venerdì 3 aprile 2015

La Stampa 3.4.15
Un italiano su due dichiara meno di 15 mila euro l’anno
Anche nel 2013 gli imprenditori denunciano meno dei dipendenti
Solo 30 mila i “Paperoni” con un reddito superiore a 300 mila euro
di Luigi Grassia


Gli italiani sono un popolo di poveri. Lo certifica il ministero del Tesoro sulla base delle dichiarazioni dei redditi. E questo di certo fotografa una situazione reale, dopo anni di crisi. Ma di fronte a certi numeri si rafforza il sospetto che le statistiche siano falsate da un enorme fenomeno di evasione fiscale. I numeri ufficiali dicono che nella fascia di contribuenti fino a 15.000 euro si colloca il 46% degli italiani, e questo 46% sommato arriva appena a dichiarare il 5% dell’Irpef complessiva nazionale. Fra i 15.000 e i 50.000 euro si posiziona un altro 49% mentre solo il 5% dei dichiara più di 50.000 euro. E i “Paperoni” sopra i 300 mila euro sono appena 30.000, cioè lo 0,07% dei contribuenti. Difficile credere che siano davvero così pochi.
Contributo di solidarietà
Comunque questi pochi sono tenuti a versare il contributo di solidarietà del 3% sulla parte di reddito eccedente tale soglia, per un ammontare complessivo di 252 milioni di euro, circa 8.700 euro a testa in media. Gli evasori non pagano neanche questo.
Un altro dato che sorprende è che gli imprenditori nel 2014 (per l’anno 2013) hanno dichiarano un reddito medio Irpef di 17.650 euro, nettamente inferiore a quello dei lavoratori dipendenti, che in media ne portano a casa 20.600. Da notare che la cifra dichiarata dagli imprenditori è appena superiore (un migliaio di euro) a quella del pensionato medio, che non naviga nell’oro con 16.280 euro. La categoria più ricca è quella dei lavoratori autonomi, con 35.660 euro, mentre in fondo alla classifica figurano i redditi da partecipazione in società di persone ed assimilate con 15.670 euro. Un altro dato che colpisce è che i redditi da lavoro dipendente e da pensione, secondo il ministero dell’Economia, superano l’82% del reddito complessivo dichiarato (pari a 811 miliardi). In particolare il monte-pensioni supera per la prima volta il 30% del totale dei redditi nazionali.
Spiegazione parziale
Per spiegare almeno in parte queste stranezze, il ministero dell’Economia ricorda che «la quasi totalità dei redditi da capitale è soggetta a tassazione sostitutiva e non rientra pertanto nell’Irpef»; questo ne abbassa il contributo. Inoltre con il termine imprenditori nelle dichiarazioni Irpef «si intendono i titolari di ditte individuali, escludendo pertanto chi esercita attività economica in forma societaria». La definizione di imprenditore «non può essere assunta come sinonimo di datore di lavoro in quanto la gran parte delle ditte individuali non ha personale alle proprie dipendenze».
Il confronto con l’anno d’imposta precedente mostra una crescita del reddito totale da pensione (+2%) in linea con quanto osservato negli anni precedenti. Diminuiscono invece i redditi totali da lavoro dipendente (-0,1%), d’impresa (-2,2%), da lavoro autonomo (-1,2%) e da partecipazione (-3,6%). Quanto al reddito da fabbricati, spicca la voce dell’imponibile della cedolare secca, che è cresciuto del 26%.