Il Fatto 20.1.19
Caccia (a ostacoli) ai 14 latitanti fuggiti in Francia
Condannati
- I rifugiati Oltralpe grazie alla “dottrina Mitterrand” e al rifiuto
di Parigi di riconoscere le condanne in contumacia
di Alessandro Mantovani e Davide Milosa
Dopo
la cattura di Battisti, ora si punta tutto sulla Francia e sui 14 ex
terroristi che lì hanno trovato riparo da anni ormai. L’obiettivo del
governo è dichiarato. Per questo il ministro dell’Interno Matteo Salvini
ha annunciato di voler incontrare a breve il presidente francese
Emmanuel Macron. L’ordine del Viminale è accelerare su altre posizioni
ritenute perseguibili. Salvini ha fatto sapere ieri che “sul suo tavolo”
c’è una lista di 30 ex terroristi sparsi in tutto il mondo e già
condannati in Italia per fatti legati agli anni della lotta armata nel
nostro Paese. Primi della lista dunque i 14 presenti sul suolo
transalpino, dove grazie alla cosiddetta “dottrina Mitterrand” ma anche
alla rifiuto dei giudici francesi di riconoscere le condanne pronunciate
in contumacia in Italia, hanno trovato un ventennale rifugio. L’arresto
di Battisti ha dato fuoco alle polveri. La conferma arriva anche da
fonti dell’intelligence che in questo momento si concentra su posizioni
meno note dal punto di vista mediatico. Sono al lavoro anche i tecnici
del ministero della Giustizia.
Certo, la questione non è così
semplice. Sui 14 italiani in Francia molte sono le differenze dal punto
di vista della posizione giudiziaria. Su tutti, allo stato, pende una
richiesta di estradizione da parte del nostro governo. Richiesta che pur
respinta negli anni è stata poi reiterata sulla base di nuove note
informative.
Della lista fa parte certamente Narciso Manenti, ex
membro di Guerriglia proletaria, che nel 1979 a Bergamo uccise il
carabiniere Giuseppe Gurrieri. Pochi giorni fa, dopo l’arresto di
Battisti, si è saputo che la Procura di Bergamo il 17 maggio 2017 ha
firmato una nuova richiesta di cattura. Allo stato la Francia non ha
risposto. Sul caso è tornata a lavorare l’Interpol che ha chiesto i
nuovi atti depositati. Manenti oggi fa l’elettricista a domicilio è vive
a Châlette-sur-Loing nella valle della Loira. Un segnale chiaro quello
del governo italiano, ma non di facile attuazione. Il mandato di cattura
europeo è sì oggi uno strumento di grande efficacia nell’area Schengen
ma in Francia, come anche in Italia, non è applicabile per fatti
precedenti al 2004. Un ostacolo non di poco conto visto che stiamo
parlando di casi tutti molto datati. Vi sono poi posizioni che risultano
già prescritte. E sono, ad esempio, quelle di Simonetta Giorgieri, già
condannata per il sequestro Moro e latitante in Francia dal 1980, poi
associata alle recenti indagini delle nuove Br-Pcc. E anche quella di
Carla Vendetti.
Diversa la questione per Marina Petrella,
brigatista coinvolta nel sequestro Moro. La sua estradizione fu bloccata
dall’ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, per motivi di salute. Se
questi motivi dovessero venir meno, ma sarà difficile, potrebbe essere
estradata. Della prescrizione a breve beneficerà anche Giorgio
Pietrostefani, tra i fondatori di Lotta continua e condannato a 22 anni
per l’omicidio del commissario dell’ufficio politico della QQuestura
milanese, Luigi Calabresi (17 maggio 1972). Posizione pressoché simile
per l’ex Br Enzo Calvitti, condannato per il tentato omicidio di un
funzionario di polizia e per Maurizio Di Marzio, anche lui ex Br,
condannato a 15 anni per una serie di attentati.
Partita
differente quella che riguarda Alvaro Lojacono, 63 anni, killer delle
Br, condannato all’ergastolo per la strage di via Fani ma anche a 16
anni per l’omicidio dell’estremista di destra Mikis Mantakas nel 1975 a
Roma. Oggi Lojacono è cittadino svizzero e ha preso il cognome della
madre, Baragiola. La Svizzera non estrada i suoi cittadini e nemmeno i
residenti permanenti. Nei giorni scorsi, intervistato da un quotidiano
elvetico, si è detto pronto a scontare l’ergastolo in Svizzera. L’Italia
così potrebbe chiedere già la prossima settimana di processarlo. C’è
però un problema: Lojacono ha già scontato 17 anni. Se condannato
dovrebbe scontare appena 3 anni, visto che in Svizzera non è prevista
una detenzione superiore ai 20 anni.
Ci sono poi i latitanti in
stile Battisti, quelli cioè che hanno scelto il Sudamerica. Alessio
Casimirri, ergastolo per il sequestro Moro, non è estradabile essendo a
tutti gli effetti cittadino nicaraguense. Qui si è sposato e oggi
gestisce due ristoranti a Managua. Poi ci sono le posizioni che la
nostra polizia tratta come veri latitanti. Ovvero, si sa il nome ma non
la localizzazione. È il caso di Oscar Tagliaferri, ex Prima linea,
condannato per omicidio e associazione sovversiva fuggito in Perù e del
quale si sono perse le tracce. C’è, infine, l’altra metà della luna,
ovvero i terroristi di destra, come l’ex Nar Vittorio Spadavecchia,
condannato per banda armata e rifugiato a Londra. Nessun omicidio
contestato e anche per questo il governo italiano non ha reiterato la
richiesta di estradizione (già negata due anni fa), visto che il reato è
ormai sulla strada della prescrizione. Insomma, se la battaglia su
Battisti è stata un successo, proseguire la guerra non è facile.
di Alessandro Mantovani e Davide Milosa