Il Fatto 2.2.19
“Il governo del cambiamento finora non ha cambiato nulla”
Maurizio
Landini - Il segretario Cgil: “Occorre farla finita con l’austerity M5S
si confronti con il sindacato altrimenti sarà solo stampella della
Lega”
intervista di Salvatore Cannavò
“In quel
paese qui” si manifesta il 9 febbraio. Appena eletto segretario generale
della Cgil, Maurizio Landini oltre a lasciarsi sfuggire un intercalare
ormai famoso (ma solo dopo un’ora di colloquio) mette l’accento sulla
scadenza di piazza che sta costruendo insieme a Cisl e Uil. Non solo
perché si preannuncia come una grande manifestazione contro il governo,
ma anche per il forte richiamo a valori fondamentali della Costituzione:
“Antifascismo e antirazzismo”. Sottolinearli ora espone la Cgil alla
sfida all’egemonia di Matteo Salvini. E in questa conversazione Landini
manda anche un messaggio preciso al Movimento 5 Stelle: “Rischiano di
fare la stampella della Lega. Il governo si confronti invece con il
sindacato. La democrazia è la mediazione tra interessi diversi, se no
non è democrazia”.
Qual è la ragione di fondo che sta dietro la sua elezione così unitaria?
L’unità
che abbiamo raggiunto è il lavoro di anni a partire dalle lotte contro
il Jobs Act. La soluzione unitaria è stata il frutto di quel lavoro per
il quale ha giocato un ruolo decisivo Susanna Camusso, anche per la
difesa dell’autonomia della Cgil.
Qual è l’idea base della nuova Cgil?
L’idea
strategica nuova è la contrattazione inclusiva che vuol dire che i
diritti non possono più essere legati solo al tipo di rapporto
contrattuale, ma devono essere in capo alla persona. A prescindere dal
tipo di rapporto, autonomo, subordinato o altro, devi avere gli stessi
diritti. Questo è il senso della Carta dei diritti fondamentali che
abbiamo presentato come proposta di legge popolare alle Camere.
Dentro la crisi della politica c’è però anche la crisi del sindacato e del suo rapporto con il “popolo”.
Che
ci sia un problema di rappresentanza del sindacato è vero, ma è un
problema europeo e mondiale. Noi abbiamo milioni di iscritti che pagano
volontariamente il contributo sindacale. Abbiamo centinaia di migliaia
di delegati e di attivisti di b, cosa che ci ha permesso di reagire.
Lei ha lanciato un percorso di nuova unità sindacale.
Le
antiche divisioni non sono più attuali. Ci sono invece molte ragioni
sindacali per farlo. Va raccolta la domanda di unità che viene dal mondo
del lavoro a partire dai delegati. Per questo chiediamo che il
Parlamento discuta e approvi la legge sulla rappresentanza come previsto
anche da numerosi accordi con le nostre controparti. L’idea della
disintermediazione sociale nasconde una logica autoritaria e poco
democratica.
A proposito di governo, di chi è “colpa” la recessione?
Dire
che siamo in recessione perché c’è questo governo sarebbe limitativo.
Dal 2008 c’è stato un calo del 30% degli investimenti pubblici e una
crescita della precarietà che ha contraddistinto governi di
centrosinistra e di centrodestra. Bisogna però dire che il ‘governo del
cambiamento’ non sta cambiando un bel niente né sull’Europa, né sugli
investimenti.
Sull’Europa la Cgil è più critica dei moderni “sovranisti”?
La
polemica con l’Europa è stata tutta una finta. Cosa hanno portato a
casa? Zero. Il punto vero è il cambiamento delle politiche economiche e
quindi ridiscutere la logica dell’austerità.
Dal governo risponderebbero con il Reddito di cittadinanza e Quota 100.
Noi
non ci opponiamo in modo pregiudiziale, ma nel merito come nella
piattaforma che promuove il 9 febbraio. La critica non è la lotta alla
povertà, ma il fatto che la traducano con l’ennesimo intervento sul
mercato del lavoro. Non è con i Centri per l’impiego che si crea lavoro,
ma con gli investimenti. Trovo poi incredibile che a risolvere il
problema vengano assunti cosiddetti Navigator con contratti di lavoro
precario. Sulle pensioni, Quota 100 non è la riforma della Fornero.
Non crede che ci siano differenze tra i due partiti di governo?
La
differenza era chiara in campagna elettorale. L’accordo di governo fa
prevalere una logica di destra con un ruolo preponderante di Salvini. Le
promesse del M5S, in particolare sul lavoro, non si stanno realizzando.
Eppure i sondaggi dicono che il governo ha un ampio consenso.
Ma
più del 40% degli intervistati non dice quello che pensa. Nel 2018 si è
verificata l’astensione più alta della storia. Al di là dei sondaggi di
Salvini, aumenta la sfiducia e la rottura sociale.
Per questo insiste sui valori dell’antifascismo e dell’antirazzismo?
Si
tratta di un tema decisivo, perché gioca sulla pelle delle persone. E
si raccontano cose non vere. Ci dicono che siamo invasi, ma in realtà
sono più i giovani italiani che fuggono all’estero dei migranti che
sbarcano in Italia. Dobbiamo spezzare la narrazione di Salvini. La
responsabilità per le diseguaglianze non è dello straniero di turno ma
del governo che non dà risposte ai problemi dei lavoratori.
Il suo invito sembra essere colto da ampi settori.
Il sindacato sta dando voce a un sentire diffuso che non aveva la visibilità generale.
Si tratta di una Cgil più politica?
Le
Camere del lavoro nascono anche per trasformare la società e avere un
ruolo ‘politico’. Le conquiste più importanti sono state ottenute negli
anni di maggior protagonismo sindacale unitario.
Un problema spinoso: il Tav. Si deve fare o no?
Innanzitutto
il governo dovrebbe smettere di farsi l’opposizione e decidere. Nella
mia storia ho espresso dubbi rispetto all’utilità di quell’opera, ma è
evidente che nella Cgil prevale l’orientamento di utilità della ripresa
dei cantieri. La discussione non può concentrarsi su una singola opera,
serve un ragionamento più ampio sul lavoro e gli investimenti pubblici.
Noi, ad esempio, proponiamo un’agenzia pubblica che coordini gli
investimenti pubblici.
Come l’Iri?
Una ‘nuova Iri’, non la
ripetizione del passato. Va riaffermato il ruolo del pubblico nel creare
lavoro e uno sviluppo sostenibile.