martedì 7 aprile 2015

Repubblica 7.4.15
Ayaan Hirsi Ali.
“I morti nelle scuole sono un orrore Il mondo ha bisogno di un nuovo Islam”
L’attivista è entrata nel mirino del fanatismo
“Nessun bambino nasce fanatico, tutto dipende dalle idee e da quale istruzione riceve
Ma c’è anche chi non si arrende come il blogger saudita condannato a mille frustate”
Dieci anni fa, quando partecipò al documentario “Submission”
Dopo la strage dell’università in Kenya, invita i musulmani a riformare il proprio credo: “Devono trovare il loro Illuminismo, in nome della libertà”
di Enrico Franceschini


LONDRA «SONO inorridita dall’attacco degli estremisti islamici somali contro gli studenti universitari in Kenya. Ed è per me la conferma che il problema del riformare l’Islam riguarda non un paese o una regione, ma ormai tutto il mondo». Ayaan Hirsi Ali, la 46enne attivista politica e scrittrice somala naturalizzata americana, è nel mirino del fanatismo islamico da un decennio, quando partecipò al documentario “Submission” del regista e suo amico olandese Theo Van Gogh. Nel 2005 un estremista musulmano olandese assassinò lui; da quel momento fu emessa una fatwa anche contro di lei, che da allora vive sotto scorta 24 ore al giorno. Ma le minacce non l’hanno fatta retrocedere. In una serie di libri diventati best-seller internazionali ha denunciato l’Islamismo e poi l’Islam nel suo complesso come una religione che fomenta l’odio e la violenza. Nel saggio pubblicato ora, “Eretica, cambiare l’Islam si può” (in Italia esce per Rizzoli), sostiene che la religione di Maometto necessita una grande riforma per ritrovare una vocazione moderata, tollerante e pacifica. Sposata con lo storico britannico Niall Ferguson, adesso Ali vive negli Stati Uniti con il marito e il loro figlio. «L’America e l’Europa rappresentano la libertà a cui tutti aspirano, nessun bambino nasce fanatico», dice al telefono dagli Usa.
Che effetto le ha fatto l’attacco degli estremisti islamici somali di Al Shabab contro l’università in Kenya, la strage di studenti che ne è risultata?
«Mi ha scioccato e inorridito. Il capo del gruppo somalo che ha condotto l’attacco è un classico esempio di quelli che nel mio libro definisco i “musulmani di Medina”: un giovane educato in Arabia Saudita, di buona famiglia, seguace di un’ideologia che riconosce una sola via di giustizia e purezza, quella di Maometto ».
Perché si ripetono sempre più spesso attacchi dell’Islam estremista contro musei, scuole, università?
«Perché è un tipo di Islam che riconosce una sola storia: la propria. Perciò vuole distruggere tutte le altre e, se potesse farlo, distruggerebbe ogni museo, ogni forma artistica, ogni università e centro di sapere sulla faccia della Terra».
Nel suo libro afferma che l’Islam si può, anzi si deve riformare: come?
«Propongo cinque emendamenti al credo islamico, in sostanza una separazione tra fede e politica, tra moschea e Stato e una rinuncia alla Sharia, poiché la peggiore legge laica è comunque migliore della legge islamica. Propongo di rispondere alla guerra santa con una guerra per la pace».
Questa è la teoria, ma chi dovrebbe combattere in pratica per una simile riforma?
«I dissidenti, che non mancano nel mondo islamico, come il ragazzo punito con 1.000 frustate in Arabia Saudita, o gli egiziani che marciavano contro i Fratelli Musulmani».
Ma il nuovo presidente egiziano Al Sisi è accusato di essere un dittatore.
«È un despota, ma va appoggiato in questa fase perché riconosce che bisogna cambiare l’Islam, e che questa è la priorità per vincere contro il fanatismo, altrimenti non ci sarà mai fine alla guerra».
Qualcuno obietta che anche l’Antico Testamento è un libro sacro che esorta alla violenza e alla guerra in nome di Dio.
«Sì, ma dopo l’Antico Testamento è venuto il Nuovo Testamento, che ha cambiato quel messaggio di violenza in un messaggio di pa- ce e amore. Ebbene io dico che il mio libro propone un Nuovo Testamento per l’Islam».
L’Islam è nato 700 anni dopo il cristianesimo e 700 anni fa anche i cristiani bruciavano gli eretici, le donne, gli scienziati, poi l’Europa ha avuto l’Illuminismo.
«Ma è proprio dell’Illuminismo che ha bisogno anche l’Islam, solo che io non penso servano 700 anni per colmare il ritardo, credo che basterebbero una o due generazioni. La Primavera Araba mi ha dato speranza. E poi chi pensava nel 1989 che l’Unione Sovietica sarebbe crollata? Chi credeva nel 1939 che il nazifascismo sarebbe stato sconfitto e sarebbe praticamente scomparso dal cuore dell’Europa? Quando un cambiamento si mette in moto può essere rapido e profondo».
Crede che la democrazia liberale sia la forma più evoluta del pensiero umano e potrà un giorno trionfare ovunque, dalla Cina alla Somalia?
«Credo che non ci sia niente di meglio della democrazia liberale. Credo che un bambino appena nato non sia già un fanatico musulmano, ma che tutto dipenda dalle idee e dall’istruzione che riceve. Non sono una utopista, so che l’uomo può scegliere il bene o il male e che entrambi vivono dentro di lui. Tuttavia non credo che i diritti umani e la libertà vadano bene solo per gli occidentali. Li chiamiamo diritti umani perché riguardano tutti gli esseri umani, di ogni colore, nazione, religione ».
Cosa ha provato dopo l’attacco a Charlie Hebdo?
«Orrore e anche rabbia, perché quel giornale e i suoi redattori erano già stati minacciati altre volte. Se fossero stati protetti meglio, forse non sarebbero morti».
Cosa risponde a coloro che accusano Charlie Hebdo di avere esagerato con le vignette, di avere sbagliato a insultare una religione?
«Non apro una discussione con chi ha tesi simili. Sarebbe fiato sprecato. Basta leggere i proclami degli islamisti per comprendere che il loro odio non è una riposta a quello che fa l’Occidente, ma un programma che nasce dalla visione di un Islam che vuole riportare indietro il mondo, verso oscurantismo e barbarie ».
E lei non ha paura?
«Io ho paura da più di dieci anni, ma non per questo chiudo la bocca. Il mio amico Theo Van Gogh è morto e io sono viva solo perché lui non aveva protezione e io ce l’ho 24 ore su 24. Tutto qui. Ma spero che un giorno non sarà più necessario proteggere qualcuno minacciato solo per le sue idee di libertà, pace e tolleranza».