domenica 19 aprile 2015

Corriere 19.4.15
Europa e radici cristiane. La battaglia della Chiesa
risponde Sergio Romano

Ci vuole ricordare perché non è passata la richiesta di inserire le radici cristiane nella Costituzione Europea? Chi si è opposto e con quali ragioni? Si tratta di un argomento chiuso per sempre, oppure si può riprendere?
Luisa Passalacqua

Cara Signora,
La discussione sul tema delle radici cristiane dell’Europa fu ispirata in buona parte dalle pressioni della Chiesa romana. Giovanni Paolo II aveva salutato il crollo del sistema sovietico come una vittoria della cristianità sul comunismo e desiderava che il testo della Costituzione europea lo affermasse implicitamente sin dalle sue prime righe. Credo che quella interpretazione fosse dettata dalla sua storia personale di sacerdote polacco piuttosto che da una spassionata analisi degli eventi.
Quando fu deciso che il progetto per la Carta dell’Europa sarebbe stato affidato a una Convenzione presieduta da Valéry Giscard d’Estaing, fu subito evidente che il desiderio del Papa si sarebbe scontrato con molte resistenze. La storia d’Europa, soprattutto nei primi secoli dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, è anche storia della Chiesa e della sua missione. Ma nella configurazione dell’Europa, quale si è andata progressivamente delineando con il passare del tempo, esistono molti altri ingredienti: il lungo duello fra i papi e gli imperatori, la Riforma protestante, l’Illuminismo scozzese e francese, la nascita degli Stati nazionali (spesso contro la volontà della Chiesa), il Risorgimento ebraico fra Ottocento e Novecento, la rivoluzione industriale, il marxismo con tutti i suoi figli e nipoti, la progressiva secolarizzazione delle società europee e più recentemente l’ingresso in Europa di un gran numero di persone provenienti da Paesi musulmani. A chi insisteva perché il preambolo della Costituzione contenesse un cenno alle «radici cristiane» fu facile rispondere che la Carta avrebbe meglio rispecchiato la realtà dell’Europa moderna se avesse evitato di privilegiare una componente rispetto ad altre. Il risultato di questo dibattito è un preambolo in cui si parla delle «eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto».
Aggiungo, cara Signora, che una costituzione è tanto più efficace quanto più evita le declamazioni astratte e retoriche. La Carta deve definire i diritti e i doveri, descrivere la divisione dei poteri con la maggiore chiarezza possibile, fissare le regole con cui si devono affrontare le crisi, formare i governi e garantire la regolare trasmissione dei poteri da un governo all’altro. Il resto è quasi sempre superfluo o condannato a essere ignorato.