Il Fatto 14.1.19
La Cina batte gli Usa e conquista la luna. Il resto del mondo fa finta di non vedere
Se fossero stati gli americani a lanciare la missione Chang’e 4, ci sarebbero già film, speciali tv e omaggi pubblici
di Pietrangelo Buttafuoco
La
Cina è sull’altra faccia della Luna, quella che nessuno vedrà mai. Per
la prima volta nella storia, la ricerca astronomica dell’uomo – più
specificatamente l’Agenzia spaziale cinese – arriva laddove fino a oggi
solo Cyrano de Bergerac, Astolfo e Giacomo Leopardi erano riusciti, far
propria la luna.
I primi due – entrambi uomini d’arme – arrivano
lì, sopra la nostra testa, con i loro viaggi. Per incantarsi d’amore, vi
vola, il nasuto spadaccino; per recuperare il senno d’Orlando paladino –
in groppa all’Ippogrifo – vi galoppa il secondo. E tutti e due sostano,
il tempo che ci vuole, nella parte a tutti noi buia: the dark side of
the moon, per come cantano i Pink Floyd.
Il poeta di Recanati,
nelle Operette Morali, la fa scivolare lungo la manica della galabia del
Profeta (su di Lui la Pace), per così baloccarsi di delicata malia e
ruotarne il verso, sia ponente che crescente, affinché ella, la signora
luna, segni il tempo delle donne, degli uomini e dei popoli tutti,
accostandosi alla punta dei minareti.
La Cina, dunque, riesce a far allunare il lander Chang’e 4 nell’emisfero nascosto di Selene.
La
terra della Muraglia – l’unica opera dell’uomo visibile a occhio nudo
dalla luna, come leggenda vuole – fa quindi un passo in più rispetto ai
russi che nel 1959, con la sonda Luna3, scattarono le prime immagini. Da
quel marchingegno volante, dopo l’assestamento, oggi ne sta venendo
fuori un rover, ossia un robot, per perlustrare l’ambiente circostante e
seminarvi patate, cavoli e, perfino, collocarvi uova di baco da seta
eppure – come fosse una quisquilia buona al più per allunati – di questa
impresa immane non se ne parla.
Fosse un fumetto – già solo
l’idea di piantarvi tuberi e broccoli, ararla come terra fertile, –
sarebbe già faccenda di Archimede Pitagorico, invece è scienza vera. E
siccome è una realtà fatta di ricerca, analisi, tecnica e ingegno se ne
parla poco in Occidente, anzi, niente, perché prevale – ahinoi – la
necessità di minimizzare la portata epocale dell’impresa giusto per non
mancare di rispetto al riflesso condizionato. Va da sé che se fosse
stata la Nasa, ossia gli Usa – presso l’informazione più autorevole e
pregiata – non ci sarebbe stata altra narrazione che l’epica, con
relativo omaggio al genio a stelle e strisce, magari già con un
trattamento hollywoodiano e con speciali tivù, anzi, con serie
televisive fichissime per fare di ogni facente parte della missione,
fosse pure lo stagista addetto alle fotocopie, come minimo un Argonauta.
Il riflesso condizionato che ci fa volgere all’omertà del sorvolare
sull’avventuroso cammino del lander Chang’e-4 è quello di un nostro
disagio mentale. È la difficoltà di accettare che una civiltà di cui a
malapena riusciamo a comprendere gli involtini primavera primeggi, oggi,
nella gara di conquista delle stelle. E non se ne parla, appunto. Col
risultato che un miliardo e mezzo di cinesi sanno di essere nella parte
nascosta della luna, dove la Cina vola. La restante parte di mondo – la
minoranza – sul fatto in sé, restando indietro, sorvola.