il manifesto 15.1.19
Sinistra tedesca, scomode verità
La
Rosa rossa 1919-2019. Cento anni dall'uccisione di Rosa Luxemburg e
Karl Liebknecht. La Linke ricorda la nascita della Kpd, ma s’infuria la
Cdu: «Omaggio ai nemici della democrazia». La Spd ora ammette: «Nella
morte di Luxemburg e Liebknecht lo zampino del nostro Noske»
di Jacopo Rosatelli
«Orgogliosamente,
ma non acriticamente, ci inseriamo ancora oggi nella tradizione della
Kpd». Con un tweet il co-segretario della Linke, Bernd Riexinger,
ricordava lo scorso primo gennaio il centenario della nascita del
partito che Rosa Luxemburg, la più illustre nel gruppo fondatore insieme
a Karl Liebknecht, avrebbe voluto chiamare «socialista» e non
«comunista» per non appiattirsi sul modello bolscevico. Proprio Rosa è
la figura che il partito tedesco «a sinistra della socialdemocrazia» ha
eletto a nume tutelare, dedicandole la propria fondazione culturale.
È
dunque innanzitutto il ruolo che ebbe la dirigente spartachista nella
sua creazione a consentire alla Linke di riconoscersi nella storia della
Kommunistische Partei Deutschlands, difficile e controversa non solo
per gli sviluppi del secondo dopoguerra nella Ddr, ma già per gli
avvenimenti della Repubblica di Weimar.
L’orgoglio della Linke sta
nel richiamarsi a un partito nato per iniziativa di chi aveva lottato
contro la guerra e che, una volta concluse le ostilità, mirava a
eliminarne le cause strutturali che l’avevano generata, chiedendo
l’esproprio delle industrie militari dalle mani dei Krupp e dei Thyssen.
La stessa determinazione messa nel combattere il nazismo, prima e dopo
la sua presa del potere: l’altro legato positivo della Kpd che
rivendicano, oggi, Riexinger e compagni. I quali, tuttavia, si
confrontano con questo passato criticamente, come dimostrato nel
convegno svoltosi l’8 gennaio proprio nel luogo in cui, cento anni fa,
il partito comunista venne fondato: l’antico parlamento prussiano, oggi
camera dei deputati del Land di Berlino.
Un’occasione non
celebrativa, ma di riflessione, che ha comunque indispettito molto i
democristiani della Cdu: «Un omaggio ai nemici della nostra democrazia e
della società libera», secondo il capogruppo cittadino Burkard Dregger,
che si è lanciato nell’accusa di «infedeltà alla Costituzione» contro i
principali esponenti della Linke berlinese, «rei» di volere il ritorno
in mano pubblica di molte proprietà immobiliari la cui privatizzazione
degli scorsi anni ha fatto impennare gli affitti della capitale.
Ma
nell’ex parlamento prussiano non c’è stato alcun «omaggio», con buona
pace della Cdu. Relatori come lo storico dell’Università di Amburgo
Marcel Bois hanno sottolineato l’involuzione stalinista della Kpd dalla
metà degli anni ’20 sotto la direzione autoritaria di Ernst Thälmann
(morto poi in un campo di concentramento), che condusse all’errore
fatale della linea di scontro frontale con i socialdemocratici della
Spd, culminata nella teoria del social-fascismo.
Drammatiche
divisioni del passato, non certo imputabili esclusivamente ai comunisti,
che possono essere di monito, oggi, di fronte al consolidarsi della
destra nazionalista di Alternative für Deutschland. Non poteva non
essere evocata anche Rosa Luxemburg, alla quale in questi giorni sono
dedicati ulteriori convegni (segnalati al termine dell’articolo), oltre
alla annuale marcia commemorativa sino al Memoriale dei socialisti di
Lichtenberg: è dalla sua sorgente – è stato ribadito – che la Linke trae
«il valore della libera autodeterminazione delle masse».
Una figura,
quella della rivoluzionaria e pensatrice spartachista, con cui ha molta
più difficoltà a relazionarsi la Spd, e per evidenti ragioni: era
socialdemocratico il commissario del popolo Gustav Noske a cui
rispondevano i Freikorps che uccisero lei e Liebknecht. Responsabilità a
lungo taciuta dalla dirigenza del partito, che solo ora inizia ad
essere ammessa: «Che ci sia lo zampino di Noske è probabile», ha
riconosciuto di recente la segretaria Andrea Nahles.
Per lo storico
Karl Heinz Roth, intellettuale di spicco dell’operaismo tedesco,
l’elaborazione autocritica da parte della Spd dovrebbe spingersi molto
oltre, arrivando a mettere in discussione Friedrich Ebert, capo del
governo provvisorio nel novembre ’18 e poi primo presidente della
Repubblica di Weimar. A lui è intitolata la fondazione culturale del
partito socialdemocratico. «Ebert – sostiene Roth in un’intervista al
magazine storico della Zeit dedicato alla ’rivoluzione tedesca’ – non
tolse il potere alle vecchie élite. Agì senza testa, senza strategia, e
creò egli stesso le condizioni per la successiva distruzione della
democrazia».
Una tesi che non può trovare spazio nell’attuale
narrazione ufficiale su quel convulso periodo, anche se comincia a farsi
largo un’interpretazione meno unilaterale di un tempo. Un esempio viene
dalle parole, prudenti ma significative, pronunciate dal
socialdemocratico presidente della Repubblica Frank-Walter Steinmeier
nel discorso solenne al Bundestag per il centenario del 9 novembre 1918,
nascita del nuovo stato democratico sulle ceneri dell’ordine monachico
del Reich sconfitto: «Certo è che contro il tentativo della sinistra
radicale di impedire con la violenza le elezioni per l’assemblea
costituente i commissari del popolo guidati da Ebert dovettero opporre
resistenza.
Tuttavia non c’era in alcun modo ragione di lasciare
praticamente mano libera ai Freikorps nazionalisti. Vennero uccisi in
molti, fra di loro anche Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Oggi vogliamo
commemorare anche le molte vittime di quelle giornate». Siamo lontani
da un’impossibile sconfessione di un «padre della patria» e icona
socialdemocratica come Ebert, ma va registrata una prima, timida e
ancora non sufficiente problematizzazione del ruolo che ebbe il suo
governo provvisorio, insieme a una sorta di onore delle armi ai caduti
della «sinistra radicale». Tutt’altro che pacifico, però, è che, come
sostenuto da Steinmeier, i rivoluzionari comunisti volessero (e
potessero) davvero impedire con la violenza lo svolgimento delle
elezioni, alle quali, come è noto, Luxemburg avrebbe voluto che la Kpd
si presentasse. Ma, come altre volte le capitò, rimase in minoranza, e
il partito decise per la non partecipazione. Confidando, fra i dubbi di
Rosa, in una via diversa che conducesse alla repubblica socialista.
Comizio di Karl Liebknecht a Berlino nel 1918
Quattro iniziative in Germania/«Non piangiamo il suo cadavere, celebriamo la sua vita»
Sono
tantissime le iniziative, in tutta la Germania, per ricordare Rosa
Luxemburg, il suo assassinio e quello di karl Liebknecht e il bagno di
sangue degli spartachisti, insieme al contesto e agli eventi di cento
anni fa. «Non piangiamo il suo cadavere, celebriamo la sua vita»: questo
lo slogan scelto dalla fondazione che porta il suo nome per designare
la serie di incontri dedicati alla dirigente spartachista. Uno dei
principali, il convegno di studi sull’attualità del suo pensiero
tenutosi a Berlino il 10 gennaio, presenti Paul Mason, autore di
Postcapitalismo (pubblicato in Italia da Il Saggiatore), e la docente
della London School of Economics Lea Ypi. Sempre nella capitale, due
giorni dopo, un lungo tributo attraverso parole, video, rappresentazioni
sceniche nell’evocativa cornice del centro culturale Bethanien di
Mariannenplatz, luogo-simbolo per la storia della sinistra alternativa e
rivoluzionaria tedesca, a cui hanno preso parte la saggista Daniela
Dahn e la co-segretaria della Linke Katja Kipping. A Monaco, sul palco
del Teamtheater, varie giornate di letture sulle «Donne nella
rivoluzione 1918/19», mentre in diverse città sta facendo tappa uno
spettacolo su Luxemburg realizzato dalla compagnia teatrale
Portraittheater di Vienna, così come non si contano le proiezioni
speciali del film Rosa L. del 1985 di Margarethe von Trotta, che valse
alla protagonista Barbara Sukowa il premio come miglior attrice al
festival di Cannes. A fine mese, l’inaugurazione della mostra «Rosa
Luxemburg – una vita per l’ideale socialista» a Stoccarda, nella sede
della confederazione sindacale unitaria Dgb, visitabile sino al 15
marzo. (j.r.)