giovedì 23 aprile 2015

La Stampa 23.4.15
Il nuovo Letta torna e cambia passo
“Renzi racconta un’Italia che non c’è”
Prime mosse dell’ex premier che si propone come leader alternativo
di Fabio Martini


È tornato ed è tutto un altro Letta. Quella di prima si era messo a parlare come Arnaldo Forlani, quello di ora è diventato tagliente, sgancia battute concepite per «bucare» lo schermo. La metamorfosi di un uomo che ha riflettuto sui propri errori. Dopo aver rimuginato per un anno e due mesi sulle ragioni della sua dura sconfitta politica, Enrico Letta - tanto per cominciare - ha deciso di dismettere il suo lessico impalpabile e ieri, intervistato da Giovanni Minoli a Radio 24, si è «permesso» di dire: «Renzi racconta un Paese che non c’è? È una fase in cui la percezione delle cose vale più del reale, aiuta a star meglio? Io cerco di dare un contributo perché non sia un tempo in cui la percezione conta più della realtà. Non aiuta a stare meglio, è metadone».
Per più di un anno, Letta ha riflettuto, in silenzio, sullo scacco subito da Renzi, dopodiché nel giro di tre giorni - parlando in tv, pubblicando un libro-manifesto, rilasciando due importanti interviste - ha fatto capire di essere disponibile a diventare il punto di riferimento di tutti coloro - nella società prima che nel Palazzo - che vogliono contrastare la leadership di Renzi. Un progetto da costruire passo dopo passo, con un traguardo che Letta non confesserebbe neanche ai parenti: le Primarie Pd della primavera del 2017. Una disponibilità a diventare il capofila di un progetto che Letta offre con un piglio, ma anche con un progetto completamente differente da quello coltivato per anni e che si era dipanato lungo un triangolo fisso: solida competenza costruita sempre all’ombra di un leader; costruzione di una corrente lettiana; messaggi tutti indirizzati all’interno del Palazzo.
Ora Letta ha deciso di cambiare. Lo ha scritto nel libro appena uscito, «Andare insieme, andare lontano», che consente di capire quanto sia riduttivo l’asse Letta-Prodi-Bersani-sinistra Pd adombrato in questi giorni. Certo, Letta mantiene ottimi rapporti con Romano Prodi, negli ultimi mesi si è più volte sentito con lui e anche ieri ha indicato il Professore come il miglior mediatore possibile per il conflitto tra le tribù libiche. Ma con la politica Prodi ha finito, come ha detto lui stesso ieri a Bologna: «Io appartengo ai nonni della Repubblica, sono fuori da ogni possibilità di avere una vita politica futura, continuo ad essere nel magazzino rottami». Letta mantiene un ottimo rapporto personale con Bersani, eppure, anche se dice che «nel Jobs act le tutele non sono sufficienti», non immagina certo un asse esclusivo con la sinistra Pd. Come è scritto nel suo libro, stavolta Letta scommette su un orizzonte più arioso di quello di partito, punta ai «corpi intermedi» (senza risparmiare bacchettate ai sindacati sulla vicenda Alitalia), elogia la democrazia diretta dei Cinque Stelle. Un Letta a tutto campo, che - esattamente come Renzi - guarda a sinistra e al centro. Portando in dote virtù che reputa carenti nell’altro: competenza, riforme fatte bene, linguaggio chiaro e non illusorio davanti all’opinione pubblica.