lunedì 4 maggio 2015

Il Sole 4.5.15
Ue e Cina rilanciano il dialogo
A quarant’anni di distanza le relazioni con Pechino sono tra le più importanti al mondo
L’Unione primo partner commerciale
di Nicola Casarini, Rita Fatiguso


Sull’onda del disgelo delle relazioni tra Washington e Pechino, il 6 maggio 1975, quarant’anni fa, senza troppi clamori, Bruxelles e la Cina instaurarono rapporti diplomatici. Altri tempi. La Comunità europea muoveva i primi passi, la Cina era un Paese povero, nel bel mezzo di una lotta di potere per la successione a Mao Zedong che, ormai molto malato, morì l'anno seguente.
Oggi le relazioni tra Europa e Cina sono tra le più importanti al mondo, hanno acquisito un significato strategico tale da renderle oggetto di attenta osservazione – e talvolta di apprensione – da parte degli Stati Uniti. Basti pensare al disappunto di Washington verso l’adesione some soci fondatori di quattro grandi Paesi della Ue – Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia – all’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), la banca multilaterale promossa da Pechino.
La svolta tra Bruxelles e Pechino è datata 2003, con la firma del partenariato strategico: le parti si accordarono sullo sviluppo congiunto di Galileo, il sistema di navigazione satellitare europeo alternativo al Gps americano, e vennero gettate le basi per il miglioramento delle relazioni nel campo della sicurezza e dell’industria della difesa. Germania e Francia in testa, ma anche Italia e Spagna, proposero di iniziare le discussioni sulla levata dell’embargo sulla vendita di armi alla Cina. Durante l’allargamento della Ue ai Paesi dell’Europa centro-orientale Bruxelles divenne il più importante partner commerciale di Pechino, mentre la Cina saliva al secondo posto come più importante partner commerciale della Ue, subito dopo gli Stati Uniti. Gli europei furono, comunque, incapaci di trovare l’unità sulla questione dell’embargo e il Consiglio europeo del giugno 2005 decise di rimandarne sine die la soluzione, lasciando i dirigenti di Pechino con l’amaro in bocca.
Anche l’euro ha giocato un ruolo importante nei rapporti tra Cina ed Europa. Nel 2003 la Banca centrale europea e quella cinese siglarono un accordo che portò Pechino a diversificare il suo paniere di riserve, aumentando in maniera graduale ma costante, negli anni a venire, l’esposizione sulla moneta comune europea, diminuendo la sua esposizione verso il dollaro. La Cina ha supportato l’euro nei momenti di crisi del debito sovrano per accelerare sullo shift rispetto al dollaro quando nell’agosto 2011 Standard & Poor’s declassò il rating sovrano degli Stati Uniti: la crescita della quota delle riserve detenute nella moneta comune europea passò dal 26% circa nel 2011 a circa un terzo agli inizi del 2015. Due anni fa, inoltre, per la prima volta, la Bce ha siglato con People’s Bank of China uno storico contratto che ha aperto tra le due aree del mondo una linea di swap in renminbi per favorire gli investimenti in entrambe le direzioni, nonostante la non convertibilità della divisa cinese.
La Cina sta investendo massicciamente nelle aziende europee per acquisire know how e tecnologie necessarie all’ammodernamento dell’industria cinese, ma a fine 2014 attraverso Safe, il braccio armato per la valuta estera, ha fatto acquisti per circa 54 miliardi di dollari in aziende quotate nelle Borse europee, piazzandosi al quinto posto per entità degli investimenti, subito dietro al Giappone. Da notare che il totale investito in Italia ammonta oggi a più di 6 miliardi di euro, pari al 7% degli investimenti totali cinesi in Europa.
Il recente interesse per l’Italia e, più in generale, per il Sud Europa, rientra nel più ampio progetto di Pechino di sviluppo della Via della Seta terrestre e della Via della Seta marittima del XXI secolo, lanciato dal presidente cinese Xi Jinping nel 2013. L’Unione europea è oggi il primo partner commerciale di Pechino e il Mediterraneo, con al centro l’Italia, è considerato il naturale approdo di questa strategia. L’Italia, pertanto, ha la possibilità di diventare un’interlocutrice importante di Pechino. In questo, un ruolo lo gioca sicuramente la nomina a capo della diplomazia europea di un’italiana, Federica Mogherini, mentre si registra un crescente interesse per il governo di Matteo Renzi e i suoi progetti di riforma del Paese.
Il quarantennale che la vicepresidente della Ue andrà a festeggiare nella capitale cinese coincide con uno snodo importante dell’Agenda strategica di cooperazione tra Unione europea e Cina valida fino al 2020, siglata a Pechino nel novembre 2013: la possibile chiusura del negoziato bilaterale Ue-Cina sugli investimenti. Una svolta che potrebbe aprire la via, come espressamente richiesto da Xi Jinping durante la sua prima visita in Europa e alle istituzioni europee l’anno scorso, a un Free trade agreement (Fta) che introdurrebbe una dinamica nuova nelle relazioni sino-europee. Si creerebbe un asse euro-asiatico altrettanto significativo, sul piano economico e commerciale, di quello atlantico e dell’area del Pacifico. Quarant’anni dopo, dunque, le parti sembrano invertirsi, con la Ue a far da apripista rispetto al dialogo tra Cina e Washington.