Corriere 27.1.19
Ricorrenze A 90 anni dall’accordo
La lunga storia dei Patti Lateranensi
Chiesa e Stato allo stesso tavolo
Quando
Pio IX morì, il 7 febbraio 1878 la sua salma al Verano e il corteo
venne preso d’assalto da alcuni irriducibili che, al grido di “Al fiume
il papa porco!”, volevano gettare il feretro nel Tevere».
di Gian Guido Vecchi
Roma,
24 novembre 1848, notte. L’uomo «vestito di nero, con occhiali neri e
cappello da prete» che esce di nascosto da una porticina segreta del
Quirinale è Pio IX, l’ultimo papa re. «In carrozza, si diresse verso il
Colosseo dove l’attendeva il conte Spaur, il diplomatico bavarese che,
assieme al suo collega francese duca d’Harcourt, sollecitava il papa a
lasciare Roma per rifugiarsi in una città più sicura, Gaeta, in mezzo ai
Borboni del Regno di Napoli. Sulla sua fuga, ci furono anche alcuni
antipatici pettegolezzi perché, sulla carrozza del vicario di Cristo,
era salita pure la contessa Teresa Giraud, vedova Dodwel e moglie dello
stesso Spaur, una donna moralmente un po’ discussa: cherchez la femme!».
La grande storia è fatta anche di dettagli, voci, immagini che
illuminano le grandi svolte. L’assassinio di Pellegrino Rossi, ministro
degli Interni dello stato pontificio accoltellato il 15 novembre 1848
sulle scale del Palazzo della Cancelleria, rappresentò «l’inizio della
fine del potere temporale dei papi». I moti popolari e la fuga un po’
grottesca di Giovanni Maria Mastai Ferretti furono le premesse della
breve Repubblica romana del 1849, a sua volta il segnale che nulla
sarebbe stato come prima.
Il grande merito di Quei Patti
benedetti, il libro che Giancarlo Mazzuca ha dedicato all’accordo
siglato l’11 febbraio 1929 nel Palazzo del Laterano, è mostrare come
l’evento di cui si celebra il novantesimo abbia in realtà una storia che
risale, oltre Porta Pia, a 170 anni fa. E raccontarla d’un fiato,
quella storia, con la chiarezza e la sintesi del grande giornalista, in
poco più di centocinquanta pagine che sarebbero piaciute al suo amico
Indro Montanelli. Di cosa si parla, anzitutto. I Patti Lateranensi —
sottoscritti dal cardinale Pietro Gasparri, segretario di Stato di Pio
XI, e da Benito Mussolini — erano divisi in tre parti: «Il Trattato vero
e proprio (che istituiva la Città del Vaticano, una enclave in mezzo a
Roma che prevedeva l’extraterritorialità delle basiliche di San Pietro e
di San Giovanni in Laterano), il Concordato (che regolava i rapporti
tra la Santa Sede e l’Italia), e l’accordo finanziario (che stabiliva un
indennizzo a favore della Chiesa in seguito alla rinuncia a qualsiasi
rivendicazione sullo Stato Pontificio)». Il cardinale biblista
Gianfranco Ravasi, nella postfazione, fa notare come la celebre frase di
Gesù riportata da Marco, Matteo e Luca (Tá Káisaros apódote Káisari kai
ta Theoú Theó, «rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è
di Dio») fosse un manifesto di laicità osteggiato nella storia sia dal
«fondamentalismo teocratico» sia dal «laicismo» che ne elide la seconda
parte, il «date a Dio». Il rapporto tra religione e politica, come ogni
accordo tra Chiesa e Stati, è sempre stato una faccenda complessa. Non
per nulla c’erano voluti decenni per arrivare a suturare la ferita di
Porta Pia. Prima e dopo il 20 settembre 1870, a prevalere è stato il
muro contro muro. Quando Pio IX morì, il 7 febbraio 1878, non si tennero
funerali solenni «anche per evitare incidenti». La sua salma, racconta
Mazzuca, «fu traslata in San Lorenzo al Verano — una delle ultime
volontà del pontefice — solo tre anni e mezzo dopo la sua scomparsa, ma
il corteo venne ugualmente preso d’assalto da alcuni irriducibili che,
al grido di “Al fiume il papa porco!”, volevano gettare il feretro nel
Tevere».
Dai moti risorgimentali a Giolitti, dalla prima alla
seconda guerra mondiale, il racconto percorre i pontificati di Leone
XIII, Pio X, Benedetto XV, Pio XI e Pio XII e l’alternarsi di
avvicinamenti e frenate, trattative e gelo, irriducibili e pontieri,
successi e disillusioni. Come ha scritto De Felice, ricorda Mazzuca, con
i Patti Lateranensi il duce conseguì «il più vero e importante successo
della sua carriera politica». Pio XI arrivò a definirlo «un uomo che la
Provvidenza ci ha fatto incontrare». Di lì a poco iniziò a cambiare
idea. Anche le fortune del duce non erano destinate a durare. Dalla
«proroga indolore» decisa dalla Costituente alla «revisione» del
Concordato nell’84 — con le firme di Bettino Craxi e del cardinale
Agostino Casaroli — a durare sono stati i Patti, piuttosto. Quale sarà
il loro futuro, il futuro dei rapporti tra Stato e Chiesa? L’autore
conclude con il passo di una lettera ricevuta nel 2018 da Papa
Francesco: «Nessuno di noi ha la sfera di cristallo per sapere come
andranno le cose. Ma è certo che “davanti a noi stanno l’acqua e il
fuoco” — come direbbe Siracide 15,16 — e spetta a noi continuamente
scegliere “dove tendere la mano”».