Il Fatto 19.1.19
Il sociologo che per primo raccontò i braccianti indiani: “In questa inchiesta non solo sfruttatori, ma il Mondo di Sopra”
“Qui
non serve più la Procura della Repubblica, serve la politica. Adesso
non lasciamo soli i lavoratori. Grazie alla legge sul caporalato,
soltanto in provincia di Latina, 500 braccianti sono stati salvati. La
legge funziona e va difesa”. Lo dice Marco Omizzolo, sociologo,
responsabile scientifico della cooperativa InMigrazione, insignito al
merito di Cavaliere della Repubblica, meno di un mese fa, dal presidente
Mattarella per la sua opera di contrasto allo sfruttamento dei
braccianti agricoli. Omizzoli – che nel corso dell’ultimo anno ha
ricevuto diverse intimidazioni – spiega come di tutte le inchieste sul
caporalato questa messa a segno dalla squadra mobile di Latina sia
l’unica che indaga sul Mondo di Sopra: “Non più solo caporali ma tutti
coloro che per anni attraverso i loro ruoli anche istituzionali hanno
agito nell’interesse degli sfruttatori violando norme fondamentali ed
esponendo lavoratori e lavoratrici a pericoli per la loro stessa vita”.
Per arrivare a questi arresti c’è stato un impegno della Questura e
della Procura di Latina lungo 15 anni. E c’è stato un grande lavoro di
ricerca partito proprio dal sociologo che, come tesi di dottorato, anni
fa, decise di studiare la comunità sikh. Fu il primo italiano ad
occuparsi di loro e ad aiutarli: per tre mesi Omizzolo fece il
bracciante agricolo. La mattina lasciava la macchina al residence Bella
Farnia e poi raggiungeva i campi in bicicletta. Come “loro”