il manifesto 30.1.19
Caso Salvini, i 5 Stelle nel vicolo cieco
Catania, il (tardivo) sbarco dei migranti dalla nave Diciotti
di Massimo Villone
Ci
si poteva scommettere. Salvini non ha tolto dalle pesti M5S chiedendo
di votare sì all’autorizzazione a procedere. Perché fare mostra di animo
nobile e coraggioso, quando c’è un utile politico facile, a spese dei
competitors di governo? Piuttosto, fa impressione che i pentastellati –
almeno a sentirli parlare – ci caschino di nuovo. Ancora ci credevano, o
credono, mentre è alto il fuoco di sbarramento leghista.
È
probabile che Salvini abbia sempre saputo di avere poco da temere. La
legge costituzionale 1/1989 intese riportare il reato ministeriale – per
definizione, quello commesso nell’esercizio delle funzioni – alla
giurisdizione ordinaria. In precedenza, il modello adottato era quello
della messa in stato di accusa del parlamento in seduta comune, con
giudizio della Corte costituzionale. Ora invece uno speciale collegio di
tre magistrati estratti a sorte può archiviare con decreto non
impugnabile. In caso contrario, gli atti sono trasmessi alle camere.
È
questa appunto la fase in cui ci troviamo, che si svolge in prima
battuta presso la giunta per le autorizzazioni a procedere. Ma si tratta
di un passaggio meramente istruttorio, sul quale la giunta riferisce
all’aula. Che il voto in giunta vada in un senso o nell’altro può essere
alla fine sostanzialmente irrilevante. Infatti, l’articolo 9 della
legge 1/1989 testualmente dispone che l’assemblea «può, a maggioranza
assoluta dei suoi componenti, negare l’autorizzazione a procedere ove
reputi, con valutazione insindacabile, che l’inquisito abbia agito per
la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante
ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico
nell’esercizio della funzione di governo». È su questo che l’assemblea
si pronuncia, e non sul punto – che non potrebbe ovviamente né avallare
né smentire – che un reato sia stato commesso o no. Non c’è valutazione
di fumus persecutionis, e si tocca un profilo di responsabilità politica
piuttosto che giuridica. Questo è il senso del richiamo fatto da
Salvini nella sua lettera.
Per la stessa legge costituzionale solo
un esito ferma l’autorizzazione: una maggioranza assoluta dei
componenti che vota no. Qualunque altro esito – ad esempio, una
maggioranza di no, ma solo relativa – comporta che l’autorizzazione sia
concessa. E che parallelamente venga negata la sussistenza
dell’interesse costituzionalmente rilevante o del preminente interesse
pubblico. Si è inteso così creare un favor per l’autorizzazione. Ma si è
al tempo stesso introdotto un evidente elemento di pressione per un
compattamento della maggioranza. Ancor più se si considera il
procedimento come disciplinato dal regolamento del senato all’articolo
135 bis.
Diciamo che in un modo o nell’altro – dipende da quello
che decide e propone la giunta – l’aula sarà chiamata a deliberare sul
diniego dell’autorizzazione. Ciò comunque avverrà mediante votazione
nominale con scrutinio simultaneo ovvero dichiarando il voto ai
segretari (comma 8 bis). Si tratta quindi di una votazione in cui non
c’è anonimato, e ogni voto ha nome e cognome.
Questo mette sotto
una particolare pressione M5S, anzitutto per i numeri in senato che – a
fronte di qualche voto per l’autorizzazione già annunciato – potrebbero
rendere indispensabile un soccorso nero alla maggioranza per raggiungere
la metà più uno dei componenti richiesta per il diniego. Se il soccorso
fosse necessario e sufficiente, forse si eviterebbero convulsioni, ma
il prezzo politico sarebbe alto. Se il soccorso non bastasse, potrebbero
aprirsi scenari inattesi, per la ovvia difficoltà di scindere le
responsabilità del governo nel suo complesso dall’operato di un ministro
che non è mai stato sconfessato dai suoi pari di governo. Nessuno si
era accorto che Salvini dava di matto? Invece, da ultimo Conte attesta
che ha seguito la linea del governo. Si può mai affermare che un intero
governo non abbia perseguito un preminente interesse pubblico? Li
mandiamo tutti davanti al giudice penale?
Dubitiamo che M5S voglia
o possa permettersi di peggiorare la singolare situazione, in cui già
vive, partner di un governo di separati in casa. Ma è intollerabile che
la questione migranti sia ormai ridotta a sgradevole sceneggiata, su un
palcoscenico fatto di miserie politiche e umane.