il manifesto 23.1.19
La crescita cinese, i cigni neri e i rinoceronti grigi
Lo
zoo di Davos. Il rallentamento cinese, crescita al 6,6, la più bassa
dal 1990, preoccupa il mondo economico. Meno la leadership cinese che ai
propri quadri chiede però la massima attenzione
di Simone Pieranni
La
crescita più bassa dal 1990: i dati sull’economia cinese segnano un Pil
al 6,6% che preoccupa il resto del mondo e pone in relativa allerta il
Pcc. La leadership del paese raccomanda prudenza, ritenendo i dati sotto
controllo (alcuni analisti, al contrario sospettano che i numeri cinesi
ufficiali siano ritoccati); più in allarme è la comunità internazionale
– riunita a Davos anche se con importanti defezioni – che negli anni
scorsi ha trovato in Pechino uno dei motori più roboanti dell’economia
mondiale.
Pesano i dazi, specie nell’ultima parte dell’anno – il
che lascia presagire che la crescita sarà bassa pure in questo inizio
2019 – e un diffuso clima di sfiducia per l’aumento dei prezzi e per la
più generale difficoltà del mercato interno cinese. Pechino ha la
ricetta: il progetto della nuova via della seta punta ad allargare il
campo, ampliando il mercato internazionale per le merci cinesi, mentre
la corsa tecnologica dovrebbe stimolare il mercato interno e il lavoro
(anche se poche riflessioni, ad oggi, sono state effettuate sui rischi
dell’automazione).
Ci si chiede, inoltre, che tipo di politiche
saranno adottate da Pechino: nel 2008 a fronte della crisi mondiale, la
Cina aveva iniettato liquidità, portando però a una «quasi-bolla»
immobiliare e a una mini crisi del sistema creditizio. Che l’economia
del gigante non sia al massimo della forma lo sappiamo già dal 2016,
quando a tremare fu il mercato azionario. Oggi si sono aggiunti i dazi
che, per quanto ancora al di sotto di un livello di allarme, hanno
portato a una contrazione della crescita.
Proprio nel giorno
dell’annuncio del 6,6%, Xi Jinping ha tenuto un discorso ai quadri del
partito comunista all’interno di un gruppo di lavoro dedicato alla
simulazione di scenari «di rischio» di natura economico-finanziaria. Xi,
dopo aver specificato che l’economia è sotto controllo, ha invitato i
quadri del partito a stare bene in guardia. La Cina, ha detto il numero
uno, deve fronteggiare una situazione internazionale che potrebbe farsi
cupa, insieme a un generale rallentamento economico mondiale.
I
dirigenti dunque dovranno prestare attenzione a tutto: Xi Jinping ha
citato tanto i rischi di «cigni neri» – che nel linguaggio finanziario
indica un evento inaspettato e imprevedibile – quanto i «rinoceronti
grigi», eventi previsti ma sottovalutati. Si tratta dell’ennesimo
richiamo del leader a questi due concetti mutuati dalla finanza: aveva
citato i due fenomeni anche nel 2018. E i più attenti avevano già notato
un particolare: nel discorso di capodanno del 2018, Xi aveva alle
proprie spalle una libreria. I cinesi appassionati di particolari
avevano così segnalato che tra i libri presenti alle spalle di Xi, oltre
a classici cinesi, occidentali (spicca Turgenev) e alle opere dei suoi
predecessori (compreso il grigio Hu Jintao), c’era anche il volume The
Gray Rhino: How to Recognize and Act on the Obvious Dangers We Ignore di
Michele Wucker.
Insieme a questo c’era un altro testo importante
per comprendere l’attuale direzione cinese, Augmented di Brett King: non
a caso anche nel discorso ai quadri di partito Xi Jinping ha
sottolineato l’importanza dell’innovazione e della capacità cinese di
spingere sull’acceleratore della tecnologia. Ma naturalmente i leader
cinesi non sono certo stolti: sanno che la propria economia potrebbe
rischiare. Per questo i negoziati sui dazi saranno importanti: Pechino
sa di dover arrivare a un compromesso capace di non complicare la cosa
che ha più a cuore: il mantenimento della stabilità interna, a sua volta
dipendente dalla crescita della propria economia.