Il Sole 26.5.15
Addio a John Nash
La vita «in equilibrio» di un genio matematico
di Armando Massarenti
Se
volete sapere perché John Nash era un grande matematico anche al di là
dei suoi risultati fondamentali della teoria dei giochi per cui ha vinto
il Nobel per l’economia nel 1994, al punto da meritare anche
l’ambitissimo premio Abel che ha ritirato a Oslo una settimana fa,
rimandiamo all’articolo di Umberto Bottazzini, pubblicato due giorni fa
sul supplemento Domenica, il giorno in cui, per una triste ironia del
destino, è stata resa nota la sua morte. Però è forse proprio la sua
nozione di «equilibrio», elaborata nel 1951, la cosa più geniale
partorita dalla sua mente. Due giocatori - così dice la definizione -
sono in una situazione di equilibrio quando nessuno dei due, al termine
del gioco, cioè quando gli è nota anche la mossa dell’avversario e può
analizzare l’intera giocata col senno di poi, farebbe una mossa diversa
da quella che ha fatto. Nessuna recriminazione, nessun risentimento ha
senso, perché, in tali situazioni di equilibrio, considerando la propria
strategia, il giocatore vede che è la più razionale, tenuto conto delle
strategie possibili dell’avversario. Il genio matematico di Nash,
applicato alla teoria dei giochi, è consistito in questo: nel dimostrare
che per ogni gioco finito con due giocatori è possibile trovare almeno
un punto di equilibrio. L’«equilibrio di Nash» è la strategia nella
quale ogni giocatore massimizza il suo risultato sapendo quali sono le
strategie degli altri giocatori. I giochi di cui si è occupato Nash sono
i giochi cosiddetti “non cooperativi”, cioè quelli in cui per i
giocatori non è possibile coalizzarsi per un obiettivo comune. Sono i
più interessanti, anche perché la vita reale è piena di questo genere di
situazioni. Nei giochi cooperativi si assume che gli individui
cooperino tra loro ogni qualvolta questo è possibile e conveniente. Ma
nella vita - e nella politica e nell’economia ancora di più - le cose
raramente stanno così. Sono molte le situazioni in cui converrebbe
accordarsi con reciproca soddisfazione, e invece si è immersi in giochi
perversi che ci spingono a comportarci in maniera irrazionale o poco
conveniente. Un gioco non cooperativo è un gioco in cui, se c’è un
accordo tra due giocatori di adottare una certa coppia di strategie,
questo accordo o è un equilibrio di Nash (e quindi entrambi i giocatori
hanno interesse a onorarlo) oppure qualcuno avrà sicuramente un forte
incentivo a violarlo. Il caso celeberrimo del “dilemma del prigioniero”
descrive appunto una situazione paradossale di questo tipo. In un gioco
non cooperativo, in altre parole, gli accordi non sono efficaci: le
regole del gioco da sole non bastano a farli rispettare. Se si ripete il
gioco le regole emergono spontaneamente, e non per frutto di un
accordo. Tali norme spontanee non sono altro che degli “equilibri di
Nash”. Ma non sempre questi equilibri producono situazioni auspicabili.
Gli equilibri, e le norme implicite che li generano, possono essere
anche generare risultati sub-ottimali. La corruzione per esempio è una
situazione in cui questi equilibri, in determinate situazioni, spingono
gli individui a “pagare il pizzo” come scelta più razionale. Ciò genera
una sorta di norma implicita, o, come direbbero i giuristi, una
consuetudine, difficile da debellare e da sconfiggere con una legge. Per
questo è così complicato legiferare contro la corruzione, e perché
inasprire le pene non basta e spesso non costituisce un vero deterrente.
Ciò sia detto solo per sottolineare quanto possa rilevarsi utile per la
società anche il lavoro di studiosi dediti, come Nash, alla matematica
pura. Quando nell’autunno del 1948 si recò a Princeton, nella lettera di
presentazione del Carnegie Mellon, il college dove aveva studiato,
c’erano scritte poche semplici parole: «Quest’uomo è un genio». Domenica
è morto in taxi a 86 anne insieme alla moglie di 82 per un banale
incidente stradale. A lungo malato di schizofrenia, come sa chi ha visto
il film A Beautiful Mind, ha vissuto una vita piena di episodi che si
sono trasformati in notizie buffe e commoventi al tempo stesso. Il 1°
giugno del 2001, per esempio, si leggeva nelle cronache: «Nash, il Nobel
per l’economia, risposa l’ex-moglie; divorziarono nel 1963». E di tale
scelta, ne siamo certi, non si sarebbe mai pentito.