La Stampa TuttoSalute 22.1.19
Sbaglio dunque sono
Errori, non soltanto successi “Sono quelli a farci crescere”
di Raffaella Silipo
«Se
m’inganno, esisto», confessava Sant’Agostino, un millennio prima che
Cartesio tirasse fuori il suo famoso «Cogito ergo sum». Il grande
pensatore sapeva bene, per averlo sofferto in prima persona, che
sbagliare è una componente essenziale della vita. Addirittura sono i
nostri errori, più dei nostri successi, a dirci chi siamo, ammonisce la
giornalista e premio Pulitzer Kathryn Schulz nell’«Arte di sbagliare.
Avventure nel margine d’errore» (Bompiani Overlook), dove dimostra - in
un viaggio a perdifiato tra Shakespeare e Wile Coyote, miraggi al Polo
Nord, catastrofi economiche e cuori infranti - come gli sbagli siano una
tappa fondamentale del processo di crescita, necessaria per arrivare al
successo.
Non a caso la storia dell’uomo nasce simbolicamente
dall’errore di Adamo ed Eva, quando mangiarono la mela nel Paradiso
Terrestre. Sbagliare è umano proprio come morire: ma, proprio come non
ci piace pensare alla nostra morte, così cerchiamo di rimuovere,
minimizzare i nostri errori. Non diciamo «Ho sbagliato», diciamo «Ho
sbagliato, ma...». Il fatto è che per secoli si è guardato all’errore
come a un segno di stupidità - e in una società performante come la
nostra, fallire spesso è un marchio indelebile. In realtà la capacità di
sbagliare è una componente cruciale dell’intelligenza. «Ho provato, ho
fallito - diceva Samuel Beckett -. Non importa, riproverò. Fallirò
ancora. Fallirò meglio».
Scienza e letteratura
È il metodo
scientifico sperimentale nato con Galileo Galilei a promuovere l’errore
da «strada sbagliata» a «strada verso la soluzione giusta». A questo
proposito la Schulz cita l’intuizione di Laplace: «La statistica è
geniale perché, anziché ignorare gli errori, li quantifica e la risposta
esatta diventa in un certo senso “funzione” degli errori». L’errore,
insomma, è utile. Infatti è il mattone decisivo della teoria evolutiva
darwiniana: è proprio grazie alla variazione dalla norma che una specie
può adattarsi e sopravvivere a nuove condizioni.
Anche per il
padre della psicanalisi Sigmund Freud l’errore è rivelatore, ci permette
di gettare uno sguardo sulle verità chiuse nell’inconscio,
inaccessibili alla mente razionale. Sono i «lapsus freudiani», veri e
propri messaggi della parte più profonda e nascosta di noi. Una parte
con cui, tipicamente, sanno dialogare gli artisti, uomini «capaci di
essere nell’incertezza, nel mistero, nel dubbio - diceva Keats - senza
l’impazienza di correre dietro alla ragione».
E che dire degli
errori in amore? Chi non ne ha mai commesso uno scagli la prima pietra,
non a caso paragoniamo l’esperienza dell’innamoramento all’essere
ciechi, intendendo dire che ci impedisce di percepire la verità. E se,
da una parte, il massimo cronista dell'amore eterno, William
Shakespeare, difende la verità dei sentimenti a spada tratta («Se questo
è errore e mi sarà provato, io non ho mai scritto, e nessuno ha mai
amato»), dall’altra il più grande investigatore della letteratura
gialla, Sherlock Holmes, consiglia disincanto: «Quando si riferiva alle
passioni umane, faceva un ghigno beffardo».
Allo stesso modo
l’errore è strettamente legato alla comicità. Per Molière «il dovere
della commedia è correggere gli uomini facendoli divertire». Ridiamo in
situazioni in cui possiamo guardare gli altri, soprattutto i potenti,
dall’alto in basso, ma anche quando guardiamo noi stessi dall’alto in
basso. Ridiamo soprattutto quando c’è una distanza tra quello che ci
aspettiamo (Groucho Marx: «Ho trascorso una serata davvero
meravigliosa») e quello che in realtà avviene («Ma non è questa»).
Errare è umano
La
verità è che l’errore è inevitabile, non riusciamo a tenergli testa.
Quando le nostre credenze ci crollano addosso ci ritroviamo tutti «in
uno stato di scioccata incredulità» come l’ex presidente della Federal
Reserve, Alan Greenspan, chiamato a testimoniare il 23 ottobre 2008
davanti alla Camera degli Stati Uniti sulla crisi finanziaria che stava
travolgendo il mondo occidentale. Come aveva potuto trascurare i segnali
di allarme? Era convinto che i mercati non potessero sbagliare.
Se
errare è umano, ciò non vuol dire che dobbiamo gettare la spugna,
perché il prezzo di uno sbaglio può essere molto alto. Soprattutto in
certi ambiti, basti pensare ai disastri aerei «per errore umano» o a
quelli in sala operatoria. La nostra unica scelta è convivere con
l’errore e continuare a dargli la caccia, imparando dai bambini, forse i
maggiori esperti in questo campo, per cui formarsi teorie sul mondo,
testarle e capire dove qualcosa è andato storto è il pane quotidiano.
Come se la vita fosse un gigantesco esperimento scientifico e l’errore
aiutasse a conoscerci, ma soprattutto a trasformarci, spingendoci a
tirare fuori il meglio di noi attraverso la sua accettazione. L’errore
ci insegna anche a diventare più compassionevoli verso gli altri:
sbagliano perché sono come noi, umani. «Noi soli tra le creature del
mondo - conclude la Schulz - possiamo escogitare idee folli, fare
castelli in aria e rialzarci se questi collassano». Perseverare, quello,
resta diabolico.