il manifesto 5.1.19
Una visione che rifiutava «la tirannia della gioia»
A proposito del volume di Catherine Nixey, «Nel nome della Croce. La distruzione cristiana del mondo classico»
di Alberto Giovanni Biuso
Per
quanto strano possa sembrare, c’è un evento storico fondamentale, di
lunga durata e dalle vastissime conseguenze, che non è entrato nella
consapevolezza comune, cui sono state dedicate poche ricerche e che
anche da quanti lo conoscono viene per varie ragioni taciuto o
sottovalutato. Si tratta della persecuzione attuata dai cristiani nei
confronti del paganesimo sconfitto. È una storia fatta di magnifici
edifici rasi al suolo; di una miriade di statue e altre opere d’arte
abbattute e dissolte; di enormi, costanti e ripetuti roghi di libri e di
intere biblioteche; di simboli millenari umiliati e offesi.
NELLA
SOLA Alessandria vennero rasi al suolo il più grande edificio del mondo
antico e la più grande Biblioteca mai esistita prima della
contemporaneità (conservava forse settecentomila volumi). A distruggerli
fu una visione del mondo che celebrava esplicitamente l’ignoranza come
virtù; che individuava nei libri, nella bellezza e nell’eros la presenza
di potenze diaboliche; che vedeva nella pluralità e nella differenza un
male assoluto poiché «Cristo era l’unica via, la verità e la luce, e
tutto il resto non era solamente sbagliato, ma faceva precipitare il
credente in un’oscurità demoniaca». Così si esprime Catherine Nixey, in
un volume dal titolo Nel nome della Croce. La distruzione cristiana del
mondo classico (Bollati Boringhieri, pp. 348, euro 24). Una visione del
mondo che rifiutava «la tirannia della gioia», come scrisse San Giovanni
Crisostomo; che disprezzava la filosofia, il suo relativismo, il suo
scetticismo, il suo razionalismo; che non si fermava davanti ad alcuna
violenza perché, come disse esplicitamente il monaco e poi santo Scenute
d’Atripe, «non esiste crimine per chi ha Cristo», principio ribadito da
sant’Agostino e da san Girolamo, il quale scrive che «non esiste
crudeltà per quanto concerne l’onore di Dio».
UNA VISIONE del
mondo che causò la sofferenza, l’esilio, la tortura e la morte di
centinaia di migliaia di persone, tra le quali una delle più importanti
donne del mondo antico, la matematica e filosofa Ipazia che su ordine
del vescovo Cirillo di Alessandria fu trascinata in una chiesa e
linciata. Come si vede, si tratta di concezioni e azioni tornate
drammaticamente familiari nel XXI secolo, perché identiche a quelle
praticate dagli islamisti che distrussero le statue del Buddha in
Afghanistan, che hanno raso al suolo «l’antica città assira di Nimrud,
appena a sud di Mosul, in Iraq, perché considerata “idolatra”», sino a
porsi in continuità anche fisica con gli antichi cristiani nella città
di Palmira: «Ancora una volta, Atena è stata decapitata; un’altra volta
ancora, le sue braccia sono state tranciate».
A CHI OBIETTA che la
Chiesa salvò comunque opere del mondo antico, Nixey risponde che «prima
di preservare, la Chiesa aveva distrutto» e che se «molta letteratura
classica fu preservata dai cristiani; molta di più fu distrutta». Basti
il semplice dato quantitativo: a causa della volontà purificatrice dei
cristiani «il novanta per cento della letteratura classica sparì
completamente».
Una distruzione enorme, che è stata dimenticata
anche a favore della narrazione opposta, quella che in una miriade di
libri, quadri e film descrive le persecuzioni subite dai cristiani nei
primi secoli. In realtà sino alla metà del III secolo i cristiani
vennero ignorati o lasciati completamente in pace. Le ragioni stanno nel
rispetto che la società romana nutriva per il diritto e nella
convinzione che più dèi ci sono meglio è: anche il dio dei cristiani. Si
è dunque trattato di una distruzione immensa e dimenticata, che ha
privato il futuro di molte importanti opere scientifiche, filosofiche,
artistiche e religiose. Questo libro ha il merito di portare alla luce
ciò che è stato fatto «nel nome della Croce».