La Stampa 23.1.19
Armi e affari con i regimi
In Africa Putin sfida la Cina
di Giuseppe Agliastro
Il
Cremlino sta allungando i suoi tentacoli sull’Africa. Ma mentre la Cina
si espande nel continente puntando su commercio, investimenti e
infrastrutture, la Russia lo fa giocando la carta delle armi e quella
del sostegno militare ai Paesi che vuole inglobare nella sua sfera di
influenza e di cui vuole sfruttare le risorse minerarie.
Due
strategie diverse ma che rischiano - visti gli obiettivi talvolta
coincidenti - di scontrarsi e un braccio di ferro fra Cina e Russia è
dietro l’angolo. Tra i Paesi dove Putin affina la sua strategia c’è lo
Zimbabwe, sconvolto dalle violente proteste per l’aumento dei prezzi del
carburante e alle prese con una grave crisi economica. Il presidente
Emmerson Mnangagwa è stato costretto a rientrare in patria rinunciando a
al World Economic Forum di Davos.
Qualche accordo Mnangagwa lo ha
però raggiunto. Non a Davos, ma a Mosca, dove la settimana scorsa ha
stretto la mano a Putin proprio mentre le strade della capitale Harare
si riempivano di gente indignata e di pneumatici incendiati per tenere
lontana la polizia. La Russia parteciperà allo sfruttamento di un
giacimento di platino in Zimbabwe e il colosso russo dei diamanti Alrosa
tornerà a investire nel Paese africano.
Il presidente dello
Zimbabwe si è detto invece pronto ad acquistare dalla Russia «armi
all’avanguardia» e a collaborare con Mosca per modernizzare il proprio
esercito. Non è l’unico.
Dal 2014, cioè da quando i rapporti tra
Mosca e Occidente si sono deteriorati a causa della crisi ucraina, il
Cremlino è andato alla ricerca di nuove alleanze, anche in Africa. E
così, in meno di cinque anni, ha siglato una ventina di accordi di
cooperazione militare con altrettanti Paesi dell’Africa Subsahariana.
Una strategia di espansione diversa da quella della Cina, che punta
sull’economia ed è ormai il primo partner commerciale del continente. Ma
complementare ad essa. «La Cina è il denaro e la Russia i muscoli»,
sintetizza l’oppositore congolese Christian Malanga. Il Cremlino fa così
concorrenza a Francia, Usa e Gran Bretagna. Dal 2012 al 2017, Mosca ha
raddoppiato le sue vendite di armi in Africa. Il 39% degli armamenti
importati dall’Africa tra il 2013 e il 2017 proveniva dalla Russia, il
17% dalla Cina e l’11% dagli Usa. Allo stesso tempo, il valore dello
scambio commerciale tra la Cina e l’Africa ammonta a 180 miliardi di
dollari. Mentre quello tra la Russia e i Paesi africani, pur essendo in
costante crescita, naviga su numeri molto più modesti: ha raggiunto i
17,4 miliardi di dollari nel 2017 e potrebbe aver toccato i 20 miliardi
nel 2018.
I mercenari del Wagner
La Russia pare abbia posato
lo scarpone in Africa anche con i mercenari del famigerato Gruppo
Wagner, considerati agli ordini del Cremlino e già presenti in Ucraina e
in Siria. I contractor sono stati avvistati anche in Sudan e in
Centrafrica, dove la scorsa estate tre giornalisti russi che indagavano
sulla misteriosa compagnia militare privata sono stati uccisi in un
agguato.
In cambio di armi e addestramento, la Russia in
Centrafrica può sfruttare giacimenti di oro, diamanti e uranio. Ma
società russe sono impegnate anche in Guinea, dove la Rusal estrae
bauxite, nonché in Mozambico, Egitto e Algeria, dove la Rosneft sviluppa
la produzione di gas e petrolio, mentre in Zambia e in Egitto la
Rosatom potrebbe realizzare delle centrali nucleari.
Nella sua
ascesa internazionale, la Russia di Putin non perde quindi di vista
l’Africa, così come l’Urss alcuni decenni fa. L’influenza americana
appare invece in declino e sta lasciando a Mosca ampi margini di
inserimento in quello che il vice ministro degli Esteri russo Mikhail
Bogdanov ha definito «il continente del futuro».