La sinistra rompe gli ormeggi e naviga
Giordano: «Patto d'unità d'azione subito»
di Rina Gagliardi
Nasce "Sinistra democratica" che raccoglie tutti coloro che hanno rotto col Pd. L'assemblea costituitiva si è tenuta ieri sera all'Eur in un clima incredibile di entusiasmo, di unità e di svolta. I discorsi di Mussi, Angius e Berlinguer di fronte a 4mila persone e a tutti i dirigenti dei partiti di sinistra
Ci sono eventi politici così annunciati e così attesi, che quasi si esauriscono nell'annuncio e nell'attesa. Ma ieri, al "vecchio" Palazzo dei Congressi dell'Eur (che nella sua vita ne ha viste tante), l'evento c'è stato davvero: un fiume inarrestabile di persone di tutte le età ha trasformato l'assemblea promossa dalla (ex) sinistra Ds in una fragrante novità politica. Un successo superiore a tutte le previsioni: così la nascita del movimento politico "Sinistra Democratica per il socialismo europeo". Vecchi e nuovi militanti "ingraiani", sindacalisti, ragazzine e ragazzini al loro primo appuntamento con le scelte che contano - e tanti ospiti esterni di Rifondazione, Pdci, Sinistra europea, Ars, Uniti a sinistra, in un felice cocktail di popolo e di ceti politici dirigenti - che sorridevano allegramente e respiravano un clima da nuovo inizio: allegro, speranzoso, liberatorio.
Liberati da che cosa? Dalle sofferenze politiche di questi mesi. Dalla paura di non farcela nemmeno a cominciare, e di rimanere stritolati nella morsa tra moderatismo e sinistra di nicchia. Ma anche un po' dalla "gabbie" in cui per troppi anni la politica - e la sinistra - sono rimaste imprigionate. Cosicché l'allegria (complice anche un sole quasi sfolgorante e la battente colonna sonora rockettara) contagiava tutti, ma proprio tutti, costruiva curiosi effetti di piazzamento - eravamo tutti dentro l'assemblea, proprio come se fosse la nostra- e diffondeva a profusione baci e abbracci. Memorabile quello, verso l'inizio, tra Cesare Salvi e Achille Occhetto, salutato dai flash e da un frenetico applauso delle prime file: una specie di ritorno a casa del figliol prodigo, quello dell'ex-segretario del Pci, quello che il Pci, per la verità, lo sciolse tre lustri abbondanti fa invocando, anche lui, un "nuovo inizio".
Si sa, gli orologi della storia girano a loro modo, senza regole certe o fisse - e capita che, dopo lunghe e frenetiche girandole, ci si ritrova quasi allo stesso punto di partenza. Nel frattempo, però, quasi tutto intorno è cambiato: il ricominciamento, almeno qui, è reale, non rituale, perché è proiettato in avanti, sul futuro e del passato conserva, si sforza di conservare, il meglio - la memoria, i canti di Bella Ciao e dell'Internazionale, l'antifascismo, la pace, la critica radicale del liberismo, i valori fondativi di ciò che va sotto il nome di sinistra «Non sono sicuro del successo. Non so se ce la faremo - dice Fabio Mussi, nell'intervento più corposo (e galvanizzante) dell'assemblea - ma dobbiamo provarci».
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Provare a fare che cosa? Per che cosa? Verso dove? Per "Sinistra Democratica" la risposta a queste domande sarà per forza in progress e il pur ricco dibattito che ha impegnato quasi tutto il pomeriggio di sabato non poteva chiarire tutto, compresi gli accenti diversi, i dubbi non sciolti, i problemi culturali e "identitari" di sfondo. Del resto, ogni nuovo movimento politico, per costituirsi e "conoscersi", ha bisogno di tempo, di fatti, di iniziative da dispiegare e di "rispetto" da guadagnare, come ha detto Valdo Spini in un intervento che ha fatto da rompighiaccio (mentre Cesare Salvi, prossimo presidente del neo-gruppo dei dodici senatori della Sd, ha preferito ritagliarsi un ruolo tra il disc-jockey e l'imbonitore di entusiasmo).In più, e soprattutto, questo nuovo movimento nasce in un contesto affatto speciale, pressoché storico, e con una responsabilità immediata che, da subito, lo trascende, lo costringe a misurarsi, in tempi accelerati, con il fuori da sé: con lo smisurato compito di essere uno dei co-ricostruttori della sinistra italiana. Ed ecco, di nuovo, la paura di non farcela - ed ecco, di nuovo, quel paio di dilemmi che, al di là della giornata di festa, corrono "sotto" i sorrisi e le speranze di ciascuno, un po' come ospiti indesiderati, un po' come convitati di pietra.
Il primo, di questi dilemmi, si presenta nella forma di una contraddizione che vale per Sd come per tutte le forze interessate: quella tra i tempi, che vanno urgendo e ponendosi nei fatti come "accelerandi", e la qualità - l'efficacia stessa - dell'impresa da edificare. In tempi brevi, è evidente, si rischiano le ammucchiate, le pure fusioni di vertice e tra ceti politici, le logiche dei cartelli elettorali e dei contenitori - e non si riesce a farlo davvero, nei gangli vitali della società civile, quel nuovo inizio non solo della sinistra, ma della politica tout court che tutti avvertono come necessario. In tempi lunghi, è altrettanto evidente, si rischia di mancare l'appuntamento, di perdere l'autobus, di mortificare una domanda di massa vera, diffusa, "impaziente" - insomma, di rialimentare la frammentazione e rinfocolare tutte le (legittime) identità.
Insomma, quando è il momento "giusto" per osare, per far esplodere quello che qualcuno ieri ha correttamente definito il big bang necessario della sinistra italiana? Intanto, si può soltanto dire che, dopo questa assemblea, a questo big bang si è un po' più vicini - in alto e in basso, come ha scritto Giovanni Russo Spena proprio su questo giornale. (che, tra parentesi, ieri, grazie alla decisione di una promozione straordinaria, ha circolato massicciamente tra tutti i partecipanti all'evento - quasi tutti avevano in mano una copia di Liberazione , come un distintivo, un riferimento comune, un marchio. Bello, no?).
Il secondo dilemma, strettamente intrecciato con il come, è il dove - il dove dell'inveramento politico-pratico delle parole d'ordine che per ora il movimento si è dato. Ascoltando il pur efficace intervento di Gavino Angius (sui diritti, il lavoro, la laicità), si capisce che il leader di quella che fu la terza mozione del congresso di Firenze pensa a un processo un po' diverso da quello tratteggiato da Mussi e dagli altri dirigenti dell'ex-Correntone: pensa cioè alla Costituente socialista lanciata da Boselli (Sdi), e infatti richiama più volte «l'orgoglio socialista» come componente ineludibile del processo da costruire. E guarda al socialismo europeo più come alla realtà attuale del Pse (e delle socialdemocrazie che vi aderiscono) che come a un riferimento in qualche modo originario, ideale, strategico.
E' pur vero che Fabio Mussi si è rivolto, anch'egli, a tutta la platea dei possibili interlocutori di Sd, senza escludere nessuno. E che i leader delle forze non-Pd, al palazzo dei Congressi, c'erano tutti - Franco Giordano, Oliviero Diliberto, Angelo Bonelli, ma anche Rita Bernardini, la segretaria radicale, Enrico Boselli, Lanfranco Turci, Willer Bordon. E tuttavia la differenza di approccio, di toni, di linguaggio - di percorsi tattici e forse strategici - restava evidente, anche se non nominata e non declinata.
Curioso paradosso: chi oggi privilegia un cammino socialista più tradizionale, molto radicale sui temi della laicità e dei diritti civili, assai meno radicale sulle questioni di politica estera ed economico-sociale, finisce col privilegiare un'identità molto, molto ideologica. Appunto: l'orgoglio socialista, il socialismo europeo che si esaurisce o quasi si arrocca nel Pse, la paura, chissà, di venire ingoiati dalla radicalità neo-comunista e neo-minoritaria. Ma se, nel cantiere che si apre, il lavoro (immane) da fare cominciasse davvero dalla proclamazione degli orgogli identitari (quello dei socialisti, dei comunisti, dei rivoluzionari, dei riformisti, dei democratici tout court e così via) , sarebbe un autentico disastro - con speranze molto scarse di successo.
In questo senso, l'approccio di Mussi è apparso più forte: concentrato sui contenuti che oggi identificano l'idea e la necessità di una grande sinistra, pacifista, antimercatista, di lotta e di governo. Non "estremista", se è vero, come ha detto il Ministro dell'Università e della Ricerca, che oggi «l'estremismo è la guerra, è l'esportazione della democrazia con le armi, è la disuguaglianza spaventosa tra i guadagni di un manager e quelli degli operai e dei ricercatori, è il controllo di un'impresa attraverso la quota di una finanziaria, è il Family Day promosso dalla Chiesa Cattolica». E nemmeno tanto "riformista", ma piuttosto capace di fare le riforme giuste, nella direzione giusta, al momento giusto.
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E dunque? Dunque, per oggi gustiamoci questa importante giornata. Senza trionfalismi, ma con il piacere (intellettuale e spirituale) che va riservato agli eventi politici veri - agli ormeggi che, finalmente, si cominciano a rompere. Senza pensare che "sarà facile" , o lineare, soltanto perché è necessario, e qualche milione di persone se lo aspetta. Senza far finta di ignorare che la miseria - e le miserie - della politica svolgeranno, e come, la loro consueta funzione frenante.Le leggi della politica, del resto, hanno una propria insostenibile pesantezza, che nessuna buona volontà riesce a mettere in crisi con la rapidità che sarebbe auspicabile - per esempio, non è stato un bello spettacolo, ieri, che la sfilata dei leader (maschi) abbia occupato tutto lo spazio iniziale - l'acme dell'entusiasmo e dell'attenzione dell'assemblea - lasciando alle donne, sia alle dirigenti che alle "giovani leve", solo il momento discendente (e un mero ruolo testimoniale). Appunto, il cammino della rifondazione della politica e della rinascita della sinistra è lungo e difficile. Però, è un cammino.
Liberazione 6.5.07
Giordano: «Noi ci siamo. Ora subito l'unità d'azione»
di Romina Velchi
Il segretario del Prc: «Largamente condivisibile la piattaforma di Mussi. Ci sono le condizioni per determinare in tempi rapidi il percorso di una riaggregazione delle forze della sinistra. Questo entusiasmo è una risorsa»
Rifondazione c'è e ci sarà. Senza steccati, senza primogeniture, sgombrando il campo da qualsiasi impedimento, che sia di tipo organizzativo o ideologico. Franco Giordano è seduto in prima fila ad ascoltare Fabio Mussi al Palazzo dei congressi dell'Eur. Vede la sala piena, gli applausi, l'entusiasmo, persino i pugni alzati. E non ha dubbi: «Ora tempi rapidi. Questa partecipazione è una risorsa, non va sprecata. Dobbiamo dare subito risposte concrete. Cominciamo la prossima settimana. Cominciamo dai contenuti».
Mussi ieri ha ribadito che Sinistra democratica non sarà, per ora, un partito, ma un movimento, per lasciarsi così aperte tutte le strade. Che giudizio dai del suo intervento?
La piattaforma politico-culturale presentata da Fabio è largamente condivisibile. Ci sono tutte le condizioni per determinare in tempi rapidi il percorso di una riaggregazione delle forze di sinistra. Noi da tempo abbiamo avuto questa intuizione e vogliamo continuare a prospettarla. A maggior ragione dopo questa assise: il livello di partecipazione, il calore, la volontà di stare in campo, tutto ciò va preso come una risorsa. Anche per questo penso che dobbiamo trovare rapidamente dei punti fermi (il tempo in questo caso è decisivo), definire un patto di unità d'azione sulle questioni concrete che sono oggi sul tappeto. Le stesse che Mussi ha indicato. E mi pare che sulla proposta che ho avanzato nei giorni scorsi ci sia stata un'ampia disponibilità. Adesso si tratta di tradurla operativamente. Per parte nostra, proponiamo la platea del 16 e 17 giugno e la costruzione della Sinistra europea come luogo aperto al confronto e alla discussione tra tutti coloro che vogliono dare vita a questo soggetto unitario della sinistra. Che per me deve essere, insisto, pacifista e antiliberista.
Quando dici tempi rapidi, cosa intendi?
Intendo che la prossima settimana dovremmo incontrarci per trovare l'intesa sui punti di azione comune che diventino dirimenti sia nelle istituzioni che nella società. Vederci subito per definire appuntamenti e scadenze e incidere concretamente sul processo. E per spendere politicamente questo bisogno di unità della sinistra. Perché c'è questo bisogno, qui e ora. Perché c'è una partita aperta adesso; perché la Confindustria non vuole la redistribuzione sociale a favore dei lavoratori; perché con la nascita del Pd c'è una maggiore permeabilità del governo alle istanze confidustriali. Ora dobbiamo spendere politicamente questa forza, spenderla nel paese e nel parlamento, nelle istituzioni. E poi diffonderla a raggiera, farla nascere nelle realtà di base. Guai a permettere una logica solo verticistica.
Credi che i nodi ancora aperti, come l'appartenenza internazionale, possano costituire un ostacolo a questo percorso?
Se stiamo sui livelli identitari è finita. Rischiamo di percorrere le stesse contraddizioni e le stesse logiche, in sedicesimi, della costruzione del Partito democratico. Noi non possiamo fare gli stessi errori. Dobbiamo, invece, denifire l'orizzonte di critica alle forme attuali della globalizzazione capitalistica, definire l'impianto (che è pacifista e antiliberista) e immediatamente stare sull'utilità sociale del nuovo soggetto politico. Una cosa è un soggetto che viene costruito in maniera tale da essere percepito come utile alle lavoratrici e ai lavoratori in una vicenda come quella delle pensioni, o della lotta alla precarietà, o della qualità dello stato sociale. Altra cosa è parlare in chiave puramente identitaria. Noi non possiamo vincolarci e bloccarci sul terreno delle appartenenze ai diversi gruppi europei; dev'essere un confronto di culture. Poi nessuno deve negare le identità degli altri; io non nego la mia, che sto rifondando e che è quella comunista; Mussi non negherà la propria. Ma tutti insieme lavoriamo, confrontandoci sulla direttrice di marcia, per la critica di questa società e per un impianto pacifista e antiliberista. Questo è il punto: non lasciamoci imprigionare da contrapposizioni puramente organizzative o da collocazioni diverse sullo scenario europeo. Dobbiamo discutere e confrontarci, ma adesso facciamo immediatamente azione comune.
C'è chi pensa che nel momento in cui ci fosse una lista unitaria del Pd, a sinistra si dovrebbe fare lo stesso, magari alle europee del 2009.
Credo che questa sia la maniera più sbagliata per affrontare la questione. Ho visto che anche Liberazione insiste molto su questo punto. Io non sono d'accordo. Questo è il tempo delle azioni diffuse e unitarie; poi possiamo pensare ad una soggettività plurale, unitaria, della sinistra; ad una confederazione. Così, infatti, abbiamo definito la Sinistra europea. E credo che dovremmo via via provare ad allargare questo orizzonte. Il resto viene dopo. Guai a legare a scadenze elettorali una progettualità politica. Certo che abbiamo degli appuntamenti, ma li vedremo nel percorso concreto. Altrimenti riproponiamo gli stessi errorri del Pd. Insisto su questo punto, perché queste dinamiche rischiano di far ritardare il progetto.
Hai più volte citato la Sinistra europea. Alla luce di tutto ciò, quella proposta come si colloca?
L'intuizione della Sinistra europea da parte di Rifondazione è stata giustissima. Non può essere in alcun modo definita transitoria; al contrario, è strategica. E io sono certo che il 16 e il 17 giugno ci sarà un grandissimo evento con la costruzione della Se. E siccome questa tappa fondativa non è un punto di arrivo ma di partenza, penso che potremo avere la possibilità di fare di questo evento un'occasione straordinaria di confronto con tutti coloro che vogliono concretamente costruirla. Per essere chiari: io vedo un solo nodo che deve essere in qualche misura sciolto ed è il rapporto con i socialisti. Credo che il confronto con i socialisti sia decisivo, fondamentale e fecondo, soprattuto sul terreno della laicità. E credo che debba continuare una riflessione critica sul futuro della società italiana. Quello che non può essere accettato è una riedizione, in forme aggiornate, del processo di modellizzazione capitalistica che ha segnato la stagione craxiana e che mi pare essere rivendicata dal partito socialista. Per questo penso che bisogna dare una risposta immediata a tanto entusiasmo attraverso un agire concreto, un agire sociale; attraverso la definizione di alcuni obiettivi precisi.
Insomma: subito i contenuti, al contenitore pensiamo poi?
Subito i contenuti, subito l'unità d'azione. E dico di sì, rapidamente, alla proposta di continuare nella riorganizzazione unitaria della sinistra, nelle forme che sempre hanno caratterizzato la nostra iniziativa: i movimenti, la società, le forze politiche. Insomma, l'evento di oggi (ieri per chi legge, ndr) è di grande rilievo e importanza; per questo bisogna accelerare il processo.
L'assemblea si è aperta con le note di "Bella ciao" e "L'Internazionale"...
E' il richiamo all'antifascismo e al mondo del lavoro, dei lavoratori. Secondo me questo è un fatto di grande rilievo. Siamo nel solco giusto, anche dal punto di vista simoblico.
l’Unità 6.5.07
Nasce Sinistra democratica
Mussi: «Il mio sogno è riunire la sinistra»
di Simone Collini
«Saremo un movimento, alleati del Pd»
Angius: «Ho fatto la scelta giusta». I Ds: una prospettiva confusa
Le lacrime trattenute a stento al congresso di Firenze sono già un ricordo lontano, così come quel filo di voce con cui aveva annunciato: «Noi ci fermiamo qui». Fabio Mussi stringe mani e incassa pacche sulle spalle mentre si avvia verso il palco spoglio di bandiere ma con uno striscione, da un lato, con disegnata una rosa e la scritta: «Sempre e per sempre dalla stessa parte ci troverete».
Sorride a tutti e firma autografi, rosso in volto per la concitazione e per il caldo che fa in un Palazzo dei Congressi riempito da circa cinquemila persone.
Si parte con Bella Ciao con Cesare Salvi e Gavino Angius e gli altri ex Ds che cantano insieme a una platea entusiasta. Si chiude con l’Internazionale, con le mani che battono il tempo, qualche pugno chiuso tenuto bene in alto, qualche bandiera
rossa senza simboli che sventola. Niente lacrime questa volta, a parte la commozione che prende Giovanni Berlinguer quando viene annunciato il suo intervento e tutti scattano in piedi ad applaudire. Il clima è decisamente di festa, come deve essere in un’occasione come questa: «Oggi nasce Sinistra democratica per il socialismo europeo - scandisce al microfono Mussi - abbiate tutti cura del neonato, fatelo crescere». Guarderà al Partito democratico «come ad un alleato, non un nemico». E non sarà un altro partito, assicura il ministro dell’Università, ma «un movimento al servizio di un grande progetto, quello dell’unità della sinistra, una sinistra nuova, plurale, laica, autonoma, critica, larga e di governo». Un movimento che entro maggio si doterà di gruppi parlamentari autonomi (al momento sono 23 deputati e 12 senatori), aprirà sezioni sul territorio, si doterà di organi di informazione (probabilmente un settimanale).
L’obiettivo è coinvolgere in uno stesso cantiere lo Sdi, Rifondazione comunista, Pdci, Verdi perché, dice Mussi, «non rinunciamo al sogno di un nuovo grande partito. Ma la strada si fa un passo alla volta. Ora ripartiamo dai contenuti». I contenuti a cui fa riferimento parlano di pace, lavoro, ambiente, riforma della politica, questione morale (le uniche citazioni dell’intervento sono per Gramsci e Berlinguer), «su cui saremo radicali». E poi: «Oggi il termine radicali viene usato per dire estremisti: io vi propongo un impegno solenne contro l’estremismo. L’idea della guerra è estremista, l’idea di esportare la democrazia sulle ali dei cacciabombardieri è estremista, l’idea che un manager guadagni come 500 operai o 300 ricercatori è estremista, l’idea che i giovani siano sempre più precari e lo possano rimanere a vita è estremista, il Family Day...» e non finisce la frase perché tutta la platea esplode in sonori fischi (e non è un caso se la prima manifestazione a cui Sinistra democratica parteciperà è quella del 12 maggio a Piazza Navona).
Non sfugge a Mussi la difficoltà del progetto, per questo chiude il suo intervento confessando: «Non sono sicuro del successo, vedo gli ostacoli. Ma oggi tutti insieme sentiamo il dovere di provarci». Ed è forse questo il cuore dell’operazione. Nessuna certezza di riuscirci, ma alternative non ci sono. Gli «ostacoli» si sono visti tante volte in passato, nelle tante separazioni e nei tanti tentativi falliti di unificare le forze di sinistra divise. Ci sono però due elementi di novità questa volta: la nascita del Pd, che riduce fortemente il potere d’influenza di forze che viaggiano sotto il 3 per cento, e un clima diverso rispetto a quello di qualche tempo fa. «Adesso siamo spinti a non deludere così tante aspettative», riconosce Salvi guardando al successo dell’iniziativa di ieri.
L’entusiasmo c’è, e servirà tutto per sciogliere i nodi rimasti intatti dopo il battesimo di Sinistra democratica. Perché il rischio, a questo punto, è che i «cantieri» aperti fuori dal Pd siano due: la Costituente socialista annunciata da Enrico Boselli al congresso di Fiuggi e quello di cui ha recentemente parlato Fausto Bertinotti facendo riferimento alla necessità di fare a sinistra «massa critica». Con chi lavorerà il movimento di Mussi, Salvi, Angius? L’aut aut posto dal leader dello Sdi (un conto noi, un conto la sinistra europea) non piace agli ex diessini. «Al congresso dei Ds ho detto che non sarei uscito dal socialismo europeo ma questo non mi impedisce di compiere lo stesso cammino con Prc, Pdci e Verdi per una sinsitra unitaria», chiarisce Angius. Che si dice convinto di due cose. La prima: «Abbiamo condotto la battaglia congressuale da posizioni diverse, ma ora siamo qui insieme e so di aver fatto la scelta giusta». La seconda: «Se da parte del Pdci, di Rifondazione e dei Verdi ci sarà la volontà di confronto allora inizierà la semina e in primavera i semi germoglieranno e la sinistra italiana avrà intrapreso una pagina nuova della sua storia». Qualcuno parla di divisione tra lui e Mussi, con il primo più propenso a lavorare con Boselli e il secondo che guarda con più interesse alla sinistra antagonista. Ma Mussi assicura che anche per lui la permanenza nel Pse è irrinunciabile. La soluzione? «Proveremo a portare la sinistra italiana nella famiglia del socialismo europeo, e anche a portare innovazione dentro quella famiglia».
L’entusiasmo c’è tra gli ex diessini e anche tra le prime file, dove siedono Achille Occhetto e Armando Cossutta (accolti con grandi applausi), il segretario generale della Fiom Gianni Rinaldini («non aderirò al Pd»), il segretario confederale della Cgil Paolo Nerozzi («si crei finalmente un partito politico della Sinistra italiana») e i tanto citati dal palco Giordano, Diliberto e Boselli. «Il Prc vuole fare un soggetto unitario a sinistra, dobbiamo farlo in maniera antiliberista e pacifista», dice il segretario di Rifondazione comunista proponendo di fare «immediatamente un patto d’unità d’azione» tra le forze alla sinistra del Pd. «Giudico quanto stanno facendo Mussi e Angius molto positivo - fa sapere il segretario del Pdci - c’è l’idea di rimettere assieme tutta la sinistra senza aggettivi in un percorso il più possibile rapido, bisogna lavorarci e noi siamo pronti». Chi non c’è nelle prime file sono i Ds, anche se invitati all’iniziativa. Un’assenza eloquente, come lo è la nota del coordinatore della segreteria della Quercia che arriva poco dopo la chiusura dell’iniziativa: «L’unica cosa certa è che nasce un altro movimento della sinistra; si formano altri gruppi parlamentari nel centrosinistra, saranno 9 solo alla Camera, e tutto ciò avviene senza una prospettiva certa di aggregazione, senza una piattaforma programmatica e politica chiara e con un`assoluta confusione di collocazione internazionale».
l’Unità 6.5.07
La passione e le domande
di Roberto Cotroneo
Passioni ed entusiasmo in cerca di un approdo
Al Palazzo dei Congressi un’altra sinistra tra identità nuove e antiche
Scommessa affascinante e difficile
Sotto un sole a picco, nel giorno del compleanno di Karl Marx (189 anni giusti giusti), la sinistra Ds ha portato al palazzo dei congressi dell’Eur qualcosa come 5000 militanti a una sorta di atto fondatorio. Un atto fondatorio vicinissimo al Congresso di Firenze che dovrà mettere in chiaro quale sarà il futuro del nuovo partito Sinistra Democratica. Un futuro che per ora non dice moltissimo. A parte una cosa: noi là, oltre Firenze, non ci saremo più. Noi siamo già altro, e siamo già altrove.
Altrove dove? Non è chiarissimo. E non può che essere così. Ma in sala l’entusiasmo si sente. In questo sciogliersi e fondersi, in questa fonderia gigantesca, in questo altoforno dove si mescola un po’ tutto, identità, temi, ed emotività ora è arrivata anche la Sini-
stra democratica. Una cosa compatta, fortemente politica, per ora poco movimentista, che ha di fronte molti nodi che nel futuro chiedono di essere sciolti. A cominciare da quello più ingombrante, come fosse un totem che aleggia per tutta la sala. Quel partito democratico che ha accompagnato per mano i militanti della sinistra ds fino a qui. Il totem del «non moriremo democristiani», l’icona di Rutelli, citatissimo in molti interventi, così vivida che sembra un ologramma.
Ma questa moltiplicazione delle sinistre, come fossero i pani e i pesci, è davvero potenzialmente infinita? Vallo a chiedere all’anodino Fabio Mussi, che non si è sbilanciato, ma ti dice subito: «molto meglio di Firenze... altro che Firenze». E fa subito dimenticare, mette in soffitta tutte le commozioni del congresso di scioglimento dei Democratici di sinistra. Lo strappo doloroso, il «Fabio torna indietro», sembra già una cosa d’altri tempi, una fotografia ormai sbiadita.
Eppure al Palazzo dei Congressi dell’Eur quel passato, quella storia sembravano quasi un tabù da non scalfire in un alcun modo, una storia piena e viva. Il Pci, il compagni e compagne, la voglia di sinistra era palpabile. Sarà stato complice un sole estivo, e lo spiazzo in cui i più giovani, ed erano molti, si sono stesi a prendere il sole, ma l’entusiasmo di tanti che erano lì veniva dal fatto che da «troppo tempo si sentivano esclusi», e un po’ «ai margini di certo decisionismo Ds».
Sarà stata la nostalgia e la voglia di essere soltanto «di sinistra», di riprendersi una identità netta e univoca, di non contaminarsi con tentazioni centriste, si può chiamare come si vuole, ma certo stupiva e impressionava il buon umore dei partecipanti.
Ieri è nato un nuovo partito, con una cospicua rappresentanza parlamentare ma l’aria era ancora sfuggente, attendista. L’entusiasmo per un altro pezzo di sinistra che nasceva, era alternato a un attendismo realista. Quanto conteremo poi alla fine? Quanti voti, e in che modo?
Tutti l’hanno definita una scommessa. E certamente è una scommessa. Ma per capire quella sensazione, fatta di allegria ed entusiasmo ma anche di sano realismo, di piedi per terra, bisogna partire da un dato. Forse la società civile arriverà, forse aderiranno anche persone che non hanno un passato politico definito, ma per ora era il popolo della sinistra Ds a occupare le sedie e i palchi del centro congressi. Erano militanti, ex segretari di sezioni Ds, gente che ha sempre fatto, negli ultimi anni, un lavoro politico definito e persino burocratico. Certo c’erano anche persone che da qualche tempo non avevano più preso la tessera Ds. Ma erano una minoranza. La gran parte è passata dai Ds a Sinistra Democratica, e forse il travaglio del Partito Democratico se lo è tenuto a distanza come un dolore sordo. E se andavi a parlare con i più giovani, con i ragazzi, la frase era sempre la stessa: «non potevamo che essere qui, ma non abbiamo nulla contro il partito democratico. Pensiamo soltanto che noi siamo diversi. Strada assieme, ma distinti. E uno sguardo attento, partecipe, e coinvolto verso le altre sinistre».
Ma qui sta il nodo. Come si sussurra scherzosamente tra i promotori della Sinistra Democratica: fatto il matrimonio, bisogna stabilire quale sarà il corteo nuziale. Un corteo ricco e controverso, che rischia di diventare una corsa per chi arriva prima all’altare, e ai primi posti in chiesa.
Rifondazione guarda interessata seppur immobile. Diliberto è più nervoso. I Verdi a Genova lo hanno detto chiaro: noi sinistra ambientalista, patto per il clima. E cosa accadrà perché ognuna di queste sinistre possa darsi un’immagine più forte delle altre, un’idea che faccia sì che possano essere riconosciute?
Ieri, le parole d’ordine erano quattro: ambiente (in condominio con i verdi), questione morale, diritti civili, giustizia sociale. Con un accento preminente sulla questione morale.
Gian Antonio Stella raccontava soddisfatto a un gruppo nutrito di neo-militanti della sinistra democratica che il suo nuovo libro, scritto con Sergio Rizzo, «La Casta», sui privilegi e le spese incontrollate della politica, è andato esaurito in un solo giorno. E dopo molti neo-militanti della Sinistra Democratica commentavano: il nostro nuovo partito vorrebbe rompere questo circolo vizioso. Vorremmo non entrare mai in un libro del genere.
Sogni, dimensioni dell’utopia? Si potrebbe coniare un altro termine, mutuato da Marquez: realismo magico. Un incastro di buon senso, e ottime intenzioni, e una magia ancora tutta da mettere a punto. Da domani chi la farà la magia? Con quale alchimia tutto questo si potrà tenere assieme, che succederà se la nuova legge elettorale porterà a penalizzare i partiti più piccoli? E in che modo, di volta in volta, il popolo della sinistra saprà scegliere tra Mussi e Giordano, Diliberto o Pecoraro?
Bisognerà aspettare. Ora è tutta una storia ancora da scrivere. Con una certezza: quando si crea un vuoto, quel vuoto qualcuno lo si riempie. La domanda di sinistra è forte. I voti però, per ora, sono più o meno gli stessi. Basterà il realismo magico di Mussi e compagni?
Repubblica 6.5.07
"Scommettiamo sull'unità a sinistra"
Tutto esaurito al battesimo di "Sd". Mussi: non faremo un partitino
Messaggio al Pd: mai nemici. La freddezza dei Ds: iniziativa confusa
di Giovanna Casadio
ROMA - «Karl Marx nacque il 5 maggio del 1818, e siccome da qualche giorno siamo tutti un po´ più liberi mi permetto di fare questo nome... «. Scrosciano gli applausi alla battuta di Cesare Salvi alla convention della Sinistra democratica, che nasce nel giorno di Marx. Ovazioni ripetute quando parla Fabio Mussi, e poi Gavino Angius e alle conclusioni di Giovanni Berlinguer. Clima di entusiasmo sulle note di Bella ciao e dell´Internazionale, catino del Palacongressi dell´Eur colmo di quattromila «compagni» venuti da tutt´Italia a tenere a battesimo il movimento dei transfughi Ds, anti Partito democratico, che punta all´unità della sinistra italiana nell´orizzonte del socialismo europeo. Mussi dà le coordinate: «Non siamo sicuri di riuscirci ma, care compagne e compagni, abbiamo il dovere di provarci». E invita i militanti ad «avere cura del neonato» e a coltivare il sogno di «un partito di sinistra, anche se va fatto un passo alla volta», una grande Epinay alla Mitterrand.
Soprattutto, disegna «la sinistra al servizio della quale ci metteremo»: «La nostra sinistra sarà nuova, plurale, laica, autonoma, critica, larga, di governo... non sono sicuro del successo perché vedo gli ostacoli ma ci dobbiamo tentare». E rassicura i Ds e Prodi: «La Sinistra democratica guarderà al Pd non come un nemico ma come un alleato, noi non saremo mai quelli delle mani libere nell´alleanza». Nessun estremismo, perché «estremista è la guerra, estremista è il Family day contro i Dico... «. Ad ascoltare in prima fila i leader di sinistra, Franco Giordano di Prc e Oliviero Diliberto del Pdci, Enrico Boselli dello Sdi, Rita Bernardini dei Radicali e Angelo Bonelli per i Verdi. C´è anche il dielle Willer Bordon. A tutti, Mussi e Angius rivolgono «la scommessa dell´unità». «Noi ci siamo, acceleriamo», rispondono Prc e Pdci. «Facciamo un soggetto unitario a sinistra», incalza Giordano. «La confederazione è la strada maestra», per Diliberto. Più cauti i Verdi. Boselli decisamente prudente («Noi siamo impegnati in un altro cantiere rispetto a Rifondazione»). Del resto la questione irrisolta è lì, ineludibile: come mettere insieme Sdi e Rifondazione? Il Pse e la Sinistra europea? Mussi, a margine, replica: «Nel Pd volevano metterci insieme me e la Binetti... Non si può invece fare lavorare Boselli con Bertinotti?». Confida nella convivenza nei grandi partiti socialisti europei di liberali e radicali. Per ora Sinistra democratica resta corteggiata da tutti ma sposata con nessuno, forte della pattuglia di 35 parlamentari che si costituiranno in gruppo autonomo. Senza sconti il commento del capo della segreteria Ds, Maurizio Migliavacca: «Nasce con prospettive incerte e confuse, senza prospettiva di aggregazione». Anche Antonello Soro, il coordinatore di Dl, teme «una nuova frammentazione». Standing ovation per Achille Occhetto («Ritorno a casa, è il mio Pds»). E Mussi: «Compagni fuori dalle trincee, il mondo richiede più sinistra e socialismo oggi che in passato». Nel Pantheon di Mussi solo Enrico Berlinguer, e il «piacere dell´onestà».
Repubblica 6.5.07
Il progetto è di evitare "matrimoni" fino al 2009. Poi alle europee una lista modello-Ulivo
In prima fila socialisti e comunisti gli ex diessini subito a un bivio
di Goffredo De Marchis
Il pressing di Giordano, leader di Rifondazione: "Dobbiamo costruire immediatamente un patto d´azione E lasciamo perdere l´identità"
In platea Cossutta e Occhetto, Curzi e Parlato, perfino l´ex generale Angioni. Si studia il simbolo: favorita una grande "S"
ROMA - Parlare con tutto ciò che vive a sinistra del Partito democratico. E quel mondo, qui al Palazzo dei Congressi, è schierato in prima fila. Parterre di lusso per la prima convention di Sinistra democratica, i diessini che hanno mollato il Pd. E gente appollaiata sulle balconate, quattromila persone, molto entusiasmo, Bella ciao e Internazionale unici motivi della colonna sonora. Cantano tutti. Cesare Salvi, esagitato, a squarciagola, con un pugno chiuso che avrebbe tanta voglia di alzare. Ma è proprio quell´eterogenea lista di ospiti illustri il primo banco di prova di Sd. Oliviero Diliberto mette il dito nella piaga: «Tra Mussi e Angius ho sentito sfumature diverse. Spero che questa frattura si ricomponga in fretta. Io rinuncio pure all´aggettivo comunista in nome di una sinistra unita. Ma se mi dicono che devo diventare socialista, si abbassa la saracinesca e buonanotte». Franco Giordano sembra quasi stringere all´angolo i transfughi della Quercia, vuole che il matrimonio si faccia subito e venga consumato la notte stessa, secondo la tradizione. «I socialisti di Boselli stanno facendo una cosa diversa, la Costituente socialista. Noi non c´entriamo niente. Con Mussi invece c´è un´affinità totale e dobbiamo costruire immediatamente un patto d´azione comune sulle prossime scadenze». Contratti, precarietà, pensioni, questi i punti chiave di un´agenda insieme.
Dunque: Sinistra democratica ha già di fronte un bivio identitario. «Se partiamo dall´identità è finita», osserva Giordano. Appunto. Sd è stretta tra socialisti e comunisti, è un movimento che ha stabilito di stare al centro di questo mondo, ma che prima o poi sarà chiamato a scegliere. O a non farlo. Per evitare la clamorosa scissione di un´operazione che dovrebbe essere d´unità, Sd forse sarà costretta a presentarsi da sola alle amministrative del 2008 e anche alle europee del 2009. Insomma, a stare in mezzo al guado per un bel po´ di tempo, almeno fino alle prossime politiche. Ma si lavora anche a un´altra soluzione per il 2009: una lista unitaria, sul modello dell´Ulivo. E dopo il voto ognuno con il suo gruppo, chi con il Pse, chi con la sinistra europea.
Ma c´è chi va più veloce. Cesare Salvi, che sarà il capogruppo di Sd al Senato, ha avviato da tempo un´intesa con Rifondazione. «Con loro, con i Verdi e il Pdci dovremo costruire anche un coordinamento parlamentare. E decidere insieme sui provvedimenti più importanti», dice il braccio destro di Salvi, Luciano Pettinari. È quello che chiede Giordano, un fatto concreto da subito, dal momento in cui verranno costituiti i nuovi gruppi. Mussi continua a tenersi aperte tutte le porte.
Per il momento il nome di Sd ha un´appendice "per il socialismo europeo". I leader, con i grafici, stanno studiando il simbolo. È stata esclusa la botanica ed è invece favorita una grande "S" stilizzata. S come sinistra. E basta. Angius, nel suo intervento, ha toccato le corde dei sentimenti socialisti. «Ho ammirato il loro orgoglio al congresso di Fiuggi. Hanno resistito alla bufera e all´isolamento», ha detto strappando applausi. E ha insistito sulla «distinta peculiarità tra le forze riformiste e laiche» e le forze più estreme. Enrico Boselli ha molto apprezzato. Ma Angius ha riconosciuto i passi avanti di Prc e Pdci, li ha elogiati e su questo riconoscimento c´è una base comune per partire con Mussi verso il nuovo partito.
Certo, il gruppo dirigente del nuovo movimento ha motivi di sorridere. La sala è piena di nemici o delusi del Pd. Curzi, Cremaschi Bordon, Valentino Parlato, Diego Novelli, Caldarola, Occhetto, Cossutta, Chiarante, Tortorella, Folena. Perfino l´ex generale Angioni. Una Babele di storie e di culture. Ma davvero un pezzo grande della sinistra italiana. In un angolo Maria Antonietta Coscioni, presidente dei radicali, studiava la situazione. Accanto a lei lo scrittore Fulvio Abbate sorrideva: «Finalmente un partito dove si potrà litigare».
I numeri di Sd invece di diminuire, come prevedeva il Botteghino, per il momento crescono. Dodici senatori per il gruppo di Palazzo Madama, 24 e forse più per Montecitorio. Dove Valdo Spini è in pole position per il ruolo di presidente, ma Fulvia Bandoli dalla tribuna ieri ha mandato un avvertimento: «Le donne del nostro gruppo hanno anche un´esperienza di direzione». Confusi e felici, potrebbe essere la canzone per sintetizzare il parto di Sd. Ma è chiaro che da domani i Ds che aderiscono al Partito democratico dovranno rilanciare il loro essere di sinistra.
Corriere della Sera 6.5.07
La leggenda delle Sirene
Canto d’amore Incanto fatale
di Giorgio Montefoschi
Nel mondo antico, e poi per molti secoli a venire, fino alle soglie dei giorni nostri, non era inusuale imbattersi nelle Sirene, le protagoniste del fascinoso libro di Maurizio Bettini e Luigi Spina Il mito delle Sirene (Einaudi, pp. 268, € 22), o quantomeno ascoltare il loro ineffabile canto. Figlie di una Musa o della Madre Terra, e del fiume Acheloo con ogni probabilità, queste creature ibride, per metà splendide fanciulle e per metà pesce o uccello, abitavano l'isola di Anthemoessa lungo le coste del Tirreno, ma potevano apparire ovunque: sorgere dai flutti più bui dell'oceano come dalle acque cristalline di una piccola baia siciliana alle falde dell'Etna, alle foci dei fiumi come ai confini del mondo. Il loro canto, divino, conteneva la morte. Infatti, era un canto talmente dolce e seducente, che chi si fermava ad ascoltarlo perdeva la ragione, dimenticava di mangiare e bere, voleva ascoltare, ascoltare soltanto, immergersi in quel canto, diventare quel canto, e pian piano in quel canto veniva risucchiato, consumato, distrutto. «C'è un promontorio dalle parti d'Italia — racconta Ulisse, con le parole di Maurizio Bettini, al ragazzo che ha incontrato nel suo ultimo viaggio — che si tuffa nel mare profondo. La roccia è cava e dentro ci risuona l'onda, pare una musica di flauti: è il mare più azzurro che abbia mai visto, la riva è verde come questi prati, piena di fiori colorati, ma tutto intorno marciscono cadaveri di uomini. Crani nudi, ossa spolpate, pelli che avvizziscono… Circe mi aveva avvertito: non fermarti sulla riva delle Sirene! Loro cercheranno di stregarti, hanno una voce che incanta, ma tu vai oltre, non ascoltarle; perché, se ti fermerai, morirai, e anche il tuo corpo avvizzirà sulla riva del mare».
Prima di Ulisse, le Sirene le aveva viste Orfeo, tornando con la nave degli Argonauti dalla Colchide, come nelle Argonautiche racconta Apollonio Rodio. Nel X libro della Repubblica di Platone, le Sirene appaiono quali custodi delle otto sfere celesti. Mentre il viaggio di Alessandro Magno era al termine, apparvero delle donne bellissime che vivevano nell'acqua come pesci. Non resistendo alla tentazione, i soldati del re macedone si calarono tra le onde e, stretti in un abbraccio che presto si sarebbe rivelato mortale, godettero dell'amore.
Certamente, l'incontro di Ulisse con le Sirene è uno degli episodi più affascinanti non solo dell'Odissea, ma di tutta la letteratura classica. Siamo nel XII canto. È notte: di fronte al re dei Feaci, la sua famiglia e i suoi sudditi, Ulisse sta per terminare il racconto delle straordinarie avventure che, dopo l'incendio di Troia, lo hanno condotto fin lì: nelle sue parole, talvolta interrotte dal pianto, gli ascoltatori muti e trepidanti hanno riconosciuto il sentimento oscuro della colpa e le pericolose tentazioni dell'oblio, la desolazione e il coraggio, l'astuzia e il dolore, la speranza e l'assenza di ogni speranza, le infinite seduzioni della natura e la collera degli dei. Manca, a questo quadro che riassume il mondo, il canto divino che i poeti ciechi — se hanno purezza e fortuna — possono soltanto accogliere e, quale pallido riflesso di quella voce, restituire, magari. È il canto delle Sirene.
Vediamo la scena. La nave è partita all'alba. Ulisse è stato ammaestrato da Circe: chi ascolta «ignaro» il canto delle Sirene va incontro a sicura morte. Viene il meriggio, il momento delle apparizioni; l'acqua è immobile; i marinai calano le vele. In quel momento, si ode la voce delle Sirene. «Vieni, glorioso Ulisse — dicono — ferma la tua nave, nessuno si allontana di qui senza aver ascoltato il suono di miele delle nostre labbra». Ulisse freme, poiché è l'unico a sentire questa voce, avendo tappato le orecchie dei suoi compagni con la cera; vorrebbe sciogliere le corde che lo legano all'albero; ma i compagni, ammaestrati, non ubbidiscono. La nave, dunque, va oltre. La sua vita è salva.
Cosa cantavano le Sirene? Al termine del suo racconto, Maurizio Bettini fa dire a Ulisse che lui in quel canto ha riconosciuto le voci di tutte le donne che ha amato,insomma la voce dell'amore: un amore che però si trasfigura, va oltre il tempo e ci illude che la morte non esista. Poi, con un passaggio parecchio ardito, sostiene che chi ferma la sua nave e scende a terra — in altri termini: chi vuole porre se stesso a confronto con l'amore senza confini — non può che soccombere. Ne La mente colorata, Pietro Citati pone l'accento sulla conoscenza. Ulisse conosce, non è «ignaro», perché è stato istruito da Circe: «Non pretende di ascoltare indifeso il fascino mortale della poesia». Per «trarre gioia e sapienza dal canto delle Sirene», per godere di quel piacere totale dell'anima e del corpo, deve istituire una distanza: la distanza della mente, nella quale ricompone il canto divino, garantendo insieme la propria libertà.
Le due interpretazioni, parimenti suggestive, non si contraddicono affatto. L'uomo non può competere con il canto divino, col «grido appassionato e ultraterreno» che, ci ricorda Luigi Spina, i marinai di
Moby Dick credettero di ascoltare nella profonda oscurità che precede l'alba. Neppure può coltivare la stolta pretesa di decifrarlo. Tutt'al più può sentire la nostalgia di questo canto. E, magari, pensare che questa nostalgia sia il pallido riflesso di un'altra nostalgia: la Nostalgia vera, che ci riporta all'inizio di ogni avventura e di ogni racconto.