martedì 12 febbraio 2019

L’Espresso 10.2.19
Hovistocose di Beatrice Dondi


Sorelle d’Italia 
Storie di donne per un racconto universale. “Le Ragazze” su Rai Tre
L’Italia è un Paese di poeti, santi e navigatori. E di operaie, partigiane, infermiere, suore e biologhe. Per costruire mattone dopo mattone la facciata di questa casa che sentiamo nostra c’è stato bisogno del contributo di tutti, uomini e donne. Ognuno ha fatto il suo. È questo che resta dopo aver visto “Le Ragazze” su Rai Tre. Quel senso di costruzione pezzo dopo pezzo, di piccole grandi storie che diventano qualcosa di veramente solido quando vengono appoggiate una vicino all’altra. Isa Barzizza, celebre spalla femminile di Totò, bionda dall’eleganza esplosiva, era sul piccolo schermo nella prima trasmissione ufficiale della Rai. Era il Il 3 gennaio 1954. Quando, nel 1943, iniziano le deportazioni degli ebrei, Elena Ottolenghi ha 14 anni. Sul suo certificato di iscrizione a scuola c’è scritto “di razza ebraica”. Elena lo ricorda, a settant’anni ancora bella come il sole e regala con i suoi frammenti di memoria una spada di gelo che rimane ben issa nella spina dorsale di tutti. Nell’agosto del 1969 Albalisa Sampieri è a Woodstock. «Di tempo per mangiare non ce n’era, maper fare l’amore sì, ne avevamo tanto». Angela Buttiglione è stata giornalista vaticanista. Saliva sull’aereo del Papa quando le donne scrivevano in quota rosa di moda, bambini, cani. Invece Eleonora Brown aveva 11 anni quando girò “La Ciociara”. «Non sapevo cosa fosse lo stupro e De Sica mi disse di non preoccuparmi: “Pensa di aver preso dei pugni sulla pancia, tirati giù la maglia, sentirai meno dolore”». Elena Cattaneo entrò nel laboratorio di Boston nel 1988. Lavorava dalle otto a mezzanotte. E quando usciva era completamente sola in quella città lontana. Adele Ravagnani ha 22 anni, è laureata in fisica, fa judo da quando ha 6 anni. E convive con la sclerosi multipla. Tra foto, occhi lucidi
e tracce di rossetto si snoda un racconto di piccole ed enormi conquiste che non appartengono solo alle donne ma alla società civile tutta. Perché un Paese cresce sotto un unico cielo anche se ci si ostina a immaginarlo come due metà separate. Una storia d’Italia che nella sua pacata eleganza accumula denuncia, allegria, musica, violenza fatica e sorrisi. E ricorda i mattoni tirati in testa a Krazy Kat. Che sebbene facciano male, nella loro durezza sono un gesto d’amore.