venerdì 8 febbraio 2019

Corriere 8.2.19
La morte di Samuele e il processo
La mamma di Cogne torna libera «Vorrei dire che sono innocente»
Annamaria Franzoni ha scontato in anticipo la pena. Era stata condannata a 16 anni
di Andreina Baccaro


Monteacuto Vallese (Bologna) Una bella villetta, immersa nel verde, ma isolata dal resto del mondo. Perché Annamaria Franzoni, ormai una donna libera, vuole fare perdere le sue tracce, come ha confidato al suo legale Paola Savio.
La mamma del delitto di Cogne ha finito di scontare la sua pena a 16 anni per omicidio aggravato del figlio Samuele ormai da qualche settimana, ottenendo più di un anno di liberazione anticipata grazie alla buona condotta e ai benefici di legge. La prima cosa che ha fatto, con il marito Stefano Lorenzi e il figlio adolescente nato un anno dopo la morte di Samuele, è stata lasciare l’abitazione a Ripoli Santa Cristina dove era ai domiciliari dal 2014 e acquistare una villa nel paese dove è nata e cresciuta, Monteacuto Vallese, sull’Appennino bolognese nel comune di San Benedetto Val di Sambro.
Qui ha condotto una vita tranquilla e serena nelle ultime settimane, protetta dalla sua comunità di origine che l’ha sempre creduta innocente. «Sono contenta, ma vorrei far capire alla gente che non sono stata io» continua a dire Annamaria Franzoni a chi l’ha incontrata nelle ultime settimane. Da ieri pomeriggio, invece, in casa non risponde più nessuno, le serrande sono abbassate, il marito esce solo un attimo, cappuccio sul capo, per tirare giù le tende, si intravede una luce accesa, ma la famiglia Lorenzi è barricata in casa, al riparo da fotografi e giornalisti.
«Dimenticatevi di lei, la sua pena è finita. L’ha scontata come tutte le persone per bene, ma adesso ha il sacrosanto diritto di essere lasciata in pace» dice l’avvocato Paola Savio. Impossibile, però, dimenticare il delitto di Cogne, che divise l’Italia tra innocentisti e colpevolisti. Il 30 gennaio di diciassette anni fa il piccolo Samuele, tre anni, fu ammazzato nella villetta di famiglia con 17 colpi inferti con un’arma che non fu mai ritrovata. Una vicenda, umana e giudiziaria, piena di colpi di scena e di luci e ombre, tra sopralluoghi del Ris, perizie e controperizie, sulla dinamica dell’omicidio, sulla personalità della donna, sul suo pigiama e sugli zoccoli che indossava la mattina in cui Samuele fu ucciso.
A Monteacuto Vallese, però, per tutti lei è solo Annamaria. «Faceva la babysitter ai miei figli quando aveva 15 anni» racconta il suo nuovo vicino di casa, «la conosco da quando era una bambina». Per tutti qui lei era e resterà sempre innocente. «Non so chi sia stato — prosegue — ma dico solo una cosa: per lei ormai è finita, ma se davvero non è stata lei, c’è un assassino di bambini libero».
Solo tre ville sorgono nella via collinare in cui Annamaria e Stefano hanno deciso di vivere, a pochi metri dall’agriturismo della famiglia Franzoni in cui Annamaria ha anche lavorato per un breve periodo. Sul campanello ci sono nome e cognome del marito, Stefano Lorenzi. Il figlio più grande, Davide, non si vede molto da queste parti. Il figlio minore, che ieri pomeriggio si è affacciato per pochi minuti in giardino, ma poi è andato via con alcuni amici, va a scuola, papà Stefano lavora nell’azienda di famiglia. Anche il piccolo Samuele riposa qui, a qualche centinaio di metri, nel cimitero di Monteacuto.
«Ha ricostruito interamente la sua vita» dice don Giovanni Nicolini, il sacerdote bolognese che amministra la cooperativa in cui Annamaria Franzoni ha lavorato quando era ancora in carcere. «La famiglia è stata la sua forza».