sabato 16 maggio 2015

Corriere 16.5.15
La battaglia nei dem sul concetto di «impresentabili»
di Monica Guerzoni


Nel variegato mondo del Pd, anche quella degli «impresentabili» è una questione di punti di vista. Rosy Bindi è preoccupata. Tanto da aver avviato una verifica sulla corrispondenza tra i curricula dei candidati e il codice di autoregolamentazione, che la commissione parlamentare approva di prassi alla vigilia delle urne. Luca Lotti, invece, non è preoccupato. «Io conosco bene la lista Pd della Campania e non vedo impresentabili — commenta il sottosegretario a Palazzo Chigi — Il Pd in tutta Italia ha fatto liste presentabili, votabili... Quindi chi in Campania vuole votare persone votabili, può votare Pd e può votare De Luca». Da «impresentabili» a «votabili» dunque, questione di punti di vista. Quello di Rosy Bindi è che la politica deve arrivare prima della magistratura, selezionando con occhio vigile la propria classe dirigente invece di accorgersi a liste compilate che qualcosa (o qualcuno) non va. «Un tempo sulle candidature i partiti facevano da filtro, ora tutto questo è saltato» osserva sconfortata Rosaria Capacchione. La senatrice «dem», sotto scorta per le sue inchieste sulla camorra, approva lo screening, ma bacchetta: «Bisognava farlo un po’ prima». L’Antimafia vorrebbe vagliare nomi e storie prima del 31 maggio e la presidente Bindi è consapevole dell’enormità del lavoro: «I candidati sono moltissimi. Ci soffermeremo sulle Regioni che presentano maggiori criticità. Alla luce del nostro codice, più rigoroso della Severino, prenderemo in esame i profili». Nell’attesa della guida alle liste pulite, il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti invita i partiti ad attenersi a quel codice di autoregolamentazione che loro stessi hanno firmato: «Il discrimine per determinare se una persona è candidabile è il rinvio a giudizio». E chi è «solo» indagato? «È teoricamente candidabile, ma qui entra in discussione anche la scelta e l’etica dei partiti». Roberti tocca il punto nevralgico: in politica l’etica dovrebbe arrivare prima degli avvisi di garanzia. La Bindi condivide e si augura che l’Antimafia approvi presto «un codice che prescinda dai provvedimenti della magistratura».