La Stampa 11.2.19
La prima globalizzazione
Da giovedi a Cagliari
Il Mediterraneo di 4000 anni fa un mondo interconnesso con la Sardegna come crocevia
La
mostra è promossa da Regione Sardegna, Polo museale della Sardegna
Comune di Cagliari, Fondazione di Sardegna, Museo dell’Ermitage
di Giorgio Ieranò
Era
un mare su cui correvano gli uomini e le merci, le tecniche e le idee.
Il baricentro di un mondo interconnesso e globalizzato già duemila anni
prima di Cristo. Una rete di traffici collegava le coste della Spagna
alle rive del Mar Nero, i porti della Siria a quelli del Nord Africa.
Negli scali del Mediterraneo si commerciavano olio e cereali, ceramiche e
metalli. Ma i marinai condividevano anche racconti e immagini,
mitologie e favole. Fondamentale, nelle rotte marittime dell’Età del
bronzo, fu il ruolo svolto dalle grandi isole mediterranee sia come
giacimenti di materie prime sia come scali commerciali. È il caso di
Creta, innanzitutto, centro di irradiazione di una civiltà marinara che i
greci riassunsero poi nella figura del «talassocratore» Minosse. E poi
di Cipro, perno del commercio mediterraneo, snodo cruciale tra il
Levante e la Grecia. Ma è il caso anche della Sardegna che gli scavi
archeologici stanno sempre più rivelando come un’isola integrata in un
sistema di scambi internazionali e non così periferica come poteva
apparire un tempo.
Un relitto rivelatore
Proprio la Sardegna
ospita ora una mostra che racconta la «proto-globalizzazione»
mediterranea di quattromila anni fa: «Le Civiltà e il Mediterraneo», che
si terrà dal 14 febbraio al 16 giugno nelle due sedi del Museo
Archeologico Nazionale e del Palazzo di Città di Cagliari. Saranno
esposti oltre 550 pezzi archeologici, molti dei quali prestati da musei
stranieri (in primis l’Ermitage di San Pietroburgo e il Museo di
Preistoria di Berlino). Reperti che permetteranno un confronto diretto
tra la civiltà nuragica sarda e civiltà come quelle della Grecia micenea
o del Caucaso: mondi in apparenza lontanissimi ma in realtà più vicini
di quanto comunemente si pensi.
La comprensione di quanto il
Mediterraneo del II millennio a. C. fosse uno spazio integrato è in
realtà acquisizione abbastanza recente. Solo nel 1982, per esempio, un
pescatore di spugne diciassettenne ha scoperto per caso il relitto di
una nave dell’Età del bronzo nelle acque di Uluburun, al largo della
Turchia. La scoperta è importantissima perché ci restituisce una
fotografia dal vivo del commercio mediterraneo nell’età del bronzo. La
nave, di legno di cedro, lunga circa 15 metri e affondata intorno al
1300 a. C., si è conservata con tutto il suo carico che comprende
oggetti delle più diverse provenienze: monili egiziani in oro e argento,
uno scarabeo con il sigillo della regina Nefertiti, statuette di
origine siro-palestinese, sigilli mesopotamici, spade di bronzo di
fattura micenea, vasi e ceramiche, zanne di elefante e denti di
ippopotamo.
Prima di fare naufragio, il capitano aveva
evidentemente toccato diversi porti del Mediterraneo. Tra gli scopi
principali del suo viaggio doveva esserci l’approvvigionamento di
metalli. Sulla nave erano stivate ben dieci tonnellate di rame: 348
lingotti a forma di pelle di bue. Questa forma era diffusa in tutto il
Mediterraneo. Chi visiterà la mostra cagliaritana troverà lingotti
analoghi scoperti però in Sardegna. Forse, in entrambi i casi, la
provenienza è cipriota. Cipro era infatti la grande miniera di rame del
Mediterraneo. Poi il bronzo si produceva legando il rame allo stagno
che, a sua volta, arrivava dagli altopiani dell’Asia, portato dai
mercanti assiri fino all’Anatolia, oppure scendeva dal Nord Europa alle
rive del Mediterraneo sui barconi che percorrevano i grandi fiumi.
La leggenda del Vello d’oro
Nella
seconda metà del secondo millennio a. C. tra i maggiori protagonisti
del commercio mediterraneo ci furono i greci micenei, la cui civiltà è
testimoniata da diversi oggetti presenti in mostra. Anche in questo
caso, solo grazie a ricerche archeologiche relativamente recenti la
capillarità della rete commerciale micenea sta emergendo in tutta la sua
articolazione. Proprio in Sardegna, nel nuraghe di Antigori, sono stati
trovati così tanti frammenti di ceramica micenea da far pensare ad
alcuni studiosi che già 1300 anni prima di Cristo alcuni artigiani greci
si fossero trasferiti nell’isola. I micenei, probabilmente, navigavano
di cabotaggio lungo la costa dell’Africa settentrionale e da lì
risalivano verso la Sicilia, la Sardegna e poi fino alla Spagna.
Ma
la mostra, soprattutto grazie ai reperti prestati dall’Ermitage, apre
una finestra anche verso Oriente. Figurine di uomini e animali, gioielli
e asce trovati nelle tombe principesche del Caucaso suggeriscono
singolari assonanze e imprevedibili analogie con altri oggetti
provenienti invece dal bacino del Mediterraneo. Somiglianze solo
casuali? Chissà. Di certo i greci hanno iniziato a frequentare presto le
sponde asiatiche del Mar Nero. E, secondo una leggenda marinara forse
più antica della stessa Odissea, è proprio verso il Caucaso che l’eroe
Giasone dirige la prua della nave Argo, per andare in cerca del favoloso
Vello d’oro.