venerdì 3 aprile 2015

Corriere 3.4.15
Statali, la battaglia degli stipendi «Tagli ai salari con la mobilità»
I sindacati: no alla riduzione d’ufficio. Il ministro Madia: «Non perderanno un euro»
di Francesco Di Frischia


ROMA Tagli ai salari degli statali. D’ufficio. Per i sindacati della Funzione pubblica, ricevuti ieri al ministero di Marianna Madia, sarebbe questa la conseguenza dell’applicazione delle tabelle di equiparazione che dovranno servire per attuare la mobilità tra le varie amministrazioni: dai ministeri agli enti locali, a partire dalle Province. Le tabelle, che sono state presentate ieri ai sindacati, saranno inserite in un decreto del presidente del Consiglio. I sindacati hanno circa 15 giorni per fare osservazioni.
Ma la modalità adoperata dal governo ha sollevato un coro di critiche: «Intanto — spiegano Rossana Dettori (Cgil), Giovanni Faverin (Cisl) Giovanni Torluccio e Benedetto Attili (Uil) — si considerano solo gli stipendi tabellari e non il salario accessorio che serve a sostenere la produttività». Il salario accessorio vale oggi il 20-40% del trattamento economico. «Tabelle di equiparazione, inquadramento e salario accessorio sono materie contrattuali e non è accettabile la logica del prendere o lasciare» sostengono i sindacati. «E poi non c’è niente su profili, competenze e qualifiche. Niente sulle indennità specifiche che caratterizzano le 580 professioni del pubblico. L’unica cosa certa è che si rischia di innescare il contenzioso giuridico».
In serata Marianna Madia spiega: «A chi verrà chiesto di valorizzare la propria professionalità in una diversa amministrazione non sarà tolto neanche un euro di stipendio o di pensione». Sono stati fissati «due principi — prosegue —: l’assegno ad personam e la facoltà di optare per il regime previdenziale di provenienza». Di che si tratta? Un esempio: al lavoratore che nel precedente posto di lavoro avesse guadagnato 1.500 euro e che con la nuova attività ne percepisse solo 1.450 verrebbe dato un assegno integrativo di 50 euro. Nei successivi rinnovi contrattuali eventuali aumenti sarebbero scalati da quell’assegno. Un meccanismo che per i sindacati è di fatto un blocco dei salari.
Intanto ieri la Conferenza delle Regioni ha affrontato il tema del personale delle Province che dovrebbe passare alle loro dipendenze. Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza, batte cassa all’esecutivo: «Siamo disponibili a fare la nostra parte, ma è necessario che l’esecutivo renda disponibili le risorse necessarie» quantificate in «centinaia di milioni». Più secco il collega del Veneto, Luca Zaia: «Lo Stato non può fare le leggi senza i soldi e io, pur volendo, non ho le risorse per assumerli in Regione». Anche per il governatore della Campania, Stefano Caldoro, il governo «deve assicurare le risorse». Per Gianclaudio Bressa, sottosegretario agli Affari regionali, si tratta di «inutili e infondate polemiche». Angelo Rughetti, sottosegretario alla Pa, riferendosi alle Regioni che si sono appellate alla Consulta sulle legge Delrio (e hanno perso), taglia corto: «La priorità sono i servizi, non i furbetti del ricorsino».