Corriere 27.1.19
Il simbolo
Zeus, il cigno invaghito di Leda
Le mille metamorfosi di un dio
di Giuseppina Norcia
Tramutato anche in toro o aquila. Così il cosmo si unisce alla vita umana
I
Greci lo chiamavano Hieros gamos , il matrimonio sacro tra gli dei che
diedero origine al mondo. Così Urano dio-cielo, si unì alla sua sposa
Gaia, madre terra; così fecero Zeus ed Era, distesi su un immenso letto
di fiori. Ci sono anche dee innamorate di uomini, come Afrodite
invaghita di Anchise, e donne amate da un dio che le insegue fino ai
confini del mondo.
Sono innumerevoli le unioni di Zeus con donne
mortali, «nozze» sovrannaturali e insieme carnali in cui il dio, nel suo
gioco di inganno e seduzione, assume la forma di animali diversi.
Eccolo,
il mutaforme, trasformato in un toro dal manto dorato: emana un profumo
più intenso di quello dei fiori per ammaliare la giovane Europa;
altrove lo troviamo in forma di aquila per possedere Asteria, o di
cigno, per unirsi a Leda, cingendola con le sue ali bianche. Così lo
raffigura Aracne tessendo la tela meravigliosa con cui sfida Atena prima
d’essere trasformata in ragno dalla dea, punita per la sua tracotanza
(e per la sua bravura) nei versi immortali di Ovidio.
Nel
susseguirsi delle unioni metamorfiche, le forze del cosmo, della natura e
del mondo animale si intrecciano ad antichi simboli cultuali,
«incontrano» la vita umana.
Leda è figlia di Testio, re d’Etolia, e
sposa di Tindaro, re di Sparta. Quando Zeus si invaghisce di lei, della
sua avvenenza, si muta in cigno fingendosi inseguito da un’aquila per
trovare accoglienza tra le braccia della donna. È in questa forma che si
unisce a lei sulle rive dell’Eurota, il fiume ricco di allori dove le
ragazze spartane correvano in gara, unte come uomini.
Ancor più
della loro unione, è sovrannaturale il frutto di quell’amplesso, simbolo
stesso dell’origine della vita: l’uovo deposto da Leda che,
schiudendosi, genera Elena. In quell’intreccio di riti, storie e luoghi
che è la quintessenza del pensiero mitico, descrivendo la Laconia
Pausania narra di averlo visto pendere, ravvolto in fasce, dal soffitto
del santuario delle Leucippidi. Gli abitanti lo credevano l’uovo di
Leda, quasi che quel guscio potesse davvero durare secoli e non perire
mai, come la creatura che ne era emersa. «Dicono che un giorno Leda
trovò un uovo, color giacinto», canta la divina Saffo.
Man mano
che ci addentriamo nel labirinto delle storie, l’intreccio si complica.
Così altrove si narra di Zeus-cigno unito non a Leda ma a Nemesi. Lui la
vede — la guardiana della legge cosmica è bella come Afrodite — e la
insegue, attraversando la terra ferma e il mare, mentre lei muta
instancabilmente forma per sfuggirgli: è un’oca selvatica nell’istante
in cui la raggiunge. Quando poi dal ventre di Nemesi fuoriesce un uovo,
Hermes lo prende e lo porta a Sparta, ponendolo sul grembo di Leda: così
lei alleva, come fosse sua, la minuscola figura di donna emersa dal
prezioso scrigno.
Incanto e complessità
La caccia amorosa di molti racconti mitici, un pericoloso intreccio di animali, uomini, divinità
Nasce
dunque da Leda o da Nemesi, divina emissaria della necessità, la
bellezza che incanta, quella che può scatenare una guerra? Il tessuto
senza orli del mito non dà mai una risposta univoca.
«Per la più
bella». Il pomo della discordia cadde con un tonfo dinanzi alle tre dee.
Era il pranzo di nozze di Peleo e Teti. Anche loro si erano amati
inseguendosi, in quella forma antichissima della caccia amorosa in cui i
racconti mitici sembrano sovrapporsi.
Come Nemesi, Teti si
trasforma molte volte prima di cedere all’amore di Peleo, quasi a voler
mettere alla prova le capacità del suo pretendente mortale: prima
fiamma, poi leone, è una seppia quando cede alla forza dell’amplesso.
Non
è un caso che Achille ed Elena, gli impareggiabili per grandezza e
solitudine, nascano da una fuga, da un gioco di metamorfosi, da un
intreccio che unisce pericolosamente animali, uomini e dei. Sono figli
dello squilibrio e della complessità.
Fu forse un vagheggiamento,
un sogno di poeti e viaggiatori l’idea di una terra incantata in cui
congiungerli: Leukè, l’Isola Bianca in cui Achille ed Elena si sarebbero
incontrati, dopo la morte, per trascorrere insieme l’eternità.
Si
dice che la notte i due sposi banchettino e cantino la loro stessa
storia; lontani e fulgidi come simulacri, celebrano la poesia che li ha
resi immortali.
Giuseppina Norcia, scrittrice, grecista e
divulgatrice culturale è autrice di «L’ultima notte di Achille»
(Castelvecchi editore, 2018)