino un paesaggio nuovo, una terra incognita entro la quale questi peraltro vive, perché le decisioni costituzionali lo riguardano direttamente, senza che alcuno su quel paesaggio abbia indirizzato il suo sguardo.
I temi toccati nel viaggio sono numerosissimi e nessuna recensione potrebbe renderne conto senza finire per redigere un libro lungo come quello di Cassese, una inutile carta dell’impero ampia come l’impero stesso. Ma alcuni punti, salienti almeno per chi scrive, possono essere messi in evidenza. Senza astenersi da giudizi talvolta vivaci, ma mai ad personam, il diario non è intimista o egocentrico. L’autore parla molto del diritto, nostro e di altri Paesi, e della istituzione nella quale ha a lungo vissuto, pensato, discusso, deciso, di tutto ciò più che di se stesso. Il libro è ancor più un diario della Corte che una variante del genere delle confessioni. L’io dell’autore è osservazione, pensiero, dubbio talvolta e insegnamento – il mestiere questo della maggior parte della sua vita.
La Corte, un tema questo sul quale l’autore torna spesso ed a ragione, è un organo collegiale. I suoi membri non hanno figura pubblica, i voti relativi alle decisioni da prendere sono coperti dal segreto e queste sono espressione dell’organo, non di uno o di alcuni dei suoi membri. A differenza dei rappresentanti eletti, i giudici non esprimono preferenze di segmenti del corpo elettorale, il loro mandato non è rinnovabile e per questo non devono passare dinanzi all’approvazione di elettori per un rinnovo ed una eventuale riconduzione nell’ufficio. Il loro obbligo è di motivare singolarmente ciascuna delle decisioni prese e di deliberare insieme alla ricerca della soluzione più giusta delle questioni che vengono loro poste. È l’etica super partes della giustizia e dello Stato, non la ricerca dell’applauso attraverso il voto, che comanda il loro agire in quanto collettivo. Su questo modo di operare il libro è ricchissimo di informazioni, di riflessioni e anche di suggerimenti, che si nutrono della conoscenza straordinaria che l’autore ha di un gran numero di istituzioni analoghe alla nostra, in particolare la Corte Suprema americana.
Alla fine del libro il lettore potrà ringraziare l’autore per averlo portato compagno nel suo viaggio, informato, divertito anche, arricchendo la sua cultura. Alla bellissima citazione finale del Lied di Schubert chi lo legge, come l’autore di queste linee, può rispondere: «ero venuto come il viandante che esplora una terra nuova, me ne vado ora più ricco di conoscenza, saggezza e sapere», sulle istituzioni che ci governano e sulle modalità del loro operare nella complessa fabbrica del diritto.
Sabino Cassese, Dentro la Corte. Diario di un giudice Costituzionale , il Mulino, Bologna, pagg. 320, € 22,00. Il libro sarà presentato a Torino, al Salone del Libro, giovedì 14 maggio alle 17, nella Sala Blu: con l’autore ne parleranno Stefano Folli e Antonio Polito
Pasquale Pasquino