Repubblica 20.12.18
Cronaca dalle rovine psicofisiche di Roma
di Vittorio Lingiardi
«Roma
respira greve ed enorme… il tempo cade in blocchi, un secolo
sull’altro, audibilmente, tragico oltre ogni dire». Non possiamo certo
accostare le parole di Cristina Campo, meravigliosa poetessa schiva,
all’ennesimo crollo della capitale, questa volta il muro di Villa
Mercede a San Lorenzo. Villa che fu convento e chiesa, e poi giardino,
biblioteca e teatro, dunque espressione alta della nostra vita psichica,
del suo tessuto urbano e mentale. Era proprio Freud, infatti, a
paragonare la nostra capitale all’inconscio, paesaggio di archeologia
evolutiva, stratificazione e convivenza dei nostri passati. Se ogni
città è memoria e identità, inconscio personale e collettivo, per uno
psicanalista è un dovere invocare una cura: curare l’ambiente è curare
la psiche.
L’attaccamento ai luoghi crea identità e connessione, e
anche per questo nel termine "terapeuta" si intrecciano i significati
antichi di servitore e custode del tempio, della casa, del luogo. Da
vent’anni mi divido tra Milano e Roma, e scendo a Termini per
raggiungere la mia università a San Lorenzo. Costeggio mura antiche e
m’immergo in quel terzo paesaggio, incerto e ribelle, che cresce sulle
strade contro la nostra e la sua volontà. Ho sempre amato Roma per le
sue intemperanze ambientali, di gran lunga preferibili ad abbellimenti
falsificanti, gentrificazioni anonime e costose. Ma qualcosa è cambiato,
la convivenza con il degrado ci ha reso più cinici e tristi. Solo
recentemente ha iniziato a produrre qualche anticorpo di indignazione e
persino di fattività.
Abbandonati a sé stessi, i marciapiedi si
rivoltano e tendono tranelli, i muri perdono pezzi. Provo imbarazzo
mentre accompagno il collega non romano nella gimcana di asfalti divelti
e pattumiere rovesciate che trovo sulla strada. Più ancora mi vergogno
davanti ai miei studenti e ai loro genitori che da tutta Italia vengono a
festeggiare le lauree. E così, all’indomani del crollo in via dei
Marrucini e a pochi mesi dalla morte d’una sedicenne nella
mini-bidonville di via dei Lucani, torno a ribadire il legame tra
l’igiene ambientale e quella mentale. Non si tratta di bon ton
urbanistico, ma di rilevare che il degrado ambientale produce degrado
psichico, che il crac di un quartiere è un modo di tollerare il crack
come droga: droga di abbandono, incuria e ictus sociale. Ogni ambiente è
un luogo di crescita dell’identità e del pensiero. Ma per chi cammina a
San Lorenzo la dimensione etica del paesaggio, la sua memoria, si
sgretolano ad ogni passo.