mercoledì 9 gennaio 2019

La Stampa TuttoScienze 9.1.19
2019, il Dragone in Laboratorio
Accelera la competizione Cina-Usa “E la genetica sarà protagonista”
di Marco Pivato


Il 2019 potrebbe essere l’anno della frattura tra la vecchia e la nuova scienza. Sta per entrare nel vivo la competizione tra Usa e Cina, a colpi di finanziamenti, per la ricerca e l’innovazione, con gli americani che si apprestano a confluire nel «Vecchio Mondo» assieme all’Europa, mentre l’Oriente accelera, mirando alla conquista di Marte e poi sfidando le frontiere della bioetica con l’editing genomico.
La disputa per il primato tecnologico segue quella per il primato scientifico. Ricerca, economia ed etica sono interdipendenti nel nuovo ordine mondiale. Anche nelle risposte al cambiamento climatico. Dopo anni passati invano a tentare di ridurre le emissioni di anidride carbonica, quest’anno si cambia approccio: si vuole «raffreddare» artificialmente il Pianeta, senza penalizzare troppo i produttori di gas serra. E intanto la fisica volta pagina. Dopo l’entusiasmo seguito alla scoperta del bosone di Higgs, nel 2012, è tempo di riflessioni: l’acceleratore di particelle Lhc va in pausa un paio di anni per aggiornarsi e i fisici guardano ai muoni. Sono queste le principali sorprese - tra le tante - che ci attendono: il verdetto è delle due riviste più celebri, «Nature» e «Science».
Sfida globale. Il boom economico continua a trasformare la società cinese e un capitalismo ibrido sta trasformando anche la ricerca. Se nel 2018 Pechino ha fatto parlare di sé per le mire sul Pianeta Rosso, solto pochi giorni fa la sonda «Chang’e-4» planava sulla faccia nascosta della Luna. Ed è solo l’inizio. Secondo i calcoli di «Nature», la Cina potrebbe diventare il più grande investitore del mondo in ricerca e sviluppo. E questi successi a catena sono una spina nel fianco al prestigio degli Usa, abituati da sempre a dare le carte nel grande gioco della geopolitica. Così allo tsunami di risorse pubbliche cinesi risponderanno le grandi società americane, protagoniste del mecenatismo scientifico, con Google, Facebook, Amazon a trainare la ricerca. Intanto l’Europa cerca di tenere il passo, dopo avere stanziato 100 miliardi di euro per il prossimo Programma quadro per ricerca e innovazione. Si parte nel 2021.
Oltre la bioetica. Proprio la Cina, con l’ormai celebre biologo He Jiankui, aveva annunciato, lo scorso novembre, la nascita di due esseri umani geneticamente modificati grazie alla tecnica Crispr. Sebbene ancora controverso, si tratta del primo esperimento dell’era dell’eugenetica. Ma nel senso etimologico del termine e, quindi, a scopo terapeutico, si augura «Nature». Ma una volta scoperchiato questo «vaso di Pandora», i limiti della genetica potrebbero essere solo quelli dell’immaginazione: mettere i freni alla senescenza, dare il via al «neuroenhancement», il potenziamento delle capacità cognitive, eliminare i geni «cattivi», correlati all’alcolismo o al crimine. Meglio, tuttavia, mettere da parte le ambizioni troppo estreme e concentrarsi, per esempio, sulla «correzione» dei geni implicati nelle malattie rare, in quelle neurodegenerative e nei tumori.
Stop alle pandemie. La genetica farà discutere anche per l’approccio biotecnologico a malattie endemiche come la malaria. È previsto, nel 2019, in Burkina Faso, il rilascio di zanzare Anopheles geneticamente modificate per trasmettere sterilità, condannando così la propria stessa specie a un’estinzione programmata. L’idea di sterminare queste zanzare, vettori del virus responsabile della malattia, è del consorzio di ricerca «Target Malaria», finanziato dalla fondazione di Bill Gates. Secondo «Science», però, non è detto che questi esemplari siano in grado di sopportare le mutazioni e la missione potrebbe quindi fallire. Inoltre non è stato ancora valutato a fondo l’impatto di eliminare questa specie dall’ecosistema.
Una cura per il clima. Fonte di immensi disastri e di costi sempre più gravosi, se non troveremo una soluzione, lo sarà presto anche il cambiamento climatico. Se i Paesi a economia emergente rivendicano il proprio turno per consumare combustibili fossili, gli altri, che, invece, sono spesso sulla soglia della crisi, non si rassegnano al rallentamento dell’economia. E così dalla riduzione (rivelatasi chimerica) delle emissioni di anidride carbonica si passerà alla «cura»: raffreddare il Pianeta ricorrendo alla geoingegneria solare. È l’idea dei ricercatori americani dello «Stratospheric Controlled Perturbation Experiment» (SCoPEx), che vorrebbero diffondere nella stratosfera un aerosol capace di riflettere la radiazione solare e, quindi, di diminuire il calore che resta intrappolato nell’atmosfera.
Fisica al bivio. La scoperta del bosone di Higgs e la conferma all’esistenza delle onde gravitazionali, confermando, una volta di più, la teoria della Relatività di Albert Einstein, sono stati i momenti più adrenalinici per la fisica. Così eccitanti che adesso è difficile pensare che ci possa essere, a breve, un’ulteriore rivoluzione. Se Lhc di Ginevra è stato «spento» e rimarrà in pausa per essere potenziato, una nuova super-macchina, l’International linear collider, potrebbe dedicarsi a studiare in modo più approfondito proprio il bosone. Ma il costo proibitivo (oltre 7 miliardi di dollari) sta facendo dubitare dell’impresa e anche il Giappone, unico Paese che si era fatto avanti per ospitare il mega-progetto, ora manifesta dei dubbi: deciderà solo a marzo.
Intanto si attendono i nuovi dati dai rilevatori del Fermilab, negli Usa. Nel 2018 hanno già cominciato a testare e mettere in dubbio le proprietà di una delle particelle del Modello Standard, il muone: se si scoprissero anomalie significative, allora potrebbe aprirsi una finestra su un «tipo» di Universo mai osservato finora.