domenica 26 aprile 2015

La Stampa 26.4.15
Il Segretario generale delle Nazioni Unite
Ban Ki-moon: asilo a chi fugge dalle guerre, tutti si impegnino
“Libia, sbagliato colpire i barconi. Aiutiamo i profughi”
Asilo a chi fugge dalle guerre, gli Stati collaborino
I viaggi di quella gente sono carichi di rischi, inclusi le discriminazioni, le violenze e gli sfruttamenti: non esiste una soluzione militare alla tragedia umana che sta avvenendo nel Mediterraneo
Al dialogo non c’è alternativa
intervista di Paolo Mastrolilli


«Non esiste una soluzione militare alla tragedia umana che sta avvenendo nel Mediterraneo». È il primo messaggio che il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, manda all’Italia e all’Europa, che pensano di bombardare i barconi in partenza dalla Libia. Il secondo, in questa intervista alla vigilia della visita a Roma, che lo porterà domani dal premier Renzi e martedì da papa Francesco, è diretto invece ai Paesi che frenano sull’accoglienza: «Sono cruciali canali legali e regolari di immigrazione».
Al Consiglio europeo di giovedì sono state varate alcune misure per affrontare la crisi dei migranti, e l’Italia vorrebbe distruggere i barconi prima della partenza. L’Onu è pronta a dare l’autorizzazione legale per simili azioni?
«Sono a conoscenza di queste notizie, ma tale dibattito sottolinea come il Mediterraneo stia diventando rapidamente una mare di miseria per migliaia di migranti, e l’urgenza di affrontare la loro situazione disperata. Il focus principale delle Nazioni Unite è la sicurezza e la protezione dei diritti umani dei migranti e di coloro che chiedono asilo. È cruciale che la concentrazione di tutti sia su salvare le vite, inclusa l’area libica delle operazioni di ricerca e soccorso, che è quella da cui vengono la maggioranza delle richieste di aiuto. La sfida non riguarda solo il miglioramento dei soccorsi e dell’accesso alla protezione, ma anche assicurare il diritto all’asilo del crescente numero di persone che in tutto il mondo scappano dalla guerra e cercano rifugio. I loro viaggi sono carichi di rischi, inclusa la discriminazione, la violenza e lo sfruttamento, e hanno bisogno della nostra protezione nella loro ora di maggior necessità. Non c’è una soluzione militare alla tragedia umana che sta avvenendo nel Mediterraneo. È cruciale un approccio complessivo che guardi alla radice delle cause, alla sicurezza e ai diritti umani dei migranti e dei rifugiati, così come avere canali legali e regolari di immigrazione. Le Nazioni Unite sono pronte a collaborare con i nostri partner europei a questo fine. Ho preso nota delle recenti discussioni su tali temi avvenute nell’Unione Europea. L’intero sistema dell’Onu è pronto a fornire assistenza».
Lei ha detto al premier Renzi che il problema dei migranti è una responsabilità condivisa, ma alcuni Paesi europei resistono all’idea di ospitarli. Cosa possono fare l’Onu e i suoi Paesi membri per aiutare a trovare una soluzione nelle regioni più colpite, in termini di sicurezza, assistenza e sviluppo?
«Con oltre 1.700 morti e quasi 40.000 attraversamenti nel Mediterraneo, solo durante i primi quattro mesi del 2015, la dimensione di questa sfida richiede una risposta globale collettiva e onnicomprensiva. Io credo fortemente che la comunità internazionale abbia una responsabilità condivisa per assicurare la protezione dei migranti e dei rifugiati, che compiono un terribile viaggio attraverso il Mediterraneo. Le misure annunciate di recente in Lussemburgo e a Bruxelles sono un importante primo passo verso un’azione collettiva europea. Questo è l’unico approccio che può funzionare, per un problema di natura così ampia e transnazionale, e per prevenire che simili tragedie si ripetano nel futuro. Il prossimo passo sarà tradurre le misure in impegni concreti. Alla fine, il test non sarà tanto se vedremo la fine delle morti in mare, quanto un efficace accesso alla protezione in Europa. Sono critici un approccio complessivo che guardi alle radici delle cause, la sicurezza e i diritti umani di migranti e rifugiati, così come i canali legali e regolari di immigrazione. Il sistema dell’Onu è pronto a lavorare collaborativamente con i partner europei, e con altri Paesi in tutto il mondo, per affrontare le cause profonde di questi movimenti».
La stabilità in Libia sarebbe il primo passo per fermare insieme il traffico di esseri umani, e gruppi terroristici come l’Isis. La mediazione dell’inviato dell’Onu Bernardino Leon è ancora l’opzione migliore per centrare questo obiettivo? Come sta procedendo il negoziato e quando avremo qualche risultato?
«Sono molto preoccupato per l’instabilità in Libia. Anni dopo la rivoluzione, il processo di transizione resta ancora appeso, e i civili stanno subendo l’urto delle violenze. Io credo fortemente che non ci siano alternative al dialogo. Il mio Rappresentante speciale, Bernardino Leon, e la sua squadra continuano a lavorare in maniera instancabile con le parti libiche coinvolte, per aiutarle ad arrivare insieme ad uno spirito di compromesso. Gli atti di terrorismo e di estremismo sono un duro richiamo al fatto che una soluzione politica all’attuale crisi va trovata rapidamente, per ripristinare pace e stabilità. Le istituzioni statali devono essere rafforzate per fermare questi atti di violenza e risparmiare al popolo libico altri spargimenti di sangue e conflitti».
A Roma incontrerà papa Francesco, con cui discuterà anche di ambiente, che ha un impatto su sviluppo, sicurezza alimentare e stabilità. Quali sono le possibilità che si arrivi ad un accordo in dicembre alla Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, e quale appello vuole lanciare ai paesi che ancora frenano?
«Sono ottimista che i governi raggiungano un accordo. Però ci sono ancora alcuni ostacoli significativi da superare, e quindi ogni Paese deve fare la sua parte per trovare una soluzione accettabile per tutti. I leader tuttavia ora capiscono quanto sia in gioco, e quanto le loro economie potrebbero trarre beneficio da un’intesa globale, che mandi il giusto segnale per una forte crescita e prosperità con basse emissioni di carbonio. Sono sempre più gli amministratori di aziende, le città e i cittadini in tutto il mondo che stanno agendo. Ha senso economico. E da una prospettiva morale e religiosa. La cosa giusta da fare, per proteggere la gente e il nostro pianeta. Richiamo tutte le parti, specialmente le maggiori economie, a presentare ambiziosi impegni nazionali (INDCs) entro giugno. Sono anche ansioso di lavorare con i governi di Perù e Francia sulla Lima-Paris Action Agenda, che punta a catalizzare l’azione sui cambiamenti climatici per aumentare ulteriormente le ambizioni prima del 2020 e sostenere l’intesa di Parigi. Dobbiamo poi assicurare che i finanziamenti necessari per l’azione sul clima siano presenti prima di andare alla Conferenza in Francia. I negoziatori devono trovare opzioni che possano aprire la strada per raggiungere un accordo a dicembre».