venerdì 10 aprile 2015

Corriere 10.4.15
Boschi gela la minoranza pd su Italicum e candidature
Al Senato allarme assenze
di Dino Martirano


ROMA «La fiducia sull’Italicum? Tecnicamente si può fare, è stato già fatto, ma è prematuro parlarne perché lavoriamo per evitare il voto di fiducia che poi è l’extrema ratio. Perché se non ha i voti il governo va a casa e, a volte, è coinciso che andasse a casa pure il Parlamento se non c’era un’altra maggioranza».
Non poteva essere più chiara il ministro Maria Elena Boschi davanti agli studenti della Luiss. Tanto per intendersi: se il governo Renzi dovesse davvero porre la fiducia sull’ultimo passaggio in Aula dell’Italicum blindato (dal 27 aprile alla Camera), spazzerebbe via emendamenti, voti segreti, minoranze del Pd e opposizioni. Prendere o lasciare. Con l’unica pecca (per il governo) di un secondo voto senza fiducia sul testo che nei numeri metterebbe a nudo malumori nella maggioranza e rabbia delle opposizioni: «Sulla fiducia Renzi farebbe come Mussolini nel ‘23», tuona il grillino Toninelli.
Eppure a sentire il ministro Boschi, intervistata alla Luiss dal professor Roberto D’Alimonte che l’Italicum ha contribuito a plasmare, la partita è quasi chiusa: «Non esiste una legge perfetta ma c’è molto da andare fieri dell’Italicum. Poco male se in Europa non hanno nulla del genere: vuol dire che noi siamo bravi a proporre un modello italiano che, magari, qualcuno ci copierà». Rispondendo a D’Alimonte che cita il fondo di Antonio Polito sul Corriere , Boschi replica educatamente ma con durezza davanti all’immagine di una legge che genera «un gigante con tanti cespugli» oggi ad uso del Pd (e domani chissà di chi). Allora, meglio elencare i «pregi» della legge: «Governabilità, cautela nel premio, no a coalizioni raffazzonate, partiti più coesi, parità di genere».
Mercoledì 15, alla vigilia dei primi voti in Commissione, Renzi parlerà ai suoi deputati sull’«Italicum blindato». Ma il pd D’Attorre già cavalca la linea dura: «È molto grave che il ministro non abbia escluso la fiducia. Noi non faremo passi indietro in commissione se il governo non esclude la fiducia. Non mi dimetto dalla commissione, vado via solo se il gruppo me lo ordina...».
Boschi però manda i suoi messaggi ambivalenti ai ribelli del Pd: «Quando noi renziani eravamo minoranza, il 40%, Bersani ci concesse 14 posti in lista dei 120 tenuti fuori dalla primarie. Bene, nel 2018, quando si voterà, il segretario, che io auspico sia sempre Renzi, deciderà con gli organismi del partito anche come si formano le liste per le preferenze». A FI il ministro dice che «sarà difficile sostenere il voto favorevole al Senato e quello contrario alla Camera». Una frase che non è piaciuta a Brunetta: «La signora Boschi faccia bene i conti, stavolta deve cavarsela da sola. Auguri». A proposito di numeri il capogruppo Zanda, ha scritto ai senatori dem che hanno accumulato ritardi e assenze: «Se il gruppo del Senato perde tensione la legislatura è a rischio».