Corriere 4.5.15
Un secolo tra masse e tecnocrati
I conflitti del Novecento europeo
Il libro di Simona Colarizi Novecento d’Europa
di Antonio Carioti
A cominciare dalla questione sociale e dal mutamento della condizione femminile, sono diversi i fili conduttori che innervano il libro di Simona Colarizi Novecento d’Europa (Laterza, pagine 483, € 25), un’ampia sintesi delle vicende che il nostro continente ha attraversato nel secolo scorso. L’autrice fornisce un ricco resoconto dei fatti politici e dei conflitti bellici, materia quanto mai complessa e difficile da padroneggiare lungo un arco di ben cento anni, ma al tempo stesso esplora le trasformazioni dell’economia, della cultura, del costume, poiché la storia non può essere considerata solo dal punto di vista dei governanti, in quanto concerne direttamente anche l’esistenza quotidiana dei governati.
Si può dire anzi che il Novecento, non solo in Europa, si caratterizzi nettamente come il secolo in cui le masse fanno irruzione nella vita pubblica. Tanto che le quattro epoche in cui Simona Colarizi suddivide il XX secolo sono costantemente percorse dalla dialettica tra domande di partecipazione e spinte oligarchiche.
Si comincia con «l’età dell’illusione», tra il 1900 e il 1918. Periodo nel quale un’Europa che sembrava avviata stabilmente sulla via del progresso scientifico e sociale incappa invece nell’immane tragedia della Prima guerra mondiale. Non solo perché lo sviluppo aveva destato tensioni difficili da governare, ma perché l’evoluzione liberale e democratica dei sistemi politici era ben lontana dal realizzarsi appieno. Cruciale per esempio, nel meccanismo che conduce allo scoppio del conflitto mondiale, è l’influenza di una casta sottratta al controllo popolare come i militari di ogni nazione, che nella crisi dell’estate 1914 si mostrano, nota Simona Colarizi, «decisi a cogliere l’occasione per vivere il loro momento di massimo potere, cioè la guerra».
Furono autentici apprendisti stregoni, perché la terribile conflagrazione che ne seguì spalancò le porte a quella che l’autrice chiama «l’età dell’odio», tra il 1918 e il 1940. L’esperienza traumatica delle trincee aveva trasformato milioni di giovani «in killer potenziali, in preda a un’agitazione continua». E la loro pressante domanda di partecipazione, che non poteva certo esprimersi nell’alveo della democrazia parlamentare, trovò una risposta nell’ascesa dei regimi totalitari, dispotici e strutturalmente aggressivi. Non poteva che scaturirne un’altra guerra, ancora più distruttiva.
Eppure la fase che si apre nel 1940, al culmine dell’espansione nazista in Europa, non è solo «l’età della disperazione», ma anche quella «della speranza». Benché il continente esca distrutto e diviso dall’immenso carnaio provocato dal Terzo Reich, benché non conti più come un tempo negli equilibri geopolitici del pianeta, ormai dominati dal duopolio tra Stati Uniti e Unione Sovietica, gli anni successivi, almeno per l’Europa occidentale, sono l’epoca aurea dello sviluppo, della democrazia e del Welfare. Si afferma un modello keynesiano — sposato in pieno dai partiti socialdemocratici, ma anche da buona parte delle forze moderate, specie quelle di matrice cattolica — che coniuga le libertà individuali con l’intervento dello Stato a protezione del cittadino.
Sembrava la quadratura del cerchio, ma portava con sé i subdoli germi di un’ulteriore crisi. Infatti il ruolo crescente della mano pubblica comporta l’ascesa di una nuova oligarchia burocratica e tecnocratica, alla quale gli organi rappresentativi finiscono per delegare gran parte delle decisioni più rilevanti, comprese quelle che toccano da vicino la vita delle popolazioni. Il caso più eclatante in questo senso è l’integrazione europea, che procede con notevole successo a partire dagli anni Cinquanta, ma sconta un forte deficit democratico, destinato a pesare sempre di più con il passare del tempo e con l’affievolirsi dei ritmi di crescita dell’economia.
Secondo Simona Colarizi nel 1960 si apre dunque un’«età dell’incertezza», nella quale ancora viviamo: mentalità e tradizioni di antica data sono state travolte da mutazioni impetuose; un impero gigantesco e apparentemente solido come quello sovietico si è sbriciolato; i limiti del modello industriale fordista e dello Stato sociale sono venuti alla luce anche nei Paesi più ricchi ed efficienti del Nord Europa.
Soprattutto è entrata in crisi la politica, che ha perso gran parte del suo richiamo sotto il profilo ideale e si è ridotta a gestione mediatica del consenso, mentre le scelte di sostanza sono sempre più condizionate, se non dettate, da poteri finanziari tutt’altro che trasparenti. Anche se quasi nessuno mette in discussione apertamente le istituzioni rappresentative, si è aperta «una forbice sempre più ampia» tra i cittadini e la classe dirigente, che preoccupa Simona Colarizi. Il contrasto tra aspirazioni democratiche e meccanismi verticistici di governo, che accompagna tutto lo svolgimento del suo libro, permane infatti come una tensione irrisolta dalle forme cangianti. E proprio per questo più insidiose.
L’incontro : il libro di Simona Colarizi Novecento d’Europa , pubblicato da Laterza, viene presentato domani a Milano dalla Fondazione Corriere della Sera presso la sala Buzzati (via Balzan 3) alle ore 18. Discutono con l’autrice: Paolo Mieli, Paolo Pombeni, Silvio Pons. Ingresso libero solo con prenotazione: tel. 02.87387707; email rsvp@fondazionecorriere.it