il Fatto 7.4.15
Addio a Giovanni Berlinguer
“C’è il pericolo di essere travolti dalla corruzione come Dc e Psi”
di Giovanni Berlinguer
Il 17 novembre 2001, Piero Fassino vince il Congresso dei Ds. Il candidato della minoranza di sinistra, il cosiddetto Correntone, incassa però un inaspettato 34 per cento: è Giovanni Berlinguer, fratello di Enrico, morto ieri a 90 anni. Il suo intervento a Pesaro è una contro-relazione interrotta 27 volte dagli applausi. E, alla fine, tutto il Congresso si alza in piedi. Pubblichiamo un estratto dei passaggi più significativi del discorso.
Il nostro partito, i Democratici di sinistra, è un corpo sano, anche se invecchiato. Corriamo grandi rischi se non saremo capaci di evitare anomalie e forzature come quelle verificate nel tesseramento e nelle votazioni congressuali. Questi fenomeni, seppur limitati, vanno corretti subito. Il rischio è quello di compiere il primo passo verso quella corruzione che in passato ha già travolto Democrazia cristiana e Partito socialista italiano.
Il governo Berlusconi rappresenta il rovesciamento della democrazia liberale, perché tende sempre più a sfumare la separazione dei poteri e anche ad abbassare il livello della moralità pubblica. La politica oggi guarda agli interessi di pochi e permette agli imputati di farsi le leggi. Non solo, la politica mette in discussione conquiste che sembravano solide come quella della ipotizzata abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, abolizione che ci spingerebbe indietro di un secolo, a quando i braccianti aspettavano chiamata, per mano dei caporali e ci allontanerebbe dall’Europa che dice sì alla contrattazione collettiva.
Sulla scelta riformista dei Ds tra noi non c’è dissenso. La differenza non è tra chi è riformista e chi non lo è, ma su quale partito e quale linea mettere in campo. Nessuno, infatti, qui pensa di sostituire questa società con un’altra magari basata su ideologie totalizzanti, ma il segretario Fassino sbaglia quando fa riferimento alla creazione di una forza unica del riformismo socialista, perché una revisione delle radici storiche di questo partito è compito degli storici e non dei politici. Il primo a dire che noi eravamo parte integrante del socialismo europeo fu Alessandro Natta. Da allora per troppi anni è stato solo ripetuto, per troppi anni siamo stati lì a questuare riconoscimenti, a offrire il sangue per la verifica del Dna socialista dei Ds, tanto da rischiare di diventare anemici. Visto che siamo a Pesaro, città natale di Rossini, vi dico che non basta solo parlare di riformismo, altrimenti si rischia di dover dire come lui davanti a una nuova opera che un giovane gli proponeva: c’è del bello e del nuovo, ma ciò che è bello non è nuovo e ciò che è nuovo non è bello.