Repubblica 18.1.19
L’inchiesta sugli scontri
Il professionista della violenza ultrà "Vado allo stadio solo per picchiare"
Arrestato Ciccarelli, capo dei Viking interisti. " Con Piovella tese l’agguato ai napoletani"
Sandro De Riccardis
MILANO
Ha tatuate sulle braccia dodici foglie, tante quanti gli anni che ha
trascorso dietro le sbarre, tra una condanna e l’altra per aggressioni
da stadio, risse e pestaggi sfociati in accuse di tentato omicidio. Alla
soglia dei cinquant’anni, Nino Ciccarelli si racconta come un «
sopravvissuto » . Agli scontri di strada, alle inchieste e ai processi,
agli anni dei Daspo, alle relazioni pericolose con uomini della curva e
della criminalità. « Vado allo stadio per picchiare — ha raccontato di
recente a una tv russa — . Devi essere pronto a tutto: pronto ad andare
in galera, pronto allo scontro, a tirare le coltellate e a prenderle. E
non devi scappare. Sono quello che ha pagato più di tutti».
Fondatore
dei Viking della curva Nord dell’Inter nel 1984, a quindici anni,
Ciccarelli ne ha trascorsi trentacinque in curva. E nonostante
l’ennesimo Daspo, che avrebbe dovuto tenerlo lontano da stadi e
tifoserie fino al 2021, Nino è in via Novara prima di Inter- Napoli, la
sera di Santo Stefano. Regista insieme al capo dei Boys, il creatore
delle coreografie della curva Marco Piovella, dell’agguato ai tifosi
napoletani, durante i quali muore l’ultrà " Dede" Belardinelli. Per il
gip Guido Salvini, che ieri ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare
che l’ha riportato a San Vittore insieme a Alessandro Martinoli, ultrà
varesino dei neonazisti di Blood Honor, Ciccarelli è soggetto di «
particolare pericolosità » , capace di « condizionare facilmente altri
tifosi», dato che è « conosciuto in tutto l’ambiente ultrà». Interrogato
dalla Digos, dice però di essersi trovato nel cuore della rissa coi
napoletani « per caso, dopo aver visto da lontano gli scontri e essersi
unito ai suoi amici». Nelle telecamere di via Novara, Ciccarelli appare
«claudicante». Ferito alla gamba destra, in faccia e sul naso, «
appoggiato a un cestino dell’immondizia ». Ultima rappresentazione di
una biografia di guerriglia e violenze, inaugurata in una delle giornate
peggiori del calcio italiano, il 9 ottobre 1988, quando. alla fine di
Ascoli-Inter, Nazzareno Filippini viene massacrato di botte e muore dopo
otto giorni di coma. Ciccarelli è lì. Prosciolto per omicidio, viene
condannato per rissa. «Nino non c’entra, mi dice sempre " meglio lo
stadio della droga" » , lo difese allora sua madre, dopo che la Digos se
lo venne a prendere tra i casermoni di Quarto Oggiaro, estrema
periferia nord di Milano. Eppure in una storia di spaccio a San Siro,
Ciccarelli viene coinvolto negli anni ’ 90 insieme a un altro volto
storico della curva, Vittorio Boiocchi, poi finito in inchieste di
criminalità organizzata. Entrambi assolti, ma Ciccarelli torna di nuovo
in carcere nel febbraio del ‘ 90, quando è arrestato per il tentato
omicidio di un pusher liberiano, che finisce in ospedale con un polmone
perforato.
Coltellate date, coltellate prese. Se, venticinque anni
fa, l’allora 26enne Ciccarelli viene bloccato vicino al Meazza mentre
si lancia con un coltello in mano contro gli juventini, a fine ‘ 94 è
lui a restare ferito davanti a una discoteca milanese. Quattro fendenti
nella pancia, cicatrici di guerra che mostra con orgoglio: «Vado allo
stadio per picchiare — dice in tv — . Se picchiamo l’altra tifoseria,
abbiamo vinto la partita anche se l’Inter perde».