Repubblica 20.12.18
Memorie
La Disneyland dell’Homo Sovieticus
Gian Piero Piretto ricostruisce i settant’anni dell’immaginario
dell’Urss attraverso gli oggetti, il quotidiano e la propaganda. Dai
bolscevichi a Stalin fino a Putin, corsi e ricorsi nell’anima russa che
oggi vuole riprendersi il mondo
di Marco Belpoliti
Tutto
comincia il 7 novembre 1917, anche se poi nel calendario la data
canonica sarà il 25 ottobre del medesimo anno: la Rivoluzione russa.
Inizia con uno slittamento di date il ricco e affascinante volume di
Gian Piero Piretto, Quando c’era l’Urss. 70 anni di storia culturale
sovietica. Si tratta di una storia visiva di questo paese che ha avuto
una così grande influenza nelle vicende del XX secolo, e che è ancora
centrale nell’attuale storia del mondo. Il libro ci permette inoltre di
capire la Russia contemporanea, Putin e gli oligarchi, la cultura
letteraria e quella musicale, il nazionalismo e le aspirazioni di un
paese complesso e articolato. Piretto ha scandagliato le forme di vita,
il cinema, la letteratura, gli oggetti, i manifesti, la pubblicità, le
cartoline, le fotografie, le parate militari, i ritratti di Lenin e di
Stalin, ovvero ogni aspetto visivo che possa, partendo dai dettagli,
ricostruire il generale, l’assetto complessivo dell’Urss. Si legge come
un album d’immagini, e insieme come un commento continuo a opere
conosciute e sconosciute, che s’immerge nel flusso della vita della
società sovietica.
Per orientarsi in questa attraversata delle
storie culturali di Casa Russia ci sono due parole, che ritornano più
volte nelle pagine del libro. La prime è il termine russo byt. Si può
tradurre con "abitudini, costumi, vita quotidiana" di un popolo o di un
gruppo sociale. Per Jurij Lotman, il grande semiologo russo, sarebbe «il
consueto scorrere della vita nelle sue forme pratico-reali». Byt sono
le cose che ci circondano, le nostre abitudini e il nostro
comportamento; anche per Roman Jakobson, il grandissimo linguista, si
tratta della medesima cosa, ma in senso negativo: «Lo smorzarsi della
vita in rigidi modelli». Due interpretazioni che offrono due versioni
opposte del medesimo fenomeno che Piretto analizza. Il libro scandisce i
suoi capitoli per trienni, dal 1919 al 1991, e mette a fuoco il
passaggio dal byt borghese a quello rivoluzionario. Nei primi anni della
conquista del potere ha la meglio l’istanza di novità, di rottura con
il passato borghese e nobiliare; tutte le energie rivoluzionarie sono
volte alla costruzione di una vita nuova in senso materiale e
spirituale.
Poi alla fine degli anni Venti dal momento
majakovskiano si passa a quello staliniano. Il byt cambia significato,
oltre che formato. Il nucleo centrale del libro è dedicato al dittatore
georgiano e alla costruzione del suo consenso attraverso una vera e
propria politica delle immagini. Il byt assume perciò un valore
differente. Stalin negli anni Trenta del XX secolo lancia al congresso
degli stakanovisti la parola d’ordine con cui, sino allo scoppio della
guerra, si compendia la sua politica: «Vivere è diventato più bello,
compagni, vivere è diventato più allegro».
Le parole dell’uomo dei
Gulag e delle purghe fanno rabbrividire, eppure questa frase è il
fulcro del progetto staliniano, l’asse intorno a cui, per quasi un
decennio, l’Urss cambia pelle dopo il primo periodo rivoluzionario.
Attraverso il cinema, il musical, i parchi tematici, le architetture, i
manifesti pubblicitari, l’organizzazione della vita culturale, Stalin
realizza una vera e propria dimensione onirica. Il suo segreto consiste,
non solo e non tanto nel terrore – situazione in cui vivevano molti –,
ma nel privilegiare il contenuto emotivo rispetto a quello
intellettuale. Il realismo socialista propone una nuova e originale
relazione tra il reale e l’utopico. Piretto mostra come attraverso la
commedia musicale Stalin spostò il byt dal campo del reale a quello
dell’immaginario. Al posto del byt bolscevico, pesante e convenzionale,
si affermò un byt fondato sul regno dorato della fantasia.
Stalin
allievo di Walt Disney e dalla american way of life? In una certa misura
sì. Il sogno sovietico era abitato da begli alberghi, eccelsi parchi
della cultura, svettanti architetture moderne, allegri film e musiche
avvincenti.
Un sogno che conviveva con gli arresti immotivati e le condanne ai lavori forzati.
Qui
entra in scena il secondo tema che funge da corrimano in questo libro:
il Kitsch. Le abitudini e i costumi con Stalin e la sua politica
dell’immaginario scivolano verso il cattivo gusto, l’eccesso, il
meraviglioso pacchiano. La pulsione del dionisiaco staliniano, come la
definisce Piretto, procede inevitabilmente verso il Kitsch in modo
analogo a quanto avviene nel medesimo periodo nella cultura americana di
massa.
Com’è possibile che i rivoluzionari, i militanti
comunisti, le avanguardie politiche cadano nella trappola che Milan
Kundera ha definito " la seconda lacrima", ovvero la dittatura del
cuore? Lo spiega Elias Canetti, citato da Piretto, in Masse e potere:
chi assiste a una predica, scrive Canetti, crede in buona fede di essere
interessato a questa, mentre in realtà il segreto consiste nella
soddisfazione prodotta dalla presenza di tanti altri alla medesima
predica. La massa è un anestetico potentissimo per i singoli. Non è
forse questo il segreto di ogni movimento politico di massa, sia di
destra che di sinistra?
Mentre parla dell’Urss, dinosauro del
passato, Piretto ci apre gli occhi sul nostro presente. La
carnevalizzazione della vita che Stalin impose all’Urss è del tutto
simile a quella dei movimenti populisti attuali; le tecniche sono le
medesime, i musical al posto dei social: sostituire il reale con
l’immaginario.
Naturalmente non c’è solo questo nel libro dello
studioso di cultura russa; ci sono parti molto belle sul periodo
brezneviano e sul dissenso dei poeti, pagine che raccontano le vicende
di autori come Brodskij o i meno noti Oleg Grigor’ev e Venedikt Erofeev.
La transizione da Kruscev a Gorbaciov è ricca di dettagli soprattutto
legati alla nascita della controcultura e della cultura giovanile.
Piretto è interessato più ai giovani poeti degli anni Sessanta, che si
radunano intorno ai monumenti o nei locali off- off, che non ai più noti
dissidenti russi. Egli ha il gusto del nuovo e del diverso, del
minoritario e delle mode che mutano con rapidità, di cui tratteggia con
mano felice i vari profili. Dopo la stagnazione staliniana, la storia
che ci racconta corre verso il futuro, che è però già un passato
prossimo, istruendoci su un grande paese che continua a pesare sulla
nostra storia, e che resta ignoto ai più.
Leggere Quando c’era l’Urss ci aiuta a comprendere l’età che viviamo.