martedì 28 aprile 2015

Repubblica 28.4.15
Patti chiari matrimonio lungo
La tutela di tutti i figli o magari solo la divisione delle spese per la casa al mare. Già oggi si fanno accordi prima del sì, validi se non ledono diritti e doveri delle nozze Tutto ciò fra poco potrebbe diventare legge Ecco cosa cambierebbe secondo gli esperti
di Vera Schiavazzi


“VOLEVO sposarmi con la mia attuale moglie, che ha 28 anni meno di me, ma senza danneggiare i miei figli di primo letto. E ho provato a farlo attraverso un accordo da un legale di Milano: in deroga all’obbligo successorio, le mie quote di alcune società saranno ereditate soltanto dai primi figli, mentre il resto del patrimonio, case e immobili, verrà diviso tra tutti: i figli del primo e del secondo matrimonio, arrivati nel frattempo, e la mia seconda moglie, alla quale andrà la metà di queste proprietà”. Il personaggio famoso che espone il suo “patto prematrimoniale” racconta qualcosa che potrebbe essere previsto, e legale, nel nuovo progetto sulle “convenzioni matrimoniali”, come si chiamano in Italia, appena presentato da Alessia Morani /PD) e Luca D’Alessandro (Forza Italia), gli stessi deputati ad aver firmato il divorzio breve. Ma la nuova legge potrebbe, forse, arrivare all’ordine del giorno tra alcuni mesi. Nel frattempo, i giudici chiamati a sentenziare su cause di divorzio e di separazione tendono a considerare validi alcuni fra i patti, quelli ben siglati da avvocati e notai che non intacchino diritti e doveri intangibili del matrimonio.
Il coniuge più “generoso” potrebbe regolamentare le conseguenze patrimoniali della dismissione del matrimonio, quello più “disinteressato” potrebbe rinunciare, ma gli alimenti restano. «Oggi — spiega Cesare Rimini, il più famoso tra i matrimonialisti italiani — è impossibile regolare prima del matrimonio gli assegni di mantenimento, perché lo stato patrimoniale dei coniugi potrebbe modificarsi, e “i conti si fanno sempre sulle scale”, ovvero quando ci si separa. Una nuova legge potrebbe cambiare le cose, ma è più facile prevedere un assegno di risarcimento una tantum che risarcisca il coniuge più debole rispetto alla decisione dell’altro ».
Già ora, l’abitudine a contrarre accordi è frequente. «Questi patti prematrimoniali — dice Rimini — hanno avuto una certa apertura in tribunale. La giurisprudenza ne ha tenuto conto in termini di possesso di immobili o di azioni. Ma anche a livelli minori. Se le parti concordano che le spese della casa al mare le paga la moglie e lui paga quelle della casa in città, il giudice potrà dare un peso a questa decisione al momento della separazione. I patti tra i coniugi prima delle nozze possono avere due tracciati: uno è quello del matrimonio felice, l’altro quello della possibile crisi coniugale», avverte l’avvocato Rimini. Così, per i fatti patrimoniali o le spese che non incidono su diritti e doveri, il giudice può scegliere se avvantaggiarsi dell’accordo oppure no. E per questo, anche adesso, l’assegno risarcitorio “una tantum” viene preferito a un mensile sulla durata del quale è difficile essere tassativi. Infine, oggi, l’addebito all’uno o all’altro sposo della separazione può incidere sugli accordi monetari. Tanto più che “certe promesse dall’avvocato avvengono soprattutto tra coniugi ricchi o benestanti”.
Lo spirito della nuova proposta di legge, invece, sembra mirare soprattutto al “dare meno”, ovvero a non costringere i coniugi più abbienti a ritrovarsi con più di una famiglia da mantenere con lo stesso tenore. E sei diritti e i doveri sanciti dall’articolo 160 del codice civile restano validi, quelli previsti nell’articolo 163 potrebbero essere integrati da un “bis” che estenderà doveri e diritti a casi particolari, richiesti soprattutto da chi ha grandi patrimoni, o anche solo diverse proprietà immobiliari che vuole destinare a parti diverse della sua “famiglia allargata”. Niente figli, che non possono essere previsti nelle convenzioni, né impegni alla fedeltà eterna. Solo accordi sul denaro, quello che c’è già e quello che potrebbe arrivare, o essere sottratto da un coniuge successivo.
Già oggi, sottolinea Alessia Morani, “l’articolo 162 prevede la possibilità di stipulare convenzioni matrimoniali che riguardano il patrimonio in ogni tempo, e dunque anche prima della cerimonia nuziale, purché ovviamente non ledano i diritti e i doveri principali delle stesse nozze”. Perché intervenire con una nuova proposta? Per dare ai (futuri) coniugi una “più ampia autonomia” nel regolamentare il loro regime economico. Oggi, questa tipologia di accordi può anche essere ritenuta nulla dalla giurisprudenza, perché la legge italiana non riconosce la facoltà di gestire in anticipo e in modo consensuale i propri rapporti patrimoniali e personali. «Riconoscerla — dicono i due relatori — significa diminuire i conflitti in sede di separazione. Per questo la nostra legge vuole garantire un accesso più sereno al matrimonio, favorendone la consapevolezza con la giusta serietà».
Non sarà possibile, dunque, né prevedere la disponibilità a non divorziare, né tanto meno quella di “a chi affidare i figli”, che devono sempre e comunque, anche in caso di conflitto, essere assegnati a chi garantisce loro il “prevalente interesse”. Se la coppia non ha bambini, sostengono Morani e D’Alessandro, l’accordo patrimoniale può essere anche più libero. Se i figli ci sono, invece, “è opportuno prevedere che la negoziazione patrimoniale preventiva o successiva al matrimonio da parte dei coniugi debba essere autorizzata preventivamente dal giudice se i coniugi intendono disciplinare gli aspetti conseguenti alla separazione”. Gli accordi, insomma, “non devono sacrificare la tutela non solo formale ma anche sostanziale dei diritti e delle aspettative dei figli, con riferimento non solo ai minori ma anche ai maggiorenni non economicamente autosufficienti”.
Che cosa potranno negoziare i futuri coniugi? In conclusione, il patto con il quale un coniuge attribuisca all’altro denaro, una tantum o mensilmente, o diritti su uno o più immobili dopo la cessazione del matrimonio. Oppure la permanenza dell’uno nella casa di proprietà dell’altro, o ancora la rinuncia al mantenimento (alimenti a parte). E la rinuncia a una parte dell’eredità, le intese verso terzi (se vado a convivere con un’altra persona rinuncio all’assegno), l’uso del cognome maritale, la liberazione dal dovere di coabitare. Viceversa, convivere con un altro non è una colpa che preveda una somma risarcitoria non prevista. Non sono ammesse clausole che “sopprimano la libertà fisica e affettiva di ciascuno”. Gian Ettore Gassani, presidente dell’Associazione Nazionale Matrimonialisti, prevede che «occorrano lunghe trattative tecniche, anche molto raffinate, per non togliere ai diritti coniugali alcune parti e consentire agli italiani dei patti che non assomiglino a quelli all’americana e dunque preservino il coniuge più debole dalle costrizioni di quello più forte. Purtroppo il matrimonio non è considerato un contratto nella legge italiana, ed è proprio questa caratteristica a rendere più difficile ogni modifica». Resta da sperare che se i patti prematrimoniali diventeranno legge, le liti divorzili diventeranno più pacate.