venerdì 24 aprile 2015

Il Sole 24.4.15
La montagna ha partorito il topolino
Si aumentano i mezzi ma non cambiano gli obiettivi
di Vittorio Emanuele Parsi


La montagna ha partorito il topolino. La triplicazione dei fondi per la missione Triton, senza che la sua natura sia cambiata in una missione “anche” di assistenza ai migranti e di caccia agli scafisti, oltre che di sorveglianza delle acque dell’Unione, significa fingere di avere cambiato politica. Offerta di fornire navi da parte di Gran Bretagna, Germania, Spagna e Croazia, tra gli altri, ma nessuna disponibilità a farsi carico dei profughi salvati, che resteranno sul gobbo di Italia, Grecia e Malta. Un «mandato esplorativo per iniziare subito la preparazione di un’eventuale operazione Pesd» affidato al Commissario Federica Mogherini per coprire – perché questa è la sostanza – la mancanza di unità di vedute da parte dei governi dell’Unione. In tempi in cui le “narrative” e lo “story telling” prendono il posto dei provvedimenti concreti, dovremmo forse dirci soddisfatti, e qualcuno lo fa. Eppure erano story telling e narrativa anche la girandola di sciocchezze circolate in questi giorni, i giorni tragici che hanno seguito l’ecatombe di migranti, in cui il mare si è richiuso su quasi un migliaio di loro come le acque del Nilo si chiusero sulle schiere del faraone all’inseguimento di Mosè e del suo popolo… Ma questi disgraziati inseguivano al più un sogno, quello di un avvenire migliore: erano loro il popolo in fuga verso una terra promessa ma evidentemente la realtà è diversa dai racconti, compresi quelli dei testi sacri.
Si è parlato, nei giorni scorsi, di bombardamento dei barconi da parte di droni, di blocchi navali, di corridoi umanitari, di enclave protette. Parole in libertà. Nessuna di queste iniziative era ed è praticabile in assenza di un commitment politico forte e concreto da parte dei governi nazionali. E di per sé, erano sostanzialmente rimedi persino peggiori dei mali che intendevano curare. L’Unione rinforza lo strumento, ovvero il mezzo, perché è incapace di cambiare l’obiettivo, cioè il fine, che dovrebbe perseguire. Se il vertice voleva fornire una risposta forte e immediata ai nuovi schiavisti, questa è stata: andate avanti indisturbati. Come sia possibile passare dall’idea (naif) di bombardare i barconi e togliere dalle mani degli schiavisti il loro turpe mercato alla preparazione di un documento da sottoporre alla Commissione entro giugno (sic) e pretendere di parlare di successo va, francamente, al di là dell’immaginabile. Un piano simile venne presentato nel 2013 e portò al varo di Triton, tanto per intenderci. Mentre nel Mediterraneo le persone affogano, a Bruxelles le misure rischiano di finire insabbiate nel pantano delle burocrazie e dello scaricabarile politico. Ancora una volta i “mai più” si sono sprecati, così come le affermazioni indignate.
Ma per una volta l’errore maggiore non è stato quello dell’inconcludenza del Vertice di Bruxelles, ma l’aver lasciato intendere che esistessero misure efficaci e politicamente adottabili per far fronte alla situazione emergenziale. Questo era semplicemente non vero. Era solo una risposta per “trattare” la reazione emotiva dell’opinione pubblica di fronte all’orrore della strage. E nel farlo sono state avanzate ipotesi semplicistiche, tutte impraticabili perché violavano il diritto internazionale (blocchi navali, bombardamenti, enclave), perché erano impraticabili in assenza di una richiesta da parte delle autorità libiche (quali?), perché non consideravano le circostanze e gli equilibri politici internazionali di questa fase storica (la tensione tra Russia e Occidente), perché, infine, avrebbero esposto a rischi enormi il personale militare impiegato.
La lezione che portiamo a casa, quindi, non è tanto e solo quella della divisione e dell’ignavia europea ma, purtroppo, quella del pressappochismo e della difficoltà dell’Italia a tessere coalizioni intorno ai propri legittimi interessi nazionali: persino quando questi sono assistiti da ottime ragioni di carattere umanitario. Sul dossier libico, né il semestre di presidenza europeo né il tributo di sangue di queste settimane sono riusciti a consentirci di spostare dalla nostra parte un numero sufficiente di consensi tale da riuscire per davvero ad europeizzarlo.