La Stampa 8.2.19
Maurizio Landini. Il leader della Cgil “Finanziaria recessiva, il governo non ha cambiato nulla sui temi del lavoro
Siamo pronti al confronto, domani torniamo in piazza a Roma con la Cisl e la Uil per una grande manifestazione unitaria
“Un piano straordinario di investimenti. Così si recuperano i ritardi del Paese”
di Paolo Baroni
«Manovra
recessiva», denuncia da settimane la Cgil assieme a Cisl e Uil. Ed ora i
dati le stanno dando ragione. «Purtroppo gli indicatori sono più
negativi del previsto. E questo conferma la necessità di rilanciare con
forza un piano straordinario di investimenti», attacca Maurizio Landini.
All’esecutivo «perennemente in campagna elettorale», il nuovo
segretario Cgil non fa sconti: «Si è presentato come il governo del
cambiamento, e rispetto ai temi del lavoro non ha cambiato un bel
niente», il decreto dignità «è stato fatto male», «i progetti
sull’autonomia differenziata non risolvono i problemi del Paese ma anzi
allargano le disuguaglianze» e anche sull’articolo 18 non si è andati
oltre alle promesse. «L’M5S aveva detto di volerlo ripristinare e poi se
ne sono dimenticati».
Domani Cgil, Cisl e Uil tornano in piazza a
Roma per una manifestazione unitaria al grido di #FuturoalLavoro e si
aspettano una grande partecipazione, tant’è che i comizi finali anziché
in piazza del Popolo si terranno a San Giovanni. «Se davvero il governo
vuole cambiare il Paese non deve aver paura del confronto» spiega
Landini, mettendo in chiaro che i sindacati si aspettano risposte. «Ci
aspettiamo un grande risultato e ovviamente poi non ci fermeremo lì».
Cosa chiedete?
«Occorre
aprire un vero confronto sul futuro del paese mettendo in campo un
serio piano di investimenti, una vera riforma fiscale e affrontando la
questione Mezzogiorno. Che non solo è stato dimenticato ma vede
addirittura ridotti i fondi. E poi bisogna ragionare di Europa: bisogna
cambiarla, è vero. Ma per farlo occorre costruire alleanze, come stiamo
facendo noi sindacati che il 26 marzo a livello europeo manifesteremo
tutti assieme a Bruxelles».
Tria dice con le misure che stanno partendo si recupera.
«Non
credo. Perché questa non è una crisi passeggera. Insisto, l’Italia ha
dei ritardi strutturali: non a caso siamo cresciuti meno quando tutti
crescevano e oggi stiamo pagando un prezzo più alto. Non è
responsabilità solo di questo governo, non l’abbiamo mai negato: è da
anni che diciamo che manca una politica industriale degna di questo nome
per colpa dei governi di centrodestra e centrosinistra».
A proposito di investimenti, la Tav?
«La
Cgil indica la necessità di un piano straordinario di investimenti di
cui la riapertura dei cantieri e le grandi opere sono una parte. Per noi
però sono grandi opere anche i servizi sociali, gli asili, la scuola,
gli investimenti per la manutenzione del territorio e le ferrovie
ordinarie. Sulla Tav sono note le mie perplessità ma è l’opinione
prevalente della Cgil che come segretario generale devo rappresentare. È
singolare però che mi si domandi di continuo cosa ne penso quando non
si è ancora capito cosa intende fare il governo. Sarebbe opportuno lo
chiarisse una volta per tutte».
Quota 100?
«Bene se qualcuno
può andare in pensione prima, sbagliato presentarla come la riforma
della legge Fornero. E trovo singolare che abbiamo bloccato le
assunzioni nel pubblico impiego. Per noi occorre andare ben oltre Quota
100, che preferirei chiamare “quota 62+38” per non illudere la gente.
Serve una riforma vera: una pensione di garanzia ai giovani, occorre
tutelare le donne, dare risposte a lavori usuranti e gravosi e
riconoscere i lavori discontinui».
Poi c’è il reddito di cittadinanza…
«Giusto
aumentare le risorse per combattere la povertà, visto che i governi
precedenti avevan fatto troppo poco. Però combattere la povertà assieme
ad un nuovo piano di politiche per il lavoro produce un ibrido che
rischia di far danni su entrambi i fronti. Il lavoro non lo creano i
centri per l’impiego ma gli investimenti, e non é vero che basta dare
lavoro per uscire dalla povertà. Perché in molti casi il lavoro c’è ma è
sottopagato. Altra questione enorme che andrebbe affrontata avviando
anche una seria riforma fiscale».
Guardavate con interesse all’avvento dei 5 Stelle. Delusi?
«Guardiamo
con interesse senza pregiudizi tutti coloro che assumono come
riferimento il lavoro e la promozione dei suoi diritti. E oggi non siamo
delusi né disillusi. Avevamo invece capito prima di altri che nel Paese
c’era stata una rottura molto forte tra il mondo del lavoro e che il
risultato delle urne era anche il frutto della delusione rispetto
all’esperienza dei governi precedenti. Abbiamo colto che dietro quel
voto c’era una domanda di cambiamento, dopo di che come sta traducendo
il cambiamento questo governo non va bene: Lega e 5 Stelle sono
alternativi tra loro, e oggi se non si riesce far nulla è perchè non son
quasi d’accordo su nulla».