giovedì 30 aprile 2015

Repubblica 30.4.15
Carlotta Colli, console
“Guardiamo l’altro senza presunzione”
di Valeria Fraschetti


«Gli scambi studenteschi? Offrono un’opportunità di accedere ad altri mondi stimolando curiosità, flessibilità, tolleranza, liberandoci di quella presunzione iniziale con cui tendiamo a guardare ciò che è altro da noi. Allenano all’umiltà». Carlotta Colli a 17 anni è stata un exchange student con Intercultura: ha lasciato la sua Reggio Emilia per andare ad Adelaide, dove ha vissuto per due mesi con una famiglia australiana. Tornata in Italia, ha ospitato insieme alla sua famiglia emiliana una ragazza di Hong Kong per un anno. Una duplice esperienza interculturale che è stata determinante, dice, nell’indirizzarla verso l’ambito delle relazioni internazionali e della diplomazia: oggi, a 32 anni, la Colli è Console Generale d’Italia a Ho Chi Minh City, Vietnam.
Vivere da adolescente con degli sconosciuti dall’altra parte del mondo non sarà stato facile.
«Più che delle difficoltà, ho dovuto affrontare delle diversità. Come instaurare un rapporto con due sorelle: in Italia ho solo un fratello e le dinamiche relazionali tra sorelle sono molto diverse. Ho ricevuto un grande sostegno dalla famiglia ospitante, ma aveva comunque abitudini culturali diverse che, tra l’altro, mi hanno fatto capire come in Italia i figli siano più coccolati e protetti dai genitori. Lì invece vengono educati a un senso di indipendenza e responsabilità tale che io e le mie sorelle australiane dovevamo persino rendere conto di come spendevamo la paghetta settimanale. In fin dei conti, esperienze del genere aiutano a guardare le diversità con curiosità, per scoprire poi che queste diversità non sono che un altro riflesso della nostra quotidianità: i sentimenti alla base di ogni essere umano sono ovunque gli stessi».
Eppure, specie in quest’epoca, sembra che le differenze culturali generino più diffidenza che curiosità, più scontro che unione.
«Proprio per questo ritengo che oggi ci sia quanto mai bisogno di scambi interculturali fra giovani. Da una parte, il mondo appare più uniforme e interconnesso, quindi più unito. E perciò si tende a credere che le differenze possano essere colmate con facilità, magari con un click, un post sul web. Ma la vera comprensione dell’altro nasce dalla convivenza, dal confronto diretto, quotidiano».
Le sue esperienze di scambio le sono tornate utili nel suo lavoro di diplomatico?
«Assolutamente sì. In particolare, l’ospitalità offerta alla studentessa di Hong Kong mi ha permesso di leggere con più facilità alcuni atteggiamenti culturali che ho trovato qui in Vietnam. Come un rispetto molto forte della privacy e della gerarchia. In generale, ospitare uno studente è un’esperienza molto forte, perché coinvolge le relazioni di una famiglia intera. È un allenamento alla condivisione: di conoscenze, ma anche di affetti».
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“Sono stata exchange student ad Adelaide, poi ho ospitato in Italia una ragazza di Hong Kong. Una duplice esperienza determinante nella mia scelta di seguire una carriera nel campo diplomatico”