Repubblica 20.12.18
Il sondaggio
L’analisi delle intenzioni di voto
La Lega stacca i Cinquestelle il divario ormai è di sette punti
Insieme
la maggioranza raggiunge il 58 per cento. Le opposizioni non crescono
Salvini s’impone sempre più come l’imprenditore delle paure, Di Maio in
difficoltà
di Ilvo Diamanti
Ormai sono passati
oltre 9 mesi dalle elezioni politiche. E quasi 6, dalla formazione del
governo Giallo-Verde. Più che una svolta: uno spartiacque.
Una
"frattura". Infatti, il 4 marzo scorso la maggioranza degli italiani ha
espresso apertamente la volontà di voltare pagina. Contro il passato. E
contro il presente.
Così, ha premiato gli attori politici che, più
degli altri, hanno interpretato il disagio (anti)politico della
maggioranza – non più tanto silenziosa – degli italiani.
Ebbene,
nonostante le difficoltà e le tensioni affrontate, il sostegno degli
italiani alle forze di governo, secondo il sondaggio condotto da Demos
nei giorni scorsi, non è venuto meno. Al contrario.
Infatti, alle elezioni, il M5s e la Lega, insieme, avevano raccolto poco più della maggioranza assoluta dei voti.
In
larga misura, intercettati dal M5s. Oggi, le stime di Demos rilevano
come la base elettorale dei partiti di governo sia cresciuta ancora.
Raggiunge,
infatti, quasi il 58%. Tuttavia, il mutamento più evidente, rispetto
alle elezioni, riguarda i rapporti di forza fra i partiti di governo.
Rovesciati.
Perché oggi il partito più forte è la Lega. Primo, non
solo nell’area di governo, ma nel Paese. Ha, infatti, superato il 32%.
Pressoché il doppio rispetto allo scorso marzo. E quasi 30 punti in più,
nei confronti del 2013. Quando, a fatica, aveva raggiunto il 4%. Il
M5s, invece, è sceso di 7 punti.
Complessivamente, la maggioranza
di governo si rafforza ancora. Tuttavia, come si è detto, cambiano
sensibilmente le misure dei partiti. E ciò può avere, anzi: ha già
avuto, effetti politici significativi. Dentro e fuori il governo. Anzi:
più dentro che fuori. Perché fuori è cambiato poco, negli ultimi mesi. A
sinistra: il popolo del PD, dopo l’esilio volontario – provvisorio – di
Renzi, appare ancora sperduto nel deserto, come ha spiegato Ezio Mauro,
ieri.
Tuttavia, il partito sembra aver frenato la sua discesa,
iniziata con il voto di marzo, quand’era scivolato sotto al 19%. Oggi è
rimasto lì. Al 17,5%. Sempre poco, se si pensa alle Europee del 2014,
quando il Pd di Renzi aveva superato il 40%. Ma, almeno, sembra aver
evitato il "salto nel vuoto", suggerito dai sondaggi successivi al
"voto". A destra, peraltro, FI galleggia, poco sopra il 9%. Spinta ai
margini da Salvini. Che, dopo aver utilizzato il "traino" di Berlusconi,
lo ha abbandonato. Insomma, si riproporne la "convergenza" fra soggetti
politici "divergenti". Da tutto e da tutti. Come alle elezioni. E nella
formazione del governo.
Il M5s e la Lega, infatti, hanno
intercettato e continuano ad attrarre l’insoddisfazione, meglio, la
"divergenza", dei cittadini nei confronti delle istituzioni, nazionali
ed europee. Il loro "spaesamento democratico", alimentato dalla crisi
economica, si è indirizzato verso bersagli, in parte, diversi. Perché
diversa è la geografia elettorale dei due partiti. Il M5s, affermatosi
nel Centro Sud, ne interpreta la richiesta di assistenza. La Lega, che
si è imposta nel Centro Nord, è sensibile alla domanda dei ceti
produttivi.
Lega e M5s, tuttavia, hanno un mercato elettorale
"nazionale". Non vincolato, in modo rigido, da confini geografici
tradizionali.
Entrambi hanno eroso lo spazio della Sinistra. Che
ha perduto il Centro. Largamente "espugnato" dalla Lega. Lega e M5s
perseguono e inseguono, dunque, interessi diversi.
Uniti da un
comune nemico. I partiti e i leader che hanno governato in passato.
Nella Seconda Repubblica. Quando anche la Lega è stata protagonista. Ma
era un’altra Lega. Nordista. Federalista.
Mentre questa è una Lega
Nazionale e personale. La Lega di Salvini. Probabilmente, proprio
questi elementi ne spiegano il successo e la crescita. Perché, se
osserviamo i flussi del voto, dopo le elezioni di marzo, vediamo come la
Lega abbia assorbito una parte rilevante della base elettorale di FI.
Ieri: alleata.
Oggi: periferia della Lega. Ma, soprattutto, di Salvini.
Protagonista
del teatro dove va in scena la politica come spettacolo. Salvini:
interpreta personaggi e testi all’insegna della paura. Dell’altro. Con
indubbio successo. Presso pubblici diversi. I disoccupati, i precari. Ma
anche i lavoratori autonomi e i piccoli imprenditori. Il popolo delle
"periferie" urbane e produttive. Un tempo presidiate dalla sinistra. Che
oggi si è rifugiata nei centri storici. Nelle aree borghesi.
Matteo Salvini è "l’imprenditore politico della paura". Meglio: delle "paure".
Si
tratta di una parte che, al di là di giudizi di valore, recita meglio
di ogni altro. (Solo Antonio Albanese è altrettanto bravo. Ma meno
inquietante).
Sicuramente, meglio di Luigi Di Maio. Che, anzi, gli
fa da spalla. Da com-primario. E ha permesso a Salvini e alla "sua"
Lega, LdS, di apparire e divenire protagonista.
Così, il M5s
rischia di ruotare intorno alla LdS. Di recitare una parte minore. Quasi
una Lega a 5s. Attore non protagonista. In uno spettacolo dove tutti
gli altri soggetti politici fanno il coro.
O, peggio, gli spettatori.
Mentre dall’alto, a Bruxelles, osservano lo "spettacolo di Matteo" con attenzione. E inquietudine.