La Stampa 6.2.19
La protesta dei giovani medici
“Il numero chiuso deve restare”
di Nicola Pinna
Loro
direbbero che la cura non è quella giusta. Anzi, che la terapia
prescritta rischia di essere persino più dannosa del male iniziale. Il
caso da affrontare è la carenza di specialisti negli ospedali italiani e
la diagnosi dei medici non sembra coincidere con la ricetta del
governo. La situazione si è già incancrenita e nel giro di pochi anni
rischia persino di aggravarsi. Già ora in diverse città italiane ci sono
medici generici che ogni giorno si devono occupare anche di situazioni
che richiederebbero il consulto di un esperto del settore. La soluzione
prospettata è la cancellazione del numero chiuso per l’accesso alla
facoltà di medicina e in Parlamento ci sono già alcuni disegni di legge.
Il governo gialloverde sembra sostenere l’idea e il ministro della
Salute Giulia Grillo lo ha ribadito anche ieri: «Lo sbarramento non è
più adeguato ai tempi, bisogna rivederlo».
Qui dunque si gioca lo
scontro, perché i medici contestano il piano. E per spiegare anche al
ministro la loro protesta hanno iniziato a inviare a Roma migliaia di
lettere-appello per chiedere una diversa riforma. La loro soluzione,
invece, riguarda direttamente le scuole di specializzazione, che
rappresentano il secondo sbarramento per chi intraprende questo percorso
professionale.
«Lo scorso anno i posti disponibili nelle scuole
erano 6996 ma i pretendenti più di 16 mila - denuncia Massimo Minerva,
medico milanese che ha costituito l’associazione “Liberi specializzandi”
con migliaia di giovani iscritti da tutta Italia - Questo vuol dire che
in 10 mila sono rimasti fuori e si ritrovano col percorso bloccato. Se
si vuole risolvere il problema delle carenze basta aumentare i posti
disponibili e nel giro di pochi anni avremo tanti medici pronti per i
reparti».
Il problema è sempre economico, perché ogni iscritto
alle scuole di specializzazione costa allo Stato circa 1700 euro netti
al mese. «Ma è paradossale - sottolinea Minerva - che i posti non siano
proporzionati a quelli dei laureati, come avviene negli altri stati
europei». Per il 2019 ci saranno 900 borse aggiuntive ma il “no” alla
riforma del numero chiuso sembra chiaro. «Se si aumenta il numero dei
laureati, si rischia che molte più persone restino senza la
specializzazione - racconta Francesca, romana che si è dovuta trasferire
in Francia per fare l’ultimo percorso di studi - Finché non si
aumentano le borse per l’accesso alle scuole non si risolve il problema
della sanità. Continueremo ad avere un esercito di laureati che non
possono entrare in servizio».
Perché la specializzazione (un corso
che dura tra i 4 e i 5 anni) non è un vezzo: è il titolo indispensabile
per lavorare negli ospedali, a iniziare dai pronto soccorso dove oggi
si registra una delle carenze più gravi.
La situazione degli
ospedali rischia di complicarsi ulteriormente. Entro il 2025 si prevede
che in 47 mila andranno in pensione e con le novità di “quota 100” il
numero sarà persino più alto. Se ogni anno si sfornano solo 4 mila
specialisti, il saldo è evidentemente negativo. «Nel 2021 le cose si
complicheranno - racconta Antonio, medico torinese che da due anni tenta
inutilmente di iniziare la specializzazione - Tra due anni ci saranno
16 mila laureati, cioè il doppio rispetto alla media attuale. Già in
quel momento vedremo che cosa potrebbe succedere senza il numero
chiuso». «Se si rendesse libero l’accesso alla facoltà - aggiunge
Roberta, 35enne che sogna la specializzazione a Sassari - i nuovi medici
entrerebbero in servizio non prima del 2030. Ora noi stiamo salvando il
sistema sanitario, visto che in quasi tutte le regioni ci fanno
lavorare nei reparti anche senza specializzazione».