Il Fatto 19.1.19
Meno aborti, stessi obiettori
Pubblicati i
dati del 2017 dopo l’interrogazione sul ritardo di undici mesi. Numeri
stabili, ma ci sono medici non utilizzati in modo efficiente e squilibri
territoriali
di Vds
“Dal 1983, l’Interruzione
volontaria di gravidanza è in continua e progressiva diminuzione,
attualmente il tasso di abortività del nostro Paese è fra i più bassi
tra quelli dei Paesi occidentali”: è l’incipit delle conclusioni del
ministro della Salute, Giulia Grillo, alla relazione sull’attuazione
della legge 194 che fa il punto sui dati e la situazione italiana per le
interruzioni volontarie di gravidanza nel 2017. Giovedì Emma Bonino
aveva depositato una interrogazione urgente per un ritardo di 11 mesi
nella sua pubblicazione (che ha riguardato tutti i ministri che si sono
succeduti dal 2000).
Calano le interruzioni: -4.9% rispetto al
2016, -65.6% rispetto al 1982. Il tasso di abortività è di 6,2 donne
ogni mille (15-49 anni), il 3,3% in meno rispetto al 2016. A
contribuire, l’abolizione per le maggiorenni della prescrizione medica
per la cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo” e della “pillola del
giorno dopo”, la cui vendita è in crescita. Stabile, inoltre, il livello
di aborti tra le straniere dopo anni di aumento. Oggi rappresentano il
30,3% di tutti gli aborti volontari, un valore simile a quello del 2016
(30%). “Permane una popolazione a maggior rischio di abortire rispetto
alle italiane: per tutte le classi di età hanno tassi di abortività più
elevati delle italiane di 2-3 volte”. Tra le minorenni, invece, il tasso
per il 2017 è pari a 2,7 per 1000, valore inferiore (-6,9% è il calo
per le under 20) a quello del 2016. Un dato inferiore “a quanto
registrato negli altri Paesi dell’Europa Occidentale – si legge – in
linea con la loro moderata attività sessuale e con l’uso estensivo del
profilattico riscontrati in recenti studi”.
Ancora alto il numero
di obiettori di coscienza tra i ginecologi: sono il 68,4%, in linea con
il 2016. Tra gli anestesisti, la percentuale è del 45,6%. Il numero di
interventi di interruzione, che settimanalmente grava sui non –
obiettori, va dalle 0,2 della Valle d’Aosta alle 8,6 del Molise, con una
media nazionale di 1,2 a settimana. “Non dovrebbe impedire ai non
obiettori di svolgere anche altre attività. Quindi gli eventuali
problemi nell’accesso al percorso potrebbero essere riconducibili ad una
inadeguata organizzazione territoriale”. Dai monitoraggi regionali,
infatti, è emerso che il 9,8% dei ginecologi non obiettori (146
ginecologi in 146 strutture di 8 regioni) è assegnato ad altri servizi e
non a quello di interruzione volontaria di gravidanza. “A determinare
eventuali criticità è probabilmente il modo in cui le strutture si
organizzano”. E nei consultori? Non pervenuto. “Non è stato ritenuto
utile rilevare il numero – si legge – in quanto il dato negli anni
precedenti non aveva rilevato criticità”. La raccolta dati è stata però e
difficoltosa “considerando anche la grande difformità territoriale
dell’organizzazione dei consultori stessi, che mutano spesso di numero a
causa di accorpamenti e distinzioni fra sedi principali e distaccate,
la cui differenziazione spesso non è chiara e risponde a criteri diversi
fra le diverse regioni”. Inoltre è emerso che “molte sedi sono servizi
per l’età evolutiva o dedicati agli screening dei tumori femminili
pertanto non svolgono attività connesse al servizio di interruzione
volontaria di gravidanza”.